Alestorm e Gloryhammer – Alcatraz – 1 febbraio 2023

La serata del 1° febbraio a Milano è stata a suon di martelli del potere e bicchieri di rum tra i peggiori filibustieri, grazie al concerto degli Alestorm e Gloryhammer presso l’Alcatraz di Milano
A scaldare la temperatura prima degli headliner Gloryhammer e Alestorm, ci hanno pensato i Wind Rose e i Rumahoy vestiti con costumi alla Pirati dei Caraibi e brani dai peggiori bar di Tortuga, regalando emozioni ai primi arrivati. L’odore di alghe e mare era già nell’aria (o forse era odore di sudore? ndr), con grappoli di persone già appollaiate sulla ringhiera del bar o posizionate sottopalco, in attesa dei filibustieri Alestorm.
Non si capiva bene in quale pianeta fossimo capitati. Fra pirati che sguainavano spade, costumi da carnevale da papere giganti o unicorni, e peluche di squali e animali marini agitati nell’aria, l’Alcatraz era letteralmente invaso da una fauna di un pubblico diversificato in outfit, stili, nazionalità, età e… folli, che hanno reso sin da subito l’atmosfera goliardica.

Thor, spostati! Arrivano i Gloryhammer!
Con in mano una fredda birra, come freddo altresì era il sudore a vedere il prezzo pagato per acquistarla, ci si prepara per assistere allo spettacolo power metal dei Gloryhammer: band anglo-svizzera fondata da Christopher Bowes tastierista e compositore, nonché cantante degli Alestorm.
Sul palco già addobbato dalla rossa scenografia di una sagoma lugubre fantasy (Sauron sei tu?), si palesa – senza una motivazione ben chiara- un cartonato di Tom Jones trasportato da alcuni roadies, che per 3 minuti delizia i presenti con il suo brano “Delilah”, generando onde umane con persone fluttuanti che si abbracciano felici. Ma questa scenetta dolce e colorata si interrompe ben presto con l’arrivo dei membri della band che, uno ad uno, salgono sul palco verso il centro come fossimo finiti dentro uno spettacolo teatrale o cosplay del Lucca Comics, visti i loro costumi scenici.

Sin dai primi brani, le chitarre, bassi e tastiere e cori di Bowes capitanati dalla voce possente del frontman Sozos Michael dominano la scena, portandosi a casa la grande partecipazione canora del pubblico che ripete insieme a loro “In hoots we trust. In hoots!”. A questo inizio epico segue una scenetta fantasy con l’entrata in scena del famoso martello dei Gloryhammer, che viene usato dal cantante per uccidere un goblin che entra di colpo sulla scena, aggiungendosi alla già bizzarra fauna del pubblico con costumi e oggetti di ogni tipo!
“Milan, it’s okey if we never come back to Alcatraaaz?”
James Cartwright – bassista Gloryhammer
> “NOOOOO”.
“OOOkey, you convinced us! Then, it’s ok if we may come back this summer with a new album release? And it’s oke if you now listen one of the new song?”.
Dopo un boato incitante, i Gloryhammer ci presentano in anteprima uno dei brani del nuovo album “Keeperof the Celestial Flame of Abernethy” prima di salutarci con i loro brani più famosi “The Unicorn Invasion of Dundee” e “The National Anthem of Unst”.
Che bel momento power metal, grazie Gloryhammer!
La scaletta dei Gloryhammer
- Delilah (Tom Jones song)
- Into the Terrorvortex of Kor-Virliath
- The Siege of Dunkeld (In Hoots We Trust)
- Gloryhammer
- The Land of Unicorns
- Fly Away
- Also sprach Zarathustra (Richard Strauss song)
- The Hollywood Hootsman
- Legend of the Astral Hammer
- Keeper of the Celestial Flame of Abernethy (New song)
- Masters of the Galaxy
- Hootsforce
- Angus McFife
- Universe on Fire
- The Unicorn Invasion of Dundee
- The National Anthem of Unst
Attese fra papere giganti e fantasy…
Dopo l’alto hype portato dai Gloryhammer, è il momento del cambio scenografia della serata per l’arrivo degli Alestorm che non poteva essere da meno! Dopo qualche minuto, alcuni membri della crew portano sulle spalle una gigante papera gialla gonfiabile con la benda piratesca sull’occhio, di cui è simbolo della band.

Come si potrà intuire, il resto del concerto poteva solo essere una pazzia continua, con un bellissimo sketch regalatoci da un fan con costume da papera, che non è rimasto inosservato dal tecnico delle luci degli Alestorm (anch’esso travestito da papera). Quest’ultimo decide quindi di regalarci una bellissima scenetta-battaglia di luci che illuminavano a strobo il fortunato fan, che a sua volta incitava il tecnico con gestacci per provocarlo.
Preparate il rum, arrivano i pirati verde fluo!
Si abbassano le luci, e con la carica di un cannone fanno capolino sul palco gli Alestorm con un outfit decisamente bizzarro, e soprattutto, tutto coordinato verde fluo. Da Chris Bowes con cappellino a visiera stile paninaro di Miami, a Bobo alla chitarra con shorts del costume da bagno e chitarra anch’essa verde fluo, il tastierista Vernon a petto nudo con tastiera inclinata, e il bassista Murdock con maglia trash piratesca.
Il concerto della band scozzese si apre con, “Keelhauled”, uno dei loro primi brani super energico, per far capire da subito chi comandasse i mari dell’Alcatraz. Il concerto prosegue con tutte canzoni da veri pirati, con il brano “Under Blackened Banners” del nuovo album “Seventh Rum of a Seventh Rum” uscito lo scorso luglio, di cui avevamo redatto la recensione qui. Tutti in coro ripetevano insieme alla folla “We are the brotherhood of pirates” come una sorta di rito di iniziazione.

Ogni brano è energia pura, con un genere totalmente piratesco fra power metal e folk metal che fa emergere la loro follia (o genio) nel creare scenografie da veri mascalzoni del mare!
L’energia della serata è sempre stata massima brano dopo brano, anche se l’apice di coinvolgimento si presenta con l’esecuzione dei brani centrali “Alestorm”, anima della band e “Cannonball” generando un vero e proprio caos con persone in continuo stage diving sguainando le loro spade da pirati. Tutto folle e non previsto, eppure sembrava così tutto tremendamente giusto. Che spettacolo!
Spaghetti & P.A.R.T.Y. di chiusura!
La follia degli Alestorm trasuda ovunque, dagli outfit, alle scenografie di papere e la presenza di calamari giganti in “Death Throes of the Terrorsquid”. Il tutto insieme a continui balli e movenze della band e soprattutto dei fan! Verso la fine, un membro della crew Alestorm arricchisce la serata già carica emozioni con uno sketch, deglutendo in 10 secondi una bottiglia intera di vino, per poi travestirsi di lì a poco in un calamaro da sconfiggere, un uomo con passa montagna e infine una “graziosa” donzella col vestito a fiori…
“Italy, now we invite here on the stage our personal chef to make our favourite dish, spaghetti with sauce, in the real Italian receipt! Now we take some spaghetti, we cut them… and now some very home made sauce, with Ketchuppp”
Chris Bowes – Alestorm frontman (ovviamente uno sketch ironico per i fan italiani)
Con i brani di chiusura della serata tratti dal nuovo album, arrivano “P.A.R.T.Y”, “Magellans Expediction” e “Zombies Ate My Pirate Ship” e “Fucked With an Anchor” (con tanto di peluche a forma di ancora, per aggiungere elementi alla serata). Ma non è finita qua, perché gli Alestorm non finiscono mai di sorprenderci, regalandoci l’ultima delle loro follie per chiudere in bellezza: parte la sigla italiana di “Duck Tales”, lla serie animata americana dei baby paperi Disney di fine anni ’80 che porta il sorriso incredulo dei fan in procinto di uscire. Il tutto mentre il frontman decide di provare anche lui lo stage diving seppur la fine della serata fosse ormai decretata…

Una serata da veri pirati, sirene e mascalzoni senza annoiarsi mai! Si potrà sperare in una canzone presente come colonna sonora del nuovo episodio di Pirates of Carribean 6 in produzione con la re- introduzione di Johnny Depp? Io ci spero e credo davvero!
Alestorm, non vedo l’ora di rivedervi!
Ecco la scaletta degli Alestorm
- Keelhauled
- Pirate Metal Drinking Crew
- Under Blackened Banners
- The Sunk’n Norwegian
- Alestorm
- Cannonball
- Hangover (Taio Cruz cover)
- Magellan’s Expedition
- Mexico
- Tortuga
- Nancy the Tavern Wench
- Rumpelkombo
- Shipwrecked
- P.A.R.T.Y.
- Shit Boat (No Fans)
Encore - Drink
- Zombies Ate My Pirate Ship
- Fucked With an Anchor
- Duck Tales
a cura di
Francesca Bandieri
foto di
Mirko Fava