Roberta Finocchiaro e il suo cuore d’oltreoceano
Chitarrista e cantautrice catanese classe ’93, Roberta Finocchiaro è un’artista talentuosa con un cuore d’oltreoceano.
Durante la recente fase di lockdown, Roberta è riuscita a trovare uno spazio – benché virtuale – per la sua musica così internazionale, riuscendo a spiccare tra i molti: la giovane cantautrice si è, infatti, aggiudicata la vittoria del contest lanciato sui suoi social da Alex Britti, in qualità di artista più completa, sia per la voce sia per le composizioni inedite, vincendo la possibilità di potersi esibire sul palco in duetto con Alex Britti, quando si potrà tornare nuovamente a suonare live.
Lo scorso 5 giugno Roberta ha pubblicato un nuovo album dal titolo “Save Lives With The Rhythm”, progetto discografico full lenght prodotto da Steve Jordan e che vanta collaborazioni con musicisti del calibro di Sean Hurley (basso), Clifford Carter (tastiere), Dave O’Donnell (ingegnere del suono) e ancora sono presenti in alcuni brani i fiati di Eddie Allen (tromba), Patience Higgins (sax), Clifton Anderson (trombone), la fisarmonica di Gino Finocchiaro (nonno di Roberta) e il violino di Olen Cesari.
Ecco l’intervista.
Le tue origini siciliane, e la tua musica d’oltreoceano. Sembrano due mondi così distanti, eppure eccoti qui con un nuovo album di produzione statunitense. Quando hai deciso di approcciarti alla musica internazionale, e perché?
Sembrano distanti ma in realtà secondo me hanno un punto in comune molto forte cioè la spontaneità e l’anima musicale. Il soul e il folk in Sicilia e negli Stati Uniti hanno la stessa anima ma con sfumature e culture diverse.
Penso che la materia prima nel mio modo di comporre sia per metà Siciliana, con quella forza ed energia che arriva direttamente dalla natura. La musica internazionale è l’altra metà, ho sempre amato i suoni americani e la lingua inglese che è molto musicale. Amo fare quel tipo di musica che arriva direttamente dal cuore solo con il semplice obiettivo di far stare bene me e chi ascolta senza avere barriere – infatti mi capita di comporre anche in italiano.
Il mio modo di scrivere le canzoni deriva anche dagli ascolti più o meno vari che fin da piccolissima hanno accompagnato la mia crescita musicale dalla musica anni 50 a quella degli anni 70/80 fino ad arrivare agli anni 90 e 2000. In questo nuovo lavoro, “Save Lives With The Rhythm”, c’è tutto questo: anni di ascolti e esperienze di vita legati sempre alla musica.
C’è spesso un’ispirazione di stampo iconico dietro i tuoi brani: talvolta le parole di John Lennon, altre le sonorità di Nick Drake, e altri ancora. Pensi sia ancora possibile creare canzoni immortali al giorno d’oggi?
Certo! Secondo me con il potere della musica e dell’arte tutto è possibile. Perché tutto nasce, si evolve, passa e poi ritorna come una ruota.
Ognuno di noi può vedere la musica con i propri occhi, con la propria vita, prendendo ispirazione dal passato e contemporaneamente pensare al futuro vivendo il presente costruendo la propria personalità per fare la differenza. Questo penso sia il modo migliore per creare qualcosa che rimanga nel tempo.
Il tuo nuovo album si intitola “Save lives with the rhythm”, e non è solo una raccolta di pensieri, ricordi autobiografici e sensazioni, ma anche un nuovo esperimento musicale in cui la parte strumentale è talvolta il cuore pulsante dei brani e tu non hai paura di osare tra riff di chitarra e accordi magici. Da dove deriva questa scelta stilistica?
Questa scelta deriva dalla voglia di esprimere la mia anima in tutte le sue sfumature e colori senza avere confini.
La chitarra è davvero importante per la mia musica, perché molte volte riesco ad esprimere in modo più profondo quello che con le parole non riesco a dire. Tramite la chitarra vado oltre le parole. Dare importanza alla musica strumentale come a un testo di una canzone per me è anche un modo nuovo di comunicare alle persone che ascoltano. Sicuramente questa scelta stilistica arriva anche dall’ispirazione alla musica Soul e blues.
La canzone che più mi ha colpito dell’album è stata “Made for the dreamers”, un brano dedicato a chi, come te, sogna di vivere con e per la musica, nonostante le difficoltà normalmente associate al percorso musicale di ogni artista. Qual è oggi, secondo te, la sfida più grande per un musicista?
La sfida più grande è sicuramente rendere la propria passione un lavoro. Perché purtroppo la musica non è mai stata considerata al 100% un mestiere.
Nonostante io sia cresciuta in una famiglia di musicisti e quindi conosco bene le difficoltà nel vivere di solo arte. Però spero in un cambiamento, partendo anche da me stessa perché ogni piccolo passo è importante e anche per questo continuo ad andare avanti raccontando la vita attraverso la musica grazie anche a chi mi segue e a chi crede in me, come la mia produttrice Simona Virlinzi.
Per tante persone la musica è essenziale, la musica è lo specchio della società è l’essenza della vita e bisogna darle il giusto peso. C’è lavoro dietro una composizione, c’è lavoro dietro un disco, c’è lavoro dietro questa fabbrica di sogni che è l’arte.
Saluta gli amici di The Soundcheck con la citazione di un tuo brano!
“Drive a rocket over the stars and tell me what you see now?”
a cura di
Annalisa Senatore