STRE ci racconta perché per lui “La Terra è piatta”

STRE ci racconta perché per lui “La Terra è piatta”
Condividi su

Ciao Stefano, hai appena pubblicato “La Terra è piatta”, il tuo nuovo singolo. Da dove è nata l’idea del titolo e quando hai scritto questo brano?

A volte il titolo è la prima cosa da cui parto, altre l’ultima; in questo caso è venuto un po’ da se. È una canzone che parla della mancanza spasmodica delle sicurezze, in un verso dico addirittura “adesso che non son più io”. A volte la vita ti porta a negare addirittura le evidenze, la canzone non poteva quindi non chiamarsi “La terra è piatta” metafora di questo concetto e metafora della mancanza rispetto a una persona che non è più con me. L’ho scritta un po’ di tempo fa, in un periodo in cui scrivevo così tante canzoni da non ricordami di quando ho scritto quale. In questo caso però lo ricordo: ero a casa di un amico che ha suonato il piano su vari miei brani, facevamo lunghissime sessioni di lavoro e ogni tanto lui aveva bisogno di staccare andando sul terrazzo a prendere un po’ d’aria. Io ero, invece, troppo preso per fermarmi e durante le sue pause prendevo possesso del suo pianoforte e scrivevo canzoni, ne sono nate diverse così. Per me la pausa era fare musica e non il contrario. Tante volte la scena era “Ho scritto un’altra canzone” “ma come hai fatto? sono stato sul terrazzo solo 5 minuti”. Una volta gli risposi “ma tanto la canzone ne dura 3, me ne sono avanzati anche 2”. Per me fare musica è un grande gioco, oltre ad essere un modo per sfidare me stesso e superare i miei limiti.

Ci hai abituati a sonorità rock-punk, qui, invece, ti ritroviamo in una veste più indie. Come mai questa scelta, secondo noi molto azzeccata, e in questo momento della tua vita a quale genere ti senti più vicino?

I primi tre singoli di questo progetto, prima del brano “A pezzi”, avevano già questa impronta un po’ più “indie pop”. In generale non mi pongo limiti e non studio a tavolino alcune cose, vengono così e basta. Il genere musicale o le influenze sono solo vestiti che si danno a un brano ma in generale penso che se una cosa funzioni, a volte funzioni comunque (vale anche il caso contrario, ovviamente). Una bella ragazza, se è davvero tale, è bella con qualsiasi cosa che si mette, io la vedo un po’ così. Non mi sento vicino a nessun genere in particolare in questo momento della mia vita, metaforicamente preferisco guardare questa donna senza vestiti ahah.

Il pezzo, chiude la trilogia iniziata con “A Pezzi” e proseguita con “Uscire”. Che tipo di percorso personale ha rappresentato per te la scrittura di questi brani?

In “A pezzi” avevo affrontato il tema della rottura, in “Uscire” il passaggio tra questa fase e quella di rinascita, in “La terra è piatta” racconto della mancanza comunque rimasta successivamente. Sono brani che ho scritto in momenti della mia vita diversi ma che ho deciso di fare uscire conseguenziali perché per me aveva senso farne un percorso di narrazione unico.

Suoni, canti, scrivi e ti occupi a 360 gradi della tua musica: come riesci a coniugare tutto e quanto credi sia importante, soprattutto per un artista emergente, essere così eclettico?

Penso che con la questione social purtroppo sia diventata necessaria saper fare sempre più cose; se ne sai fare solo una non esisti, oppure hai così tanti fonti economiche da poter delegare tutto ad altri, ma è un lusso davvero per pochi. Io mi diverto anche a fare tutto, ma è bisogna ammettere che più andiamo avanti, più è tutto più difficile.

Dopo questa trilogia, cosa dobbiamo aspettarci da STRE? Puoi anticiparci qualcosa?

Prima di fare uscire il disco continuerò con altri singoli, forse 2, forse 3, staremo a vedere. Con l’attenzione mordi e fuggi di questi tempi, penso che abbia più senso fare uscire la musica “A pezzi” (autocit.), per far sì che sia dia alle canzoni un’attenzione maggiore, l’attenzione che in generale la musica merita.

Condividi su

STAFF 1

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *