“Natale in Argentina”, il nuovo album dei KiwiBalboa dimostra che il Rock è vivo
Guardando il logo della band genovese KiwiBalboa si viene immediatamente catapultati nella loro mente, nella loro musica.
La band, infatti, si rappresenta con un teschio, sulla cui testa si erge un labirinto con una sola fessura di entrata – o di uscita – a seconda dell’occhio di chi lo guarda. A me piace pensarlo come un’enorme porta dalla quale entrano migliaia di idee, stimoli, emozioni, che non possono far altro che incanalarsi nei vari tunnel di questo labirinto, senza mai trovare uno sbocco.
Lì si incrociano, si mischiano, si uniscono, si incasinano.
Lì nascono le canzoni dei KiwiBalboa.
Il loro ultimo album Natale in Argentina, pubblicato dalla band il 1° novembre, è la migliore rappresentazione di tutto ciò.
Un rock fresco e coinvolgente, accanto al quale non siamo tenuti ad affiancare l’etichetta “indie” che ormai viene affibbiata a qualunque band, nel tentativo di renderla più mainstream.
Il Rock dei KiwiBalboa mostra tutta la maturità della band. Ogni brano dell’album presenta una attenta cura dei particolari, sostenuta da una profonda capacità di sperimentare diverse sonorità.
Ascoltando Natale in Argentina si sente il retrogusto di un Rock a cavallo fra fine anni ’90 e inizio anni 2000, condito alla perfezione con elementi di novità che permettono al disco di dimostrarsi perfettamente al passo con i tempi.
Devo confessarlo: per il mio gusto personale e la mia esperienza nel mondo della musica, non riesco a giudicare l’album di una band come i KiwiBalboa senza essere invaso da un sentimento di stima e incoraggiamento per chi nel 2019 scrive e suona, con coraggio, musica rock.
L’album parte con 46 secondi di intro di Spelling, che riportano i meno giovani a quando gli occhi erano appiccicati al vetro dei videogiochi arcade, come space invaders, nel tentativo di fermare l’invasione aliena sparando da una navicella spaziale.
Proprio come quella che ritroviamo nella copertina dell’album.
Pronti, via! Nella seconda traccia, Magari no, primo singolo dell’album, siamo travolti da un groove di batteria, rullante-ride, nel quale la band ci ripete in modo frenetico che il modo in cui gli altri ci vedono (e, aggiungo io, ci giudicano) potrebbe essere quello giusto, ma magari no.
Sicuramente i ragazzi si sono fatti un sacco di risate nello scrivere Cavaliere Jedi, nel quale il protagonista del brano, proprio mentre è lì che aspetta, fiducioso, l’arrivo di un amore, viene invaso da personaggi e situazioni assurde.
Da “De André vestito da cristiano, con un occhio di vetro e un mitra americano” ai “rapper con le ali di gabbiano”, fino all’immancabile mamma, che nei momenti topici si palesa puntualmente nel momento sbagliato.
Con Incendio e Ponte Garibaldi la band ci fa conoscere la parte più intima e delicata di sé. Il batterista dimezza i bpm della sua carica e lascia a Tommaso, il cantante, raccontare ore passate a riflettere su amori che hanno già preso fuoco, o rischiano di farlo presto. Quelli veri insomma.
Con Livello di Rischio risveglia il suo pubblico: un brano che richiama alla mente i Subsonica, partendo da una riflessione su un brano del 1999 dei Bluvertigo, sulla difficoltà di comunicazione e di comprendersi.
In Mille e Vento del Nord a guidare le nostre emozioni sono i virtuosi fills di batteria di Amedeo Marci, classe 1995 ma con un talento sorprendente. Questi due brani sono divisi da una traccia molto importante, Straniero, che ci ricorda che, finché non impareremo i valori dell’accoglienza, dell’accettazione e della condivisione, saremo tutti stranieri per qualcun altro.
L’album non poteva che chiudersi con Natale in Argentina, brano che dà il titolo all’intero disco e che racchiude in 3 minuti e 15 secondi follia, rabbia, tristezza, confusione. E pure un pizzico di leggerezza, con un’allegra fischiatina nel finale.
Una di quelle sbornie tristi che ti prendono dopo una serata complicata, nella quale l’alcool ti confonde la mente, ti fa esplodere nella testa migliaia di suoni confusi e ti costringe a rivelare la verità che nascondi dentro di te.
Complimenti ai KiwiBalboa per il loro lavoro di grande qualità. Nonostante la formazione minimal (chitarra, basso e batteria), ascoltando Natale in Argentina hai la sensazione che non manchi proprio nulla. All’ottima performance del batterista si uniscono, in un mix davvero apprezzabile, le due voci di Tommaso Dogliotti e Stefano Previtera, che si amalgamano in modo perfetto.
La produzione artistica di Davide Autelitano, voce de I Ministri che ha curato l’album dei KiwiBalboa, ha senza dubbio favorito la maturità di questo album che rappresenta il miglior biglietto da visita per una band che, senza bisogno di troppi synth o effetti strani, vuole dimostrare che il rock non è per niente morto. Anzi, è vivo e lotta insieme a noi!
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