Cosa vuole dirci Bob Dylan nel pieno di una pandemia con Murder Most Foul?

Cosa vuole dirci Bob Dylan nel pieno di una pandemia con Murder Most Foul?
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Era una questione di tempismo e il tempismo era giusto“, canta Bob Dylan nel suo ultimo pezzo, pubblicato a sorpresa tra il 26 e il 27 marzo, nel pieno della pandemia globale di Covid-19.

S’intitola Murder Most Foul e dura poco meno di diciassette minuti, il più lungo che abbia mai pubblicato e il primo dopo otto anni di silenzio.

Era un giorno buio a Dallas, nel novembre 1963. Un giorno segnato dall’infamia. Il presidente Kennedy era su di giri, era una buona giornata per vivere e una buona giornata per morire” inizia così Murder Most Foul, ma la vicenda di Kennedy rimane sempre più sullo sfondo man mano che la canzone va avanti.

Strofa dopo strofa, diventa autobiografica

Diciassette minuti in cui Dylan cita i Beatles, Marilyn Monroe, Woody Allen, gli Who, John Lee Hooker, gli Eagle, il massacro di Tulsa, i Queen, canzoni come St. James Infirmary, Etta James, Nina Simone, Thelonious Monk, Charlie Parker, e tanti altri.

Il testo mi ha fatto pensare al libro di Annie Ernaux, Gli Anni. Una storia personale che diventa collettiva. Come in un album fotografico, Dylan tenta l’impresa impossibile di salvare quei visi e quelle diapositive dal buco nero del tempo, che inevitabilmente finisce per divorare tutto. Sono una vita, quella di Dylan, e infinite altre. Nell’elencare film, persone e luoghi, la sua voce si fa sempre più dolce. È come un grande blues, dilatato, infinito, senza chitarra, solo pianoforte e violino. Lento, anche lui, come il momento che stiamo vivendo.

Arrivati a questo punto ormai è chiaro: Murder Most Foul non è un pezzo sull’omicidio di Kennedy

Questa canzone parla di noi, di tutti noi, che stiamo vivendo uno dei momenti più traumatici che il mondo moderno abbia mai conosciuto. Ma cosa vuole dirci Bob Dylan nel mezzo di questa pandemia? Forse che la musica può darci conforto, che la musica ha ancora un senso, anche se tutto intorno sembra perderlo, quel senso.

Il 22 novembre 1963, le persone si accovacciavano intorno ad una radio o davanti alla televisione per ascoltare le notizie dell’assassinio di Kennedy. Oggi milioni di persone, di anime, ascoltano insieme questa canzone, vicine anche se lontane, come vogliono le regole di questa quarantena mondiale.

Dylan c’è sempre stato, al momento giusto anche se dalla parte sbagliata, senza mai piegarsi alla prima regola del palcoscenico: “dare al pubblico quello che il pubblico vuole“. Questa volta non è così. Murder Most Foul è la canzone di cui avevamo bisogno, è la carezza sul viso, l’amore senza bugie. “Stay safe, stay observant and may God be with you” ci augura Dylan, in calce al pezzo.

Il fatto che non sia chiaro quando sia stato registrato non lo rende meno significativo. “Era una questione di tempismo e il tempismo era giusto“, e Murder Most Foul è arrivata proprio quando tutti noi ne avevamo più bisogno.

a cura di
Daniela Fabbri

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Daniela Fabbri

Sono nata nella ridente Rèmne, Riviera Romagnola, nel 1985. Copywriter. Leggo e scrivo da sempre. Ho divorato enormi quantità di libri, ma non solo: buona forchetta, amo i racconti brevi, i viaggi lunghi, le cartoline, gli ideali e chi ci crede. Nutro un amore, profondo e viscerale, per la musica, in tutte le sue forme. Sono fermamente convinta che ogni momento della vita debba avere una colonna sonora. Potendo scegliere, vorrei che la mia esistenza fosse vissuta lentamente, come un blues, e invece sono sempre di corsa. Mi piacciono gli animali. Cani, gatti, procioni. Tutti.

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