Apologia del dolore: l’Inferno mostrato alle Scuderie del Quirinale ridefinisce il valore del Male

Apologia del dolore: l’Inferno mostrato alle Scuderie del Quirinale ridefinisce il valore del Male
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Si è chiusa ieri la mostra sull’Inferno curata da Jean Clair, inaugurata il 15 ottobre scorso in occasione del settimo centenario della morte di Dante Alighieri. Ad ospitare l’esposizione delle 230 opere sono state le Scuderie del Quirinale di Roma, che tornano a farsi vedere dopo l’enorme successo della mostra su Raffaello.

Gli ultimi due anni hanno visto nascere numerose produzioni artistiche ispirate a Dante.
Le mostre e gli eventi culturali volti ad omaggiare il poeta sono stati molteplici, ma questa volta la dedica è definitiva.

Roma offre una cornice perfetta che fa da sfondo non ad una mostra qualsiasi, ma a quella che, sopra le altre, è riuscita a celebrare l’opera dantesca in maniera esemplare. Il fascino perverso che nasce dalla consapevolezza di trovarsi “all’inferno” e allo stesso tempo a pochi passi dal Vaticano, dal Papa, dal “bene assoluto”, è soltanto una piccola aggiunta.

L’iconografia infernale è più che mai attuale: la mostra si propone non solo di valorizzare la prima delle tre cantiche della Divina Commedia, ma di far riflettere sul destino dell’umanità.
Un’umanità che ormai è sempre più vicina all’Inferno a causa di disastri naturali, ondate pandemiche e crisi sociali.

Ciò che il visitatore può imparare da questa mostra è che il vero Inferno è sulla Terra. Il Male viene rappresentato nella sua assolutezza: non ci sono solo gli inferi danteschi ma, più in generale, il dolore e la sofferenza che tormentano l’intera esistenza dell’uomo. Si passa da raffigurazioni favolistiche a metafore infernali più concrete, le tragedie e le guerre che hanno attraversato la storia dell’umanità.

230 opere prese in prestito da oltre ottanta musei e raccolte pubbliche o private, provenienti da diversi paesi.

Dieci stanze, una scalinata che porta il visitatore davanti alla scritta “Inferno”, con le lettere posizionate in maniera da ricordare la forma “a imbuto” della voragine infernale.

E poi si comincia, si entra.

Non una mostra, ma un viaggio all’interno dell’animo più oscuro dell’essere umano.

“Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate”

La Caduta degli Angeli Ribelli

La mostra

La prima Sala è dedicata all’origine dell’Inferno, e a catturare l’attenzione sono le due opere che rappresentano la caduta degli angeli ribelli, insieme a La Porta dell’Inferno di Rodin. L’idea che dopo la morte vi sia un giudizio e un castigo per i peccati commessi è sempre stata presente fin dall’antichità in tutti i sistemi religiosi. Questo viaggio parte proprio da qui, ragionando sulla nascita di un luogo in cui i peccatori possano espiare le loro colpe.

Nella seconda stanza il visitatore si trova a dover fare i conti con la figura metaforica della bocca dell’Inferno. Essa fu generata per dare un volto al Male e riconoscerlo in tutto il suo orrore. La stessa Sala si ricollega al concetto del viaggio negli inferi, molto frequente nella letteratura, e presente sin dagli antichi racconti redatti in Babilonia. La rappresentazione più suggestiva è data dal dipinto di Sir Thomas Lawrence, Satana schiera le sue legioni.

Doveroso, nella terza Sala, soffermarsi sulla figura di Dante Alighieri come poeta e sulla nascita della Divina Commedia, prescindendo dal fatto che vi sono state innumerevoli mostre con intenti didascalici, e a volte pedanti, sulla figura del Sommo Poeta. Qui Dante non è il protagonista, ma una guida. Questa volta ricopre per il visitatore lo stesso ruolo che Virgilio ha avuto per lui.

La quarta stanza s’impone con diverse raffigurazioni di Dante e Virgilio durante il loro viaggio: sono dipinti solenni, tra i più belli all’interno della mostra. Dall’opera di Bouguereau, che cattura per la sua magnificenza, a quella di Courtois, che rapisce soprattutto per i dettagli.

Ma forse la Sala più bella è la successiva, quella dedicata a Paolo e Francesca, volta a testimoniare il successo iconografico di questo canto dantesco con raffigurazioni teatrali.

Dante e Virgilio – William Bouguereau

Oltre l’Inferno dantesco

Per proseguire questo viaggio è necessario salire al piano superiore, dove ci attende la sesta stanza, destinata ad ospitare il quadro simbolo di questa mostra, Lucifero di Franz Von Stuck.
La Sala si presta a raccontare la metamorfosi del Diavolo, con le sue molteplici rappresentazioni, tra cui quella del pupo palermitano inserito, insieme ad altri personaggi, nel teatrino napoletano realizzato nel 1920.

Settima Sala, quando il Diavolo viene a noi, quali sono i peccati? Quali le tentazioni?

All’alba della modernità furono molti gli europei a lasciarsi pervadere dal terrore di Satana. Testimoni sono le opere presenti in questa stanza che, con raffigurazioni estremamente creative, hanno saputo mostrare alcune delle tentazioni più comuni. La visione di Tundalo è forse il dipinto più suggestivo, insieme a Le tentazioni di sant’Antonio, il famoso quadro di Domenico Morelli.

Arriviamo alle due stanze più suggestive e attuali, che mostrano la sofferenza dell’uomo moderno. L’Inferno in terra è valorizzato secondo due concezioni di Male: il patimento fisico e quello psichico.
Da una parte l’avvento della società industriale, con gli esseri umani trasformati in schiavi da fabbriche e catene di montaggio. La nascita dei campi di sterminio, gli olocausti e le guerre che portano all’uomo solo atrocità e distruzione.

Dall’altra parte abbiamo il dolore psichico, la malattia mentale, la follia. Nel diciannovesimo secolo i manicomi e le prigioni somigliano a gironi infernali, le convulsioni deliranti e i disturbi isterici sono descritti come “ossessioni diaboliche” o “attacchi demoniaci”.

I pezzi esposti in queste due sezioni sono i più forti a livello emotivo, sono talmente belli che fanno male. La sala delle agitate all’ospedale di San Bonifacio di Firenze, di Telemaco Signorini, è un dipinto piccolo che silenziosamente si fa strada tra gli altri, ma che lascia un senso di turbamento e dolore che poche volte si riesce a provare.

Si arriva poi all’Inferno nella sua forma più evidente, quella della guerra, della Shoah. L’enorme quadro di Taslitzky insieme alla scultura in bronzo di Koelle lasciano lo spettatore in silenzio, forse perché non servono parole, bastano quelle scritte nelle pagine di Se questo è un uomo di Primo Levi.

“…e quindi uscimmo a riveder le stelle”

La decima ed ultima Sala è il termine di questo viaggio. Dopo aver attraversato l’Inferno, dopo l’immersione nelle atrocità che colpiscono l’uomo (e che lui stesso commette), ecco finalmente il cielo stellato, la pace dell’anima.

Stelle Cadenti – Anselm Kiefer

Il viaggio termina qui

Un viaggio crudele e feroce, che rivela l’esistenza dell’uomo sulla Terra esattamente così com’è, piena di dolore.

La mostra è di una bellezza che toglie il fiato, che fa male. Le scenografie sono talmente potenti e dirette che lasciano lo spettatore angosciato e soggiogato allo stesso tempo. Un vero peccato per l’illuminazione che non rende giustizia alle meravigliose opere esposte.

Fondamentale l’app delle Scuderie del Quirinale per ascoltare l’audioguida, una voce narrante che riesce a far entrare il visitatore in una dimensione parallela. È come se lì dentro ci fossi solo tu, un infernauta, accompagnato da una sorta di Virgilio non presente fisicamente.

Per approfondire gli inferni terreni, inoltre, nel corso di questi mesi è stato organizzato un ciclo di incontri che hanno accompagnato la mostra con temi che ampliassero il concetto di Inferno ai giorni nostri. Oltre a questo, una curatissima promozione sui social volta ad aggiornare il pubblico sui piccoli inferni contemporanei rappresentati in alcuni film e alcune serie tv.

Fabrizio De André cantava “l’inferno esiste solo per chi ne ha paura“, ma ciò che viene mostrato alle Scuderie del Quirinale ci insegna che l’Inferno, invece, esiste per tutti. Il Male è sempre esistito e sempre esisterà, non solo fuori, ma anche dentro ognuno di noi. Esiste però anche la speranza di uscire e rivedere le stelle. E forse è proprio questo che la mostra vuole implicitamente augurare a chiunque viva in un inferno non solo sociale, ma anche interiore.

a cura di
Valentina Dragone

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