I Foals tornano con eleganza: “Life Is Yours” è un invito a ballare, ma con delicatezza
Dopo aver descritto la fine del mondo e le sue conseguenze con la coppia di album Everything Not Saved Will Be Lost Part I e Part II nel 2019, i Foals tornano in pista con Life Is Yours
Sapevamo che il post lockdown sarebbe stato un periodo molto fertile per i musicisti e sì, questo è l’ennesimo album figlio della pandemia, ma per fortuna c’è dell’altro.
Si può dire che i Foals siano dei redivivi, nonostante la tendenza del frontman Yannis Philippakis di lanciarsi dai balconi durante i concerti. Nata da quel punk inglese del primo decennio del duemila, la band di Oxford è tra le poche rimaste del loro genere.
I Foals sono rimasti perché in grado mantenere la loro identità e di rinnovarsi allo stesso tempo, mettendo al centro non quello che piace al pubblico, ma quello che piace a loro. Una mossa rischiosa, che però si è rivelata vincente.
La fenice risorge
Dopotutto, ciò che non è stato salvato è andato perso, e alcune perdite sono state più problematiche di altre, come ad esempio l’addio del tastierista Edwin Congreave. Proprio come delle fenici, i Foals sono risorti dalle ceneri dell’apocalisse illustrata nei due album precedenti e hanno subito messo in chiaro quali siano le questioni più importanti attualmente.
È andata persa anche la narrazione drammatica che caratterizza tutta la loro produzione artistica, lasciando spazio alla festosità e alla liberazione, perché questo è un disco che sa di estate e di serate alticce, di amore verso le piccole cose, quelle di cui si ha davvero bisogno.
Now that I’m less hungover
I can finally hear all the words you say
Driverless cars all end up in the ocean
Even when they think they know the wayLife Is Yours
Un messaggio tanto semplice quanto pericoloso: con l’eccesso di riferimenti alla pandemia nelle produzioni musicali di quest’ultimo periodo si rischia di far cadere nel banale anche i lavori più interessanti.
Ma il grosso vantaggio dei Foals è che sono mostruosamente bravi e non si riducono ad essere “solo” una delle migliori live band in circolazione. Tutto quello che fanno, lo fanno incredibilmente bene.
Il disco
Life Is Yours prende una direzione ben diversa dai loro album precedenti, se prima il punk e l’indie rock si mescolavano all’electro e alla new wave, ora vengono totalmente oscurati per lasciar spazio a sonorità più dance, tra il funky e il groove. Meno chitarre, più tastiere e più sintetizzatori, ed è il basso a donare carattere ad ogni brano. Una direzione che la band di Oxford aveva già sperimentato con My Number, dimostrando grande versatilità nei generi.
Versatile si, ma variabile no. La differenza con gli album precedenti è che questa volta i brani sono molto omogenei tra loro, tanto che a volte non si riesce a distinguere l’inizio dalla fine. Sono insistenti, estatici, e indicano verso un’unica direzione, quella del ballo e della spensieratezza.
Il tutto denso di pop elettronico anni ’80, Under The Radar e Looking High toccate più delle altre, mentre 2001 regala il momento febbre del sabato sera. Crest of the Wave si aggiundica a mani basse il titolo di brano migliore.
Wake Me Up è il singolo più radiofonico, per certi versi ricorda In Degrees e On the Luna, ma l’intero progetto sembra guardare molto più indietro, ai tempi di Antidotes.
Non è di certo il loro miglior disco, i pezzi sono semplici e nessuno degno di nota, il meglio della tracklist lo si trova tra la metà e la fine, ma nel complesso funziona.
C’è dell’edonismo nei Foals, ma soprattutto dell’eleganza: quello che rimane alla fine è un senso di pace, ma anche di malinconia.
a cura di
Valentina Dragone
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