Addio a Pelè, la leggenda del calcio

Addio a Pelè, la leggenda del calcio
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Pelè non c’è più, accompagnato all’uscita da un brutto male. Ma rimarrà per sempre la leggenda di un icona straordinaria al di fuori del tempo.

Edson Arantes do Nascimento non c’è più. La Perla nera, o O Rey, per tutti, semplicemente, Pelè, è scomparso lo scorso giovedì 29 dicembre all’età di 82 anni, portato via da un brutto male che negli ultimi tempi ne aveva aggravato pesantemente le condizioni. Se la corsa terrena di Pelè si è conclusa, però, quello che non morirà mai è la sua leggenda: la leggenda di un fenomeno, simbolo di un popolo, di un movimento e di un intero sport, capace di unire tutti nell’ammirazione di ciò che è stato.

Pelè è entrato nella dimensione della leggenda

Pelè non c’è più, tra i mortali. Adesso, infatti, l’asso brasiliano è passato in un’altra dimensione, quella delle leggende. Ha raggiunto altri colleghi altrettanto mitologici: dai vari Mazzola, Puskas, Di Stefano e Garrincha sino al “rivale” (solo per i media e per una parte dell’opinione pubblica) Maradona. Eh già, Maradona. Forse è stata proprio la sua apparizione a rendere ancor più leggendario Pelè. Perché ne ha alimentato il mito facendo sorgere l’interrogativo su chi sia stato il migliore di tutti i tempi tra i due. Un interrogativo (spoiler) a cui non ci sarà mai una risposta definitiva: perché entrambi hanno incarnato, in tempi e modi diversi, il meglio della loro epoca, tutto condensato in due soli piedi. Come mai nessun altro nella storia.

L’Italia sfiorata dopo il Mondiale del 1958

La carriera di Pelè la conoscono probabilmente tutti. Una vita al Santos, il tramonto della carriera al New York Cosmos, in quegli Usa dove il calcio professionistico è ancora pionieristico e dove figure come la sua (e quelle di altre stelle, come Beckenbauer) servono ad accrescerne la popolarità. L’Europa è solo sfiorata: Moratti padre, patron dell’Inter all’epoca del Mondiale del 1958, prova a cucire addosso a Pelè la maglia nerazzurra. Ci va molto vicino: l’affare è concluso, ma in Brasile scoppiano rivolte contro la sua partenza e Moratti rinuncia all’operazione.

Svezia 1958, Pelè si svela al mondo

Proprio il Mondiale di Svezia del 1958 è quello che svela al mondo Pelè. L’asso brasiliano ha all’epoca soltanto 17 anni, ma prende per mano i verdeoro e conquista da protagonista il primo mondiale della sua carriera e della storia della nazionale sudamericana. Ne seguiranno altri due, in Cile nel 1962 e in Messico nel 1970. Per rivincere il titolo, i brasiliani dovranno attendere altri 24 anni: nel 1994 è la finale contro l’Italia, decisa ai rigori, a consegnare il Mondiale a Romario e compagni, mentre nel 2002 sono le giocate di Ronaldo a rendere il Brasile pentacampione. Esiste quindi un Brasile prima di Pelè e un Brasile post Pelè. E basterebbe questa considerazione a definirne la grandezza.

Adeus, O Rey

La vita terrena di Pelè è finita, ma adesso O Rey è entrato per sempre in un’altra dimensione. Quella della leggenda, eterna, senza tempo. Dove non esistono i confronti, dove non c’è uno più forte dell’altro. E dove Pelè sarà ricordato per sempre, al pari di Maradona, Mazzola, Puskas e tutti gli altri, semplicemente, come – per l’appunto – una leggenda.

A cura di
Epifanio Romano

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