MCU – Musica Che è Uscita – Gennaio 2023
Dieci album usciti a gennaio in grado di regalarvi la perfetta colonna sonora per le bestemmie pronunciate a causa dei problemi di connessione
Buon anno a tutti. Ah, già, siamo ai primi di febbraio… Se come il sottoscritto siete logorati dal turbinio della vita moderna ma non amate il Cynar (in tal caso provate con l’Amaro Canaja, che è decisamente sorprendente), ecco a voi un po’ di album di gennaio che potreste recuperare. Poi chissà, addirittura potrebbe accadere che questo listone risulti per voi utile.
The Subways – Uncertain Joys
Gioie incerte, un po’ come questo disco. Tra reminiscenze di Duran Duran (la title track), una vaga ispirazione a “Crazy Train” di zio Ozzy (la strofa di “Incantation”) e un classico indie rock degli anni 2000, il periodo di esplosione dei The Subways. Ventitré anni di carriera e sono ancora relativamente giovani (la media anagrafica della band agli inizi era 16 anni). Menzione d’oronre per “Futures”, che nella seconda parte sembra uscito dai Silverchair. “Uncertain Joys” è un album di ennesima conferma, alla fine dei conti ben confezionato e pensato. Un tempo l’avremmo definito un “lavoro di maniera”. Voto: 6,5, furbi come delle faine
You Me At Six – :mydopamine:
La differenza tra rimanere uguali a sé stessi e il rimanere fedeli a sé stessi è labile, quasi inconsistente (all’apparenza). Gli You Me At Six giocano pericolosamente su questo sottile confine, sempre in bilico tra un reboot di The O.C. e una scena tra pathos e delirio delle ultime stagioni di Smallville. Il buono di “:mydopamine:” è l’essere un EP, quindi chi li odia da tempo può ascoltarli in venti minuti circa per vedere se hanno fatto qualcosa di quantomeno sopportabile. Il resto dei fan, invece, saranno contenti. Come al solito. Voto: 6, Netflix vibes
Ava Max- Diamonds & Dancefloors
Molti la paragonano a Lady Gaga (dalla quale, in effetti, si ispira dichiaratamente), ma è indubbio che Dua Lipa abbia creato tanti piccoli simpatici cloni. Ava Max non è pienamente un clone, ma spesso cade nel tranello. Il risultato è un pur buon album di dance pop, prodotto divinamente (grazie al ca… volo, c’è lo zampino di Cirkut, produttore di Rhianna, Britney Spears, Katy Perry e altri pezzi da novanta), con linee vocali interessanti e delle vibes da dancefloor tra 80 e 90. Se smettete di guardare la copertina e vi concentrate un po’ sul cantato, alla fine della fiera anche i testi non sono poi così male (amori spezzati, tentativi di andare avanti eccetera, ma descritti non così stucchevolmente come avrei temuto). Voto: 7, shakero i fianchi come Sandra Milo
Eagle-Eye Cherry – Back on Track
Tutti abbiamo una croce. La sua è “Save Tonight”. Perlomeno, qui in Italia Eagle-Eye Cherry è stato uno di quei bellissimi meteoriti del periodo di “Glorius” di Andreas Johnson, “Sitting Down Here” di Lene Marlin e “Blue” degli Eiffel-65. Poi il nulla (da noi, per noi). Pur non essendo molto stabile nelle pubblicazioni (dal 2003 al 2012 non ha realizzato nulla, se non qualche comparsata in televisione), lo scandinavo si è sempre barcamenato in produzioni dignitose, lontane dai successi mondiali, ma degne di almeno un ascolto. Non fa eccezione “Back on Track”, gradevole come-back anche piuttosto vario negli stili e negli arrangiamenti. “All you got” si candida come prossimo brano per uno spot di un suv elettrico. Voto: 7, c’è anche se non lo vedete
VV – Neon Noir
Ville Valo ha posto fine agli H.I.M. perché non avevano più nulla da dire. Ora, dopo qualche assaggio sparso negli ultimi anni, ecco il risultato della sua rediviva vena artistica. VV non è null’altro che il suo progetto solista e “Neon Noir” suona esattamente come un album degli H.I.M. con un batterista meno burbero e un chitarrista leggermente più docile (la title track sembra una reinterpretazione di “Wings of a Butterfly”). I suoni, le tematiche, i tastieroni che ogni tanto compaiono, sono gli stessi. La voce (e la faccia) di Valo, identica, forse più in forma di dieci anni fa. Per i nostalgici sarà un bel sentire, per gli altri sarà un “Ah, sono tornati gli H.I.M.?”. Per altri ancora sarà “Oddio, scusate, ho avuto una botta di sonno”. Voto: 7-, dolce colpo apoplettico
Steve Vai – Vai/Gash
Non ci sono trecentocinquanta note sparate alla velocità della luce e con una pulizia che Mastro Lindo spostati. Non c’è quella sensazione di inferiorità che provi ogni volta che ascolti Steve Vai e vorresti bruciare l’hukulele che stai imbracciando. Qui c’è un bel rock stile anni ‘70 registrato nel 1991. Sembra una supercazzola, ma è così. Alla voce, un amico che non c’è più e a cui Steve teneva moltissimo. Anche per questo solo ora ha avuto la forza di pubblicare questo album, incentrando tutta l’attenzione però su Johnny “Gash” Sombrotto, suo amico con voce davvero notevole. Otto pezzi sinceri, senza fronzoli, nati per cazzeggio e per divertirsi come quando i due erano ragazzi. Notevole, pur fermo nel suo tempo. Voto: 7,5, Harley-Davinson, audiocassetta e capelli al vento
Anti-Flag – Lies They Tell Our Children
Hanno ancora senso di esistere gli Anti-Flag? Siamo nel 2023 e loro suonano esattamente come nel 2012, solo con una produzione migliore. La risposta è sì, se siete in crisi d’astinenza. Onorevole tentare di scrivere ancora album pseudo-punk con riferimenti socio-politici, un po’ meno quel piglio da eterni ventenni che inizia a stonare un po’, se non altro perché spesso si ha la sensazione che tentino di tirar fuori un anthem a tutti i costi. Voto: 5,5, in memoria dei tempi coi capelli
Rose Villain – Radio Gotham
La sua storia è stranissima: milanese classe 1989, si è diplomata a Los Angeles al conservatori odi musica contemporanea Musicians Institute specializzandosi in musica Rock, ha ilitato in una band punk rock, poi si trasferisce a New York e studia a Broadway. Poi un po’ di singoli sempre made in USA, collaborazioni con Salmo e ora il debutto italiano. Studiato un po’ il suo background, capisco perché, al di là del genere, questo “Radio Gotham” non è spazzatura come potrebbe sembrare all’inizio. Chiariamoci, non siamo dinanzi a un capolavoro, ma il mio stereo è ancora qui, sul mobiletto, e non in volo dal quinto piano di un palazzo bolognese. Voto: 6,5, diamo a Rose Villain quel che è di Cesare
Liede – Testacoda
Un po’ dance, un po’ pop soft. Un po’ così così. “Metti che chiudo gli occhi e mastico il paradiso”, ma io mastico un po’ d’amarezza, perché le basi sono interessanti. Non basta il feat. con Samuel in “Sogni Randagi” per risollevare una situazione di potenziale ancora non espresso completamente. Voto: 5, “Dai dai dai”
Samuel – La cena del tempo
Diciamo che è sperimentazione elettronica. Diciamo anche che non è poi così male, con quegli innesti da voce femminile lirica che ogni tanto sono da WTF. Poi ragioni e ricordi che questa di samuel è una rielaborazione di un suo lavoro sonoro di uno spettacolo teatrale. “Una fiaba elettronica, ispirata ad Antonio Vivaldi”. Samuel ha lavorato seguendo gli spartiti del “Prete Rosso” “per trasformarli in un’opera sonora tra musica elettronica e barocca”. Il tutto è studiato bene, non perché è “quello dei Subsonica”, ma perché non c’è nulla di apparentemente fuori posto. Tutto molto straniante, ma in senso positivo. Voto: 7+, Hall 9000 destruttura la musica barocca
a cura di
Andrea Mariano
Seguici anche su Instagram!