“I terrestri” di Murata Sayaka: essere alieni sul proprio pianeta
Dopo il suo esordio con la Ragazza del Covenience Store, Murata Sayaka ritorna nelle librerie italiane con il suo nuovo romanzo I Terrestri, edito da Edizioni E/O.
SI tratta di un libro difficile da digerire perchè racconta di violenze, fisiche e psicologiche, e in cui nessun dettaglio viene lasciato all’immaginazione. Ogni parola colpisce il lettore come un pugno allo stomaco.
Terrestri vs alieni
Natsuki è una bambina che frequenta la scuola elementare ma è diversa da tutte le sue compagne di classe: Pyūt, alieno originario del pianeta Pohapipinpobopia, le ha affidato il compito di proteggere la Terra, armata di portacipria e bacchetta magica. Come capiremo ben presto, però, le cose sono diverse: Pyūt è solo un pupazzetto di peluche che parla nella fantasia di Natsuki. Si tratta di un escamotage che permette alla giovane protagonista di evadere dalla realtà opprimente in cui vive. Di sfuggire alle pressioni e alle violenze della famiglia e alle molestie del suo insegnante.
L’unico vero amico di Natsuki è suo cugino Yuu che vede ogni anno, durante la festa dell’Obon, nella casa di montagna dei nonni. Yuu, che è convinto di essere un alieno (proveniente dallo stesso pianeta di Pyut), è l’unico a conoscere il segreto della ragazza. I due bambini trovano rifugio l’uno nell’altra, sono la reciproca ancora di salvezza per sfuggire alle loro famiglie, oppressive e disfunzionali. Il loro legame è talmente forte che si spingono a celebrare un finto matrimonio e persino a consumarlo (cosa che costerà il loro allontanamento).
Passano gli anni e Natsuki è una trentaquattrenne sposata, con un marito che è più simile a un coinquilino. Il loro rapporto è una farsa per cercare di ingannare la società (la Fabbrica) che vuole che gli uomini si riproducano per portare avanti la specie. Durante questi anni la nostra protagonista sopravvive, cercando di mimetizzarsi tra i Terrestri, sperando che gli abitanti di Pohapipinpobopia arrivino a salvarla.
“Qualunque cosa dovesse accadere, noi due sopravvivremo.”
E’ questa promessa fatta al cugino Yuu che tiene in vita Natsuki. Una ragazza “aliena” che cerca di sopravvivere accettando le regole e le convenzioni della Fabbrica.
Quando il suo insegnante del doposcuola le usa violenza, costringendola ad avere un rapporto orale, è grazie ai suoi poteri e al suo mondo immaginario che riesce a trovare la forza di andare avanti. Nonostante abbia la bocca rotta (da quel momento non riuscirà più a sentire i sapori) lei sopravvive.
Quando viene malmenata dalla madre, o quando viene insultata, trova rifugio nelle parole di Pyūt.
Non ha mai vissuto appieno, non è mai stata realmente padrona della sua vita, ha sempre e solo cercato di restare in vita e non soccombere.
Questo è quello che la accomuna agli altri personaggi su cui la Sayaka si sofferma maggiormente nel romanzo.
Natsuki attraverso la sua fervida immaginazione reagisce alla vita; Yuu, invece, la subisce passivamente ed esegue gli ordini che gli vengono dati.
Toomomi, il marito della protagonista, è un personaggio a tratti caricaturale che parla senza pensare, dicendo sempre quello che gli passa per la testa. E’ fermamente convinto che sua moglie sia un’aliena e vede in lei una possibilità per evadere dalle costrizioni della Fabbrica.
I tre cercheranno di sfuggire al giogo della società rintanandosi nella casa di campagna della famiglia di Natsuki dove inizieranno il loro allenamento per risvegliare il loro “occhio alieno”.
In breve tempo diventeranno dei selvaggi dimenticandosi le regole della civiltà, seguendo soltanto i loro istinti di base e macchiandosi di crimini atroci.
Un libro che non è per tutti
Il libro colpisce il pubblico e gli fa male. Temi come violenza, stupro, omicidio e cannibalismo vengono raccontati come se si stesse leggendo una favola per bambini. La Sayaka non cerca di indorare la pillola al lettore; ogni parola gli fa male come uno schiaffo in pieno volto. Soffriamo con Natsuki per la sua situazione di bambina e rimaniamo inorriditi, e schifati, davanti alle scelte di vita che i ragazzi, ormai adulti, decideranno di intraprendere.
Confesso che, al termine della lettura, ho avuto bisogno di alcuni giorni per metabolizzare la storia e accettare la svolta che ha preso il romanzo nelle ultime pagine.
I Terrestri ci fa capire quanto la società possa pesare, con tutte le sue convenzioni, sulle persone che hanno subito dei traumi e che non hanno un sistema di supporto che le aiuti a trovare il proprio posto nel mondo. Non tutti, fortunatamente, perseguono gli stessi obiettivi nella vita ma, in certi contesti socio-culturali, questo è visto come un problema. Murata Sayaka ci parla del Giappone ma nella nostra Italia la situazione è diversa?
Già ne La Ragazza del Convenience Store, l’autrice aveva trattato i temi dell’emarginazione e dello sentirsi alieni nella società; con i Terrestri queste tematiche vengono portate all’estremo. Non vi è più traccia della delicatezza che aveva caratterizzato il suo primo lavoro.
Si tratta di un libro che fa riflettere ma che non è adatto a tutti perchè la Sayaka non cerca di addolcire le cose ma ci sbatte in faccia una realtà che non è per nulla piacevole da accettare.
a cura di
Laura Losi
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