MCU – Musica Che è Uscita – Settembre 2022
MCU- Musica Che è Uscita. Un nome orribile per una rubrica di recap di uscite musicali dell’ultimo mese. Perché nessuno può stare appresso a tutto ciò che viene pubblicato, ma noi ci proviamo lo stesso.
“Settembre, è tempo di migrare”, diceva qualcuno. Noi invece siamo sempre qui, incollati con cuffie e impianti stereo che oramai nessuno usa più (tranne colui che sta scrivendo e pochi altri vegliardi) per spulciare le ultime uscite che non hanno trovato spazio questo mese nelle pagine di The Soundcheck. Ma noi siamo buoni, bravi e magnanimi. O forse no. Di certo volenterosi.
Ecco dieci album per cui vale la pena godere o bestemmiare.
THE AFGHAN WHIGS – “HOW DO YOU BURN?”
Per far cadere nel tranello della banalità la band di Gred Dulli, del simpaticissimo Greg Dulli, ci vorrebbe una ruspa di amianto e zinco. Invece la trappola te la prepara lui con “Getaway” e “Domino and Jimmy”, salvo poi tramutare tutto nella solita salsa Afghan. Il che va bene, sia chiaro. Un album di cui sentivamo il bisogno? Certo che no, dato che i The Afghan Whigs non spostano l’influenza della musica contemporanea come un tempo. Ma il fatto che ci siano ancora e che continuino a realizzare dischi più che decenti e che continuano a mettere quella simpatica ansietta addosso, è piacevole.
Voto: 7
DEATH CAB FOR CUTIE – “ASPHALT MEADOWS”
Mai stato grande fan della band e “Asphalt Meadows” non smuove il sentimento musicale del sottoscritto. L’aggravante, semmai, è che i Death Cab For Cutie continuano imperterriti nella formula che l’aveva resi comprensibili e degni di rispetto negli anni ’00 e ’10 del terzo millennio, senza muoversi troppo da quella comfort zone che ora è una inevitabile prigione argentea. Nulla di particolarmente interessante, con schitarrate docili e linee di basso a cavallo tra Placebo pigri e NewWave all’acqua di rose.
Voto: 5
MARCUS MUMFORD – “(SELF-TITLED)”
Staccare per un attimo dal main project che porta il tuo stesso (cog)nome per fare roba un po’ “diversa”. Della serie: “Ragazzi, mi sono rotto un po’ le balle di tutto questo, voglio sfogarmi un po’”. Ci sta, onesto. il nostro amico spoglia le composizioni di tutto quel pop-folk cui deve la sua fortuna e si immerge in un’atmosfera più sommessa, facendo un po’ quel che davvero vuole, ogni tanto esagerando (la coda di “Better Off High” è al limite del cacofonico). Piacevole musica per una domenica pomeriggio col sole all’imbrunire, tisana e pancake con sciroppo d’acero.
Voto: 6+
STARCRAWLER – “SHE SAID”
Band americana nata nel 2015 e qui al suo terzo album. Se con l’omonimo disco del 2018 erano una versione sgraziata-ma-interessante di tante influenze (Hole, Nirvana, Runaways, Ramones, The Distillers più mansueti), se nel 2019 con “Devour You” davano sfogo all’energia punk più adolesenzial-genuina, ora con “She Said” tirano un po’ i remi in barca, sfociando in un qualcosa più Seventies con cantato più rilassato. Non è un male, dato che “Jetback”, “True” sono due facce della stessa medaglia molto ben congegnate. Ancora in cerca di una identità definita. Interessante per chi è orfano di un certo punk o rock docile che ricorda la Courtney Love più ispirata.
Voto: 6+
THE MARS VOLTA – “THE MARS VOLTA”
Tornare dieci anni dopo l’ultimo disco e presentarsi con un album intitolato semplicemente “The Mars Volta” è come tracciare una bella linea e ricominciare da capo. Scelta saggia? Scelta presuntuosa? Più semplicemente, è un onesto “Ok, riproviamoci”. Ecco dunque un album molto più accessibile rispetto alla media della band, a tratti un po’ noioso o banalotto (“Shoe Story”), a tratti interessante (“Que Dios Te Maledica Mi Corazon) ma può essere una boccata d’aria (non fresca) per coloro che nel 2012 si vantavano di essere hipster. Il vostro tempo è finito, ma vi vogliamo bene lo stesso.
Voto: 6+
BJORK – “FOSSORA”
“Così, de botto, senza senso”. Nuova uscita di Bjork, perfetta per tutti coloro che vogliono atteggiarsi a grandi somellier della musica impegnata e ricercata, quando in realtà non capiscono un kaiser di quel che hanno acquistato e ascoltato. Però un vinile di Bjork in bella mostra vicino al giradischi di Maison Du Monde fa figo, ammettiamolo. A parte queste pippe mentali, l’islandese non smette di fare ricerca musicale e sonora al limite dell’incomprensibile. Se pensate che stia esagerando, ascoltate quell’indefinibile esercizio stilistico di “Mycelia” e spiegatemelo.
Voto: 7
THE BIG PINK – “THE LOVE THAT’S OURS”
Realizzare il terzo album a nove anni di distanza dal precedente è quasi avanguardistico. Fatto sta che i The Big Pink col loro pop-rock elettronico di chiara matrice a metà strada tra anni ’80 e primi 2000 (sì, capisco siate spiazzati dal salto generazionale) tornano con le migliori intenzioni e risultati tutto sommato soddisfacenti. Quantomeno chi non li conosceva andrà a spulciare su Spotify per capire cosa diavolo sia successo dal 2007 a oggi.
Voto: 6,5
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO – “ORLANDO: LE FORME DELL’AMORE”
Un concept album sontuoso e ambizioso. Incentrare un’opera musicale su uno dei poemi eroici più astrusi per eccellenza è follia. Un po’ come quella di Orlando. Ma il Banco è la ragione che dalla luna continua a tessere ciò che potremmo mai pensare. Un prog-rock d’altri tempi con suoni attuali. Cinquant’anni di Banco festeggiati con una delle opere migliori degli ultimi anni/decenni. Complicato, a tratti per sua natura prolisso, ma è un viaggio narrato con dovizia, rispetto, passione. Vegliardi in compagnia di giovani talenti.
Voto: 8
SLIPKNOT – THE END, SO FAR
Che sia la volta buona perché la band capianata da Corey Taylor si dia una svegliata e torni a fare dischi decenti? Sì e no. “The End, So Far” è un album che avrà finalmente presa sugli odierni adolescenti così come su chi, adolescente, lo è stato nel 2000. Disco furbo, ruffiano, ma innegabile ci sia della rinnovata linfa vitale. Peccato che ogni tanto continui a spuntar fuori quella sensazione di strizzare l’occhio e l’orecchio all’ascoltatore medio di Virgin Radio.
Voto: 7-
MEGADETH – THE SICK, THE DYING… AND THE DEAD!
Dave Mustaine che allontana David Ellefson è stata la mossa migliore per la band. Che oramai è definitivamente il progetto solista del caro chitarrista dal rossiccio crine. Uno degli album migliori della storia più recente dei Megadeth, se non tra i migliori della carriera. D’altronde, avere Kiko Loureiro all’altra chitarra, James LoMenzo al basso e Dirk Verbeuren è come se il Real Madrid giocasse in una squadra del campionato CSI. Tra le migliori uscite di musica metal del 2022, a mani basse.
Voto: 8
a cura di
Andrea Mariano
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