Riconoscere la violenza partendo da quella psicologica
Per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne abbiamo deciso di intervistare la D.ssa M. Russo, psicoterapeuta, responsabile del progetto DAFNE, in Romagna, destinato alle donne che subiscono violenza. Più di 3 donne su 10 nella loro vita subiscono almeno violenza fisica o sessuale, perciò si è reso necessario istituire una giornata mondiale, cercando di arrivare a sensibilizzare più persone possibili.
Il 31,5% delle donne in Italia ha subito almeno una violenza fisica o sessuale, nel mondo invece si passa ad almeno 1 donna su 3. Per questo si è reso necessario l’istituzione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne istituita dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 1999.
In particolare per l’intervista, ci siamo volute focalizzare su un tipo particolare di violenza, quella psicologica, che è anche la più subdola e che deve essere considerata il “campanello d’allarme” delle altre violenze.
Quando si parla di violenza sulle donne si pensa soprattutto alla violenza fisica o sessuale, ma c’è un altro tipo di violenza che tende ad essere sottovalutata, quella psicologica. In che cosa consiste?
La violenza psicologica è quella violenza che si consuma all’interno delle relazioni di intimità quando un uomo agisce un comportamento che ha nei confronti della donna caratterizzato da attitudini di umiliazione, di insulto, di squalificazione, di negazione dell’alterità dell’altro. Sono quelle modalità per cui le donne si trovano a sentirsi sempre più misere, impoverite nella propria autostima. Sono delle cose che molte volte le donne sottovalutano, quando appunto, un esempio banale: arrivo a casa, voglio trovare la cena pronta come un imperativo, quando invece dentro una coppia l’alleanza e la complicità è una cosa che appartiene al benessere di entrambi i membri della coppia. Quindi diciamo che la violenza psicologica è caratterizzata da comportamenti e modalità relazionali che tendono a squalificare la donna.
La reazione della violenza cambia da persona a persona. Ma quali sono gli effetti, le reazioni e le conseguenze più comuni?
Dunque, parla di conseguenze dal punto di vista fisico o psichico? Perchè come diceva lei prima quando parliamo di violenza dobbiamo classificarla in fisica, psicologica, economica (perché anche quella economica è un tipo di violenza). Quali conseguenze ha in mente?
Ad esempio, rimaniamo su quella psicologica, quindi gli effetti del minimizzare la persona e avere una sorta di controllo su di essa
Esattamente, controllo è la parola giusta. Ma guardi, diciamo che la violenza anche psicologica in genere viene agita con l’uso di una serie di strategie. Ad esempio: una delle prime cose che raccontano le donne quando vengono a chiedere aiuto riguarda il fatto che sono isolate e sole; questo perché una delle prime cose che fa un uomo che inizia una relazione con una donna nella fase dell’innamoramento quando ancora le cose non sono diventate faticose e distruttive, è quello di isolare una donna da tutti gli affetti che ha.
Le faccio un esempio: la donna preferisce la domenica a pranzo dai propri genitori; ho ricevuto racconti di donne che mi hanno detto “Lui mi diceva: ora siamo noi la famiglia, pranziamo insieme, siamo a casa io e te”. In questo modo lentamente cominciano ad allontanarle dai genitori della donna. All’inizio lei accetta per amore, può pensare “ha ragione, la mia famiglia è lui”, ma poi tutti questi comportamenti si allargano come una macchia d’olio anche relativamente alle relazioni amicali e parentali, ma anche agli interessi. A lei piace andare al cinema, lui preferisce rimanere a casa a guardare la tv per cui piano piano porta la donna a rinunciare al cinema quindi diciamo che le strategie che all’inizio l’uomo mette in atto riguardano la solitudine, le donne si sentono sole
E a quel punto, con chi si confrontano rispetto alle percezioni che hanno di comportamenti inadeguati dell’uomo? Quindi la solitudine è la prima strategia. Poi l’altro aspetto importante è che incidono pesantemente sulla stima di sé che hanno le donne, perché sa, lei quanti ha?
Ne ho 22…
Lei sa che ogni donna vuole essere la migliore delle compagne per il proprio fidanzato/marito? E quindi le donne senza rendersene conto per soddisfare i bisogni dell’uomo entrano in una condizione per cui “Posso farlo se lui è contento”, in questo modo si decentrano da sé e si centrano sui bisogni dell’uomo e in qualche modo si svuotano della propria autostima e identità
Quindi è una sorta di annullamento di sé?
Diciamo che c’è una fase in cui le donne si mettono a servizio del proprio compagno. L’annullamento è una parola grossa, io parlerei di essere centrata sui bisogni dell’altro; se parliamo di annullamento andiamo già sulla patologia e quindi sugli effetti estremi del comportamento violento, quindi la depressione, la percezione di sé come donna assolutamente inadeguata invece possiamo parlare di sentimento di inadeguatezza più che di annullamento che fa sentire la donna sempre più povera di autostima
Chiaro. Questi crimini, quindi violenza psicologica, ma anche più in generale anche sessuale, fisica ed economica, sono commessi maggiormente dai patner?
I dati vanno ancora in quella direzione, anche nel 2020. I dati dell’ISTAT parlano di una violenza a cura del partner pari al 60% circa, ex partner 15%, familiari di altro genere 18%. Familiari di altro genere di solito sono i figli o altri parenti. Ho avuto purtroppo casi di violenza da parte dei figli contro le mamme.
Diciamo che la violenza psicologica è quella che apre la strada alle altre violenze. Perché dall’insulto si passa alla spinta, dalla spinta si passa alle botte, dalle botte si passa all’imposizione della lato sessuale da questo si passa al fatto che non ti do i soldi, o prendo i tuoi guadagni e li gestisco io, per cui è molto importante che le donne riescano a riconoscere all’inizio la violenza
Quindi diventa quello il campanello d’allarme?
Sì, esatto. Tenga conto che le giovanissime denunciano subito le situazioni di violenza. Tutto questo lavoro che è stato fatto in questi anni di informazione ha portato come risultato negli ultimi anni, a partire già dal 2016/17 le giovanissime sono più in grado di riconoscere una violenza e di denunciarla
Quindi il lavoro che bisogna fare maggiormente è fare informazione?
Assolutamente! Guardi le dico questo: le sa che c’è un numero nazionale che è il 1522 dove le donne possono chiedere aiuto? Tutti gli anni si registrano intorno alla giornata del 25 di novembre un picco di richieste d’aiuto poichè intorno a questa giornata l’informazione sulla violenza è molto più diffusa ed elevata. Capito?
Certo, sono dei dati significativi e parlano da sé.
Quindi anche tutto questo lavoro di cui si parla, anche nelle scuole sin dalle elementari, alle medie per sensibilizzare i bambini e i genitori anche sull’importanza di far comprende come nella relazione fra i generi femminile e maschile è fondamentale che ci sia una condizione di parità e non di disparità di un genere sull’altro
Quindi si può affermare che questi crimini nella maggior parte dipendano dalla concezione della donna nella società, costantemente considerata ancora come un oggetto sessuale? Se così non fosse, quali sono le cause alla base di queste azioni?
Mah, le cause sono tante. Come dice lei sicuramente una società patriarcale dove il potere è sempre stato nelle mani degli uomini. Tenga conto che è solo del 1985 la legge che fa cadere il potere della podestà genitoriale sulle donne, quindi la nostra legislatura in termini di modificazione del diritto di famiglia e quindi che le donne e gli uomini hanno gli stessi diritti sui figli per esempio è recente, oppure appunto la legge dell’ ’85 dove cade la necessità di riparare con il matrimonio uno stupro. È appunto dell’ ’85, il patriarcato ancora esiste, ancora una disparità tra uomini e donne è insita nella nostra cultura, nonostante tutto quello che da tempo le donne stanno denunciando. Si chiama proprio patriarcato.
Durante il lockdown avete ricevuto molte chiamate?
C’è stato un aumento significativo delle chiamate, ma questo anche a livello nazionale. La condizione di forzata convivenza ha ovviamente fatto emergere situazioni che prime in qualche modo erano sotto soglia e comunque in condizioni sociali peggiori, ad esempio la disoccupazione favorisce le situazioni di violenza. Quindi durante il lockdown questi elementi, convivenza forzata senza possibilità di muoversi e l’occupazione, quindi meno risorse complessive anche sociali, di frequentazione, ha fatto registrare un picco di chiamate. Ci sono proprio i dati del 1522, che è il numero nazionale, che ci dicono questo.
Quindi in caso di violenza bisogna chiamare il 1522?
Sì, questo è il numero nazionale e quel numero mette in contatto direttamente con i centri antiviolenza e le strutture deputate al contrasto alla violenza nei territori. Ad esempio se il 1522 riceve una chiamata da una donna di Rimini dirà “Guardi nella vostra zona c’è questo centro antiviolenza sul familiare, questo sul pronto soccorso a cui potete rivolgervi. Vi mettiamo in contatto.”
a cura di
Alice di Domenico