Tommaso Tam ci racconta traccia dopo traccia “Isola di Tam”

Tommaso Tam ci racconta traccia dopo traccia “Isola di Tam”
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Tommaso Tam ci guida in un viaggio straordinario attraverso “Isola di Tam”, il suo quinto album che si presenta come un romanzo distopico sonoro in uscita lo scorso 12 gennaio.

La cura negli arrangiamenti e i bassi potenti che contrappuntano le melodie rivelano una padronanza tecnica eccezionale. La voce di Tam, precisa e pregnante, racconta dettagliatamente le contraddizioni quotidiane, donando all’album un tocco di malinconia. “Isola di Tam” offre una visione non banale, disturbante e imprevedibile, suggerendo il desiderio di allontanarsi in un’isola. Tam, con uno sguardo laterale, propone un’esperienza musicale che riflette la complessità delle relazioni e della vita contemporanea. Un’opera che invita ad esplorare il proprio mondo interiore, tra sonorità che abbracciano passato e futuro.

Vi lasciamo quindi con il suo “traccia dopo traccia” per scoprire più a fondo il suo nuovo lavoro!

Strana Storia Vera

Strana storia è uno squisito brano pop, con uno sguardo languido rivolto al passato. Un passato anche sonoro che si rivela nelle sue chitarre slide harrisoniane o Lennoniane di fine anni ’70. Oltre ai Fab 4, Tam ci dice di amare molto anche i Beach Boys i cui falsetti emergono brillanti nello special. Non solo cultura anglo americana ma anche finezze armoniche mutuate dal nostro miglior Sergio Caputo.

Isola di Tam

Si cambia atmosfera, le chitarre lasciano il campo alla ritmica e alle tastiere. Siamo ancora alla fine degli anni ’70 ma in una buia discoteca di Filadelfia, dalle casse suona un discofunk robotico dalle tinte sinistre perfetto per prendere decisioni avventate. Tam vuole scappare dove nessuno lo potrà trovare.

Velluto

Con Velluto procede l’operazione di separazione dagli altri, dai luoghi, dagli affetti, e in alcuni casi anche da se stesso. La nostalgia è benzina su questo fuoco algido. Il tempo scorre lento, fumoso e sensuale come nei migliori groove della tradizione Trip Hop di Bristol, condito con echi floydiani.

Alfabeto dell’addio

L’intro epica tradisce il portamento neo soul del brano. Un soul bianco molto ricco armonicamente e riconiugato attraverso l’uso sapiente dei migliori synth dell’epoca ’80. Un omaggio al sound di Minneapolis, agli Wham più romantici miscelati con un gusto melodico tutto italiano. Un bel solo di chitarra benedice una nuova separazione.

Incubo

Siamo tornati nella losca discoteca di Filadelfia, ci sono quasi tutti: i Bee Gees, Donna Summer, i Duran Duran di Notorius, ma anche Matt Bianco. Si consacra l’amore per la disco music, ma le arditezze armoniche sono sempre dietro l’angolo. Tam non vorrebbe mai uscire da questo “incubo” di una notte di fine anni ’70.

Happy Birthday

Torniamo in Europa per questo misterioso compleanno. Si festeggia in un club londinese dove domina la cassa in quattro e l’ambiguità. L’elettronica è elegante e discreta, il basso sintetico farebbe battere il piede anche a Moroder.

Tramonti

Niente orizzonti, solo tramonti: è la consapevolezza della caducità del tutto, del sole e delle nostre emozioni, anche e soprattutto, nella vita di coppia. Siamo sull’orlo di una separazione, cosa c’è di meglio di un buon riff hendrixiano con una chitarra distorta per sottolineare il tutto. I Duran Duran prodotti da Nile Rogers avrebbero potuto rubare questo ritornello.

Strana storia vera (original demo)

Rivela la genesi della canzone, inizialmente in chiave jazz.

Ricordi sepolti

Tam ha raggiunto finalmente la pace in un’isola tropicale, dopo essersi staccato dal caos delle città e dai disastri delle relazioni di coppia. Può capitare un giorno di guardarsi indietro con nostalgia, ripiegandosi sui ricordi dell’infanzia o guardando con tenerezza i momenti più bui del nostro passato. È difficile scegliere tra l’imperturbabile solitudine di un guru e il calore dei turbamenti del cuore di un ragazzo immerso nel caos contemporaneo. Una canzone ricca di groove e di saudade, come un pezzo del miglior Battisti di fine anni ’70, e le chitarre troneggiano ancora, perché è’ da lì che è cominciato il viaggio.

a cura di
Redazione

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