GFVIP-Marco Bellavia: una storia orrenda in prima serata
Lunedì 3 Ottobre è andata in onda in prima serata una nuova puntata del GFVip al tempo stesso drammatica e surreale. Con il pubblico social insorto contro pregiudizio, ignoranza e mancanza di empatia. Con gli inquilini della casa che bullizzano qualcuno che ha chiesto loro aiuto, ma si preoccupano di salvare la loro immagine e di trovare troppe inutili facili autoassoluzioni
Lo chiamano il “male di vivere”. Questa frase da sola già dice tanto. Dobbiamo anche alla penna di Eugenio Montale la descrizione di un malessere che aggredisce, all’inizio in maniera anche silenziosa, e trascina in un baratro fatto di precarietà, dolore e obbiettivi difficilmente raggiungibili.
La depressione è un disturbo dell’umore e colpisce, in maniera sordida e spesso devastante, oltre 350 milioni di persone. È stata definita dallo scrittore e giornalista Paolo Bianchi “una maledetta forma di intelligenza”, che porta ad uno sballottamento continuo tra il desiderio di luce e la realtà oscura di un mondo. Che sembra troppo grande, distante e più “bravo” di noi. Che può inghiottire e stritolare. A volte piano piano, a volte velocemente.
La depressione nella “storia”
Si dice abbia incrociato le vite di personaggi “famosi”, artisti e autori indimenticabili di opere e magie. Da Michelangelo Buonarroti, vissuto nel lontano 1500 e il suo “Perché non parli?”, rivolto alla sua scultura del Mosè. Aneddoto storicamente tutto da provare, ma che molto dice del suo animo sospeso tra grandezza e difficoltà ad arginare domande, dubbi… e il peso che il vivere fa sentire.
Ha fatto compagnia ad Isaac Newton, scienziato inglese del 1600, al quale dobbiamo, tra le altre miriadi di scoperte, la teoria della forza di gravità. Nei suoi viaggi alla scoperta de “La origine della specie”, ha accompagnato, il biologo ed antropologo ante litteram Charles Darwin all’inizio del 1800. Era nelle pieghe delle scelte politiche e decisioni importanti del Primo Ministro britannico Winston Churchill durante la seconda Guerra Mondiale.
Il malessere nelle mille note
La depressione era nella magia delle note di Wolfgang Amadeus Mozart, geniale compositore austriaco del 1700, che ha cambiato ed influenzato profondamente la musica dai suoi contemporanei fino ai giorni nostri. Si può sentire nelle famose none sinfonie di Ludwig van Beethoven, vissuto a cavallo del XVIII e XIX secolo. Ci ha convissuto anche il compositore e direttore d’orchestra austriaco Gustav Mahler nel c.d. periodo tardo romantico.
E ai giorni nostri? Possiamo ricordare John Lennon, che ha lasciato un segno chiaro e preciso nel panorama musicale. E non si può non citare Bob Dylan, che ha contribuito a definire l’icona del cantautore così come lo conosciamo ancora oggi. Marshall Bruce Mathers III, al secolo Eminem, è considerato il miglior rapper di tutti i tempi. Anche lui ha sofferto di depressione.
Il male dei secoli…che qualcuno ha dimenticato
Un malessere che tanto spazio ha trovato nella nostra storia e nell’immaginario collettivo, è entrato prepotentemente nella “casa più spiata d’Italia”. Con una rappresentazione orrenda e purtroppo assai verosimile di quello che spesso ci viene da pensare della società attuale. Il branco che si accanisce con il più debole. Lo emargina e lo “bullizza”. A cui un pubblico social e non solo ha reagito. Non riconoscendosi, e per fortuna, nello storytelling proposto.
Perché, riprendendo le parole del protagonista di questa brutta storia, una male non fisico, che da fuori non si vede, non viene accettato e considerato come qualcosa di degno. Di rispetto. Considerazione. Di cura. Il protagonista è Marco Bellavia. E un bel pezzo della nostra “piccola” Italia, che, per una volta, s’è desta. In favore di una persona che aveva chiesto aiuto ai suoi coinquilini. Contro il solito spettacolo televisivo del grottesco, che tutto divora in nome degli ascolti.
La ricostruzione di una vicenda…che si commenta da sola
Non saltate assolutamente la visione di questo video. In soli venti minuti Cristiano ha ripercorso quanto accaduto tra giovedì e domenica. Giorni durante i quali le immagini su Mediaset tardavano ad arrivare. E la rete, tra postate sui vari social e articoli e commenti, scendeva in campo a denunciare comportamenti cinici e mediocri, nei quali, per una volta, non si sono voluti riconoscere.
E l’assurdo è che tutto sia iniziato da una puntata, quella del 29 settembre, in cui si è parlato della condizione di sieropositività di Giovanni Ciacci. Che può vivere una vita c.d. normale grazie ai successi della ricerca medica in campo. E che non deve essere ammantata da pregiudizi e false paure inutili.
Lo storytelling abusato
Questo clima, in cui in prima serata si affronta un tema così importante, mi ha veramente turbato. Mi è sembrato di avvertire quello strano disagio della canzone sanremese che tratta (sfrutta) un tema sociale, non importa come, non importa da chi. Mentre gli aspetti più importanti e più profondi (che so, la musica, per restare in tema, o il testo del brano) passano incredibilmente in secondo piano.
Ed è con questo spirito che ho atteso la puntata di ieri, temendo che ancora una volta si liquidasse questo “pasticciaccio brutto” con frasi di insipienza e banale mediocrità. Fra il “volemose bene” e rimaniamo tutti, ma proprio tutti, avvinghiati a politically correct e l’ipocrisia.
Le posizioni chiare e le petizioni invocate dal “popolo del web“
Quando si dice che le immagini sono più immediate…di un florilegio di inutili e ricercate parole, parole, parole (di miniana memoria).
Un bel rimpasto, di quelli poderosi, modello cambio di stagione, che di questi tempi “troneggia”, insieme alle bollette, in tutte le case degli italiani, ci sarebbe stato davvero d’incanto. Perché se “squadra vincente, non si cambia”, quando si è presa una certa qual cantonata, il ravvedimento, per giunta operoso, è d’obbligo.
Fatto sta che abbiamo dovuto attendere lunedì, con la pubblicazione della puntata del giorno 14, per avere un primo segnale sulla strategia (e forse un po’ di sentiment) della produzione del GFVip. Alfonso Signorini ha denunciato un comportamento inatteso e condannabile, “mostrando un’aridità, una mancanza totale di empatia, solidarietà. Nessuno ha dato una mano“. Anticipando provvedimenti e conseguenze.
La puntata di lunedì 3 ottobre
E dire che erano partiti bene, riavvolgendo il nastro degli ultimi giorni e raccontando, al pubblico e ai tristemente famosi coinquilini, i fatti degli ultimi giorni. Fino alla decisione di Marco Bellavia di abbandonare la casa presa sabato mattina. E passando per tutti i video in cui comparivano le frasi che avete potuto apprezzare due immagini fa.
In un parterre de roi decaduti ed acchittati per la festa hanno iniziato, però, a sollevarsi, di fronte a cotanto crudo j’accuse, delle decadenti e fuori luogo considerazioni autoassolutorie. E non sono mancate, tanto per non farci mancare nulla, delle decantazioni delle proprie azioni benefiche in realtà riservate all’ex coinquilino. Ancora una volta trattato come una cosa, strana e estranea, da tenere lontano e guardare con sussiego.
I provvedimenti del GFVip
Sarò breve, perché molto di più si poteva e doveva fare. Squalifica immediata per una Ginevra Lamborghini, che da quel momento, e fino alla fine di una puntata interminabile, si farà vedere in un pianto disperato e vagamente artefatto. Senso del pudore non pervenuto. Preoccupata più per la sua gogna futura che per l’infamia perpetrata. Sue le parole “merita di essere bullizzato”. Sarà consolata e vezzeggiata dai suoi degni compari e dallo stesso Signorini che la accoglie in studio.
Televoto d’ufficio ed immediato per, nell’ordine, il Ciacci del “ce lo siamo tolto dai cosiddetti”, la Gegia, iscritta all’Ordine degli Psicologi (la radiamo?) dei “tu sei pazzo” e “non me ne frega niente”, la Patrizia Rossetti del “non è che qui vieni a fare psicanalisi gratis” e, dulcis in fundo, Elenoire Ferruzzi “vai alla neurodeliri”. Credevo ne dovessero salvare solo uno, della serie il meno peggio. Invece è uno solo ad uscire, Giovanni Ciacci.
Riflettendoci un po’
Tralasciamo altre perle si saggezza di gente che pratica la scatola magica da anni, alcuni da decenni, e ancora non ne ha capito in pieno e nella sua completezza l’importanza e il valore. Una televisione fatta da un tempo troppo lungo da contenitori infarciti da ospiti, presi a caso, con una delle filastrocche infantili con cui si faceva la conta, i cc.dd. opinionisti (e poi gli influencer…ne vogliamo parlare?). E svuotata, quasi fosse un anatema, una blasfemia pura, di contenuti. Veri, reali, seri e profondi quel tanto che basta da riuscire ad informare e aiutare a riflettere.
Loro che sono i primi a dover sapere che non si arriva lì con il vuoto cosmico sul quale dissertare, mostrano il retroscena-segreto di pulcinella per il quale ambiscono ad esserci, dal tubo catodico in poi. Amore e consacrazione a buon mercato (senza essere e senza avere) e quel tanto di “odore dei soldi”… Perché la pecunia non olet mai, salvo non sia quella degli altri.
La legge del loro contrappasso
Tanto che fa sorridere come proprio nel GFVip, e comunque in tutti i reality in cui si mettono a confronto glorie dello spettacolo del passato con giovani influencer e personaggini appena creati a suon di follower e like, i primi, progenitori colpevoli e consapevoli, si ribellino al po’ po’ di scenario che la loro cultura ha prodotto nel tempo.
Purtroppo non è una eredità tutta italiana, ma noi riusciamo a metterci molto del nostro. Tralasciando secoli di cultura, letteratura e arte, sparse al mondo intero. Rinchiudendoci in quel provincialismo che fa di noi degli esterofili indefessi e degli emulatori senza senno. Vale a dire dei perfetti follower.
Vola come una farfalla, pungi come un’ape
Il messaggio di Filippo è semplice, vero e diretto. Altro da aggiungere non credo ci sia: sono padre e figlio, e mi auguro che sapranno affrontare insieme questo momento per Marco così delicato.
Per quel che riguarda noi, pubblico e spettatori, che questa storia ci faccia sentire più coinvolti nelle storie degli altri, più responsabili di ciò che facciamo. La scena dei vipponi che si difendono? Lo scorcio delle situazioni, di vita, giudiziaria e non, in cui ci sono vittime, il più delle volte ignare ed innocenti, calpestate due volte, e responsabili, anche morali, che la fanno franca.
Un finale agrodolce, una speranza da condividere
Ha il sapore double face questa storia, perché, nonostante la sollevazione di tanta gente, sembra che anche questa volta il sistema, televisivo-mediatico, abbia dimostrato di avere ancora molti anticorpi a sua disposizione per potersi perpetrare. In una logica che impoverisce sempre più tutti.
Quello che è emerso, e che dobbiamo sperare che rimanga ad aleggiare nei discorsi, televisivi e non, è che siamo sempre pronti a pretendere di essere capiti, accolti e consolati. A volte anche ad essere assolti dagli errori più grossolani, spesso dettati dal nostro egoismo o dai nostri problemi. Difficilmente, invece, riconosciamo nell’altro, vicino o lontano che sia, una persona, come noi. A cui riservare le stesse attenzioni e la stessa umanità.
E che non è che se non si vede, non fa male…
a cura di
Silvia Morghen Di Domenico
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