“In viaggio da sempre”: il nuovo singolo dei Rio feat. MCR
“In viaggio da sempre” è il nuovo singolo dei Rio con i Modena City Ramblers uscito il 7 ottobre su tutte le piattaforme
Abbiamo incontrato Fabio Mora, frontman dei Rio per fare una bella chiacchierata sul nuovo brano, ma anche su tante altre cose.
Ciao Fabio ben trovato, “In viaggio da sempre” è il titolo del vostro nuovo brano, ma dopo 20 anni i Rio sono ancora in viaggio da sempre?
Penso proprio di sì altrimenti non avremo scritto la canzone, che è nata in un momento dove abbiamo preso una decisone molto forte per noi che è quella di fermarci. Ma penso che il cuore, lo stomaco e il cervello rimarranno comunque in viaggio, come ho scritto in un post all’uscita appunto del singolo: ho chiesto alle persone di ricordarci con questa canzone, di ricordarci in viaggio da sempre e per sempre, perché comunque nasceranno altri progetti dove sicuramente acquisteremo altre sfumature, poi chissà magari ci potrebbe essere anche un ritorno a casa un giorno.
Quindi il viaggio non si ferma mai?
Mai, guai a fermarsi, sarebbe come morire spiritualmente e musicalmente. La nostra è una scelta consapevole in un momento tosto della musica, dove noi abbiamo bisogno di fermarci, perché abbiamo buttato l’occhio su altre cose, abbiamo altre esigenze, siamo più adulti, siamo più grandi e al momento i Rio si devono fermare.
Sicuramente creativamente e artisticamente abbiamo ancora tantissimo da dare, però c’è bisogno di un momento dove sappiamo che la band sarà ferma lì ad aspettare. Sarà come uno spirito ribelle che viene messo in gabbia per un po’, poi magari nel momento più opportuno lo ritireremo fuori, come la macchina da corsa che rimane calda e aspetta che ci sia la gara giusta.
Mettiamo che tu non sia Fabio Mora, stai parlando con un amico e dici “Sai? Ho ascoltato la nuova canzone dei Rio e parla di…”
La canzone è stata scritta di getto, al dire il vero parla di tante cose tipo di questo momento, dove la musica non vive il suo momento migliore.
Racconta però l’aspetto spirituale del musicista, di quello che gira tanto, di quello che si è accorto che per imparare davvero una cultura deve sedersi a tavola con le persone.
La tavola è quel posto dove si decidono le cose più grandi come le più piccole, e anche solo dal semplice gesto dello spezzare un certo tipo di pane, puoi capire tantissimo della cultura e da una lingua che magari non conosci, parlandosi solo attraverso gli occhi.
Il pezzo parla di questo, parla di questo momento storico che stiamo vivendo della guerra vicino ad i nostri confini, dove magari conoscendo, capendo di più lo spirito di una nazione, si potrebbero comprendere di più alcune cose della nazione stessa e magari filosoficamente parlando sedendosi ad un tavolo, davanti allo spezzare di un pane, spiritualmente si creerebbe un momento consono alla condivisione piuttosto che alla controversia, si potrebbero trovare più punti di incontro per trovare una via d’uscita su tante cose.
E proprio seguendo questa linea è stata realizzata questa intervista, alla “vecchia” (vecchia maniera) come direbbero loro, nel centro di Rubiera che di sabato come oggi è avvolta dal mercato seduti in un bar, a guardarsi negli occhi, in mezzo alla gente che passa, salutano e fanno i complimenti a Fabio, ma continuiamo con le sue parole.
La canzone in realtà è molto semplice, ma tocca diversi argomenti, come lo stare fermi e non fare niente: si rischia poi di cadere nel baratro, “di stare fermi in bilico nell’universo” dice il brano. Non succede niente, non accadono le cose, la cosa importante è viaggiare ed imparare a conoscere le varie culture. Il brano parla di questo, del musicista che viaggia sempre, ma chiunque che ami viaggiare o che ha la voglia di aprirsi ad altre culture ci si può identificare.
Come mai avete scelto proprio i Modena City Ramblers per questa collaborazione?
Questa amicizia con i Modena è un’unione che con alcuni di loro dura da anni. Tra l’altro Fabio Ferraboschi (Bronsky) ha prodotto il primo disco dei Modena, è un gruppo che bene o male ha gravitato sempre intorno a noi, e poi comunque è emiliano, sono amici di strada, quindi quale connubio migliore per un brano così, che racconta la figura del musicista che gira il mondo? Tanto è vero che loro adesso sono in Sud Africa a suonare al festival di Peter Gabriel.
Ci sembrava giusto chiudere un cerchio nostro, con un segno di amicizia che andasse oltre la musica ma arrivare a capire il mondo di un’altra persona e loro ci sembravano i compagni perfetti per affrontare questo nuovo viaggio. Hanno accettato con gran piacere questa collaborazione, il difficile è stato realizzarlo perché loro sono sempre in giro.
Quando Alberto Morselli (ex cantante dei MCR) ha deciso di lasciare il gruppo, sono stato chiamato a rimpiazzarlo. Non ricordo quanti anni fa, ma mi ricordo che mi chiamò direttamente a casa Cisco Bellotti e mi chiese se volevo fare un provino con i MCR (Fabio continua ridendo, ndr)! Questa cosa la volevo raccontare da sempre.
Questa collaborazione è stata l’occasione giusta per chiudere il cerchio con loro facendo un brano insieme.
Insomma, un Reggiano che si sente un “Delinqueint ed Modna”
È stato facile trovare un punto d’incontro nella scrittura tra italiano e dialetto?
È nato tutto molto naturalmente, anzi all’inizio la cosa subito mi ha spiazzato perché la prima proposta che “Dudu (Voce dei MCR) mi ha fatto mi ha chiesto è se poteva interpretare la canzone con il dialetto modenese. Io, essendo 20 anni che scrivo testi in italiano e abituato ad un canale più pop, l’ho subito trovata un’idea un po’ bizzarra.
Però col senno di poi, penso sia un arricchimento a quello che si racconta all’interno del testo, appunto riallacciandomi alla domanda di prima, un’altra lingua. È praticamente un pezzo dove si parlano due lingue. Sì, è italiano, ma è un dialetto, quindi non è per tutti e anche quello, il fatto di avere accettato il compromesso di inserire il dialetto all’interno della canzone, diventa sempre più un occhio verso un’apertura, verso qualcosa di diverso, racchiusi in 4 minuti di canzone dove davvero si aprono tanti mondi.
Questa cosa del dialetto alla fine è risultata vincente perché quando l’ascolti sembrano due mondi che si fondono pur raccontando le stesse cose. La meraviglia è che Dudu ha trasportato in dialetto quello che racconto in italiano, però raccontandole in dialetto gli ha dato un immaginario ed un sapore completamente diverso e questa è una cosa bellissima, è la vera sorpresa.
Dall’italiano al dialetto
Ho una frase che mi si è inchiodata nella testa: “con al pezzi in dal cul” che è la trasposizione di una frase detta in italiano, “senza denti e senza le scarpe”, ma in dialetto diventa ancora più forte. O come “gira e rigira sono in viaggio da sempre, tra polvere e vento sotto il sole rovente, conoscere il mondo ed incontrare gente” e lui ha scritto “prela do volti te seimper in gir, alla randa dal sol o quand a sbraia tempesta”, qualcosa di veramente poetico.
Addirittura quando ho acquistato il brano ieri, – sì perché l’ho acquistato – ascoltandolo ho sentito che il dialetto è veramente potente, sembriamo il diavolo e l’acqua santa. Sarebbe bello sentire il brano con i diversi dialetti, visto che abbiamo amici sparsi in tutta Italia, ad esempio il pugliese dei nostri fratelli Sud Sound System.
Noi come Rio abbiamo dato la base, la sonorità. Il brano è molto attuale ma si fonde bene con il mondo MCR con l’inserimento del flauto, della fisarmonica, del violino e del mandolino, danno al brano un’identità fortissima. Noi abbiamo costruito una base ritmica pensando a loro, dove poter inserire il mondo MCR, una base ritmica non nuova sia per noi, che per loro ma suonata cosi sembra qualcosa di originale, una base pop con sopra il folk irlandese dei MCR.
Seguirà un videoclip?
Nei prossimi giorni è prevista l’uscita anche del video ufficiale, lunedì andrò a seguire il montaggio (Fabio Mora ha curato quasi se non tutti i videoclip dei Rio, ndr) e fra una manciata di giorni, uscirà il video di questi pazzi che cantano, suonano e ballano all’interno di un non si sa bene cosa.
Siete partiti ad inizio giugno con “L’ultima rivoluzione Tour”, l’ultima estate per vedere i Rio sui palchi, l’uscita di questo brano non è un segnale di continuità, più che di chiusura di un ciclo?
È forse una non capacità di dire addio, come il non lasciare andare un amore, o peggio qualcuno che ci lascia per sempre, è comunque una voglia di far vedere che il gruppo è vivo, ma è un progetto che ha bisogno di fermarsi, per rischiarire il cielo, togliere le nubi metaforicamente parlando che sono apparse nella volta celeste.
Abbiamo bisogno di ricercare, nonostante abbiamo molte idee nate a cavallo di un’emozione molto forte che stiamo per raggiungere, che sarà la data del 18 novembre al Vox.
La vedo come quando un malato terminale sta bene negli ultimi giorni di vita, ma il suo percorso arriva fino a lì.
Io credo molto nell’energia, adesso c’è bisogno di ricaricare un immaginario, un mondo che ha dato tanto e lo abbiamo dimostrato regalando tutt’ora delle cose, che sono andate al di là della nostra immaginazione. Penso non ci sia un’altra band che dice addio, e fa tutto quello che abbiamo fatto noi, ma i Rio sono sempre stati un mondo particolare una band a se.
Penso che però prima di ricomunicare ancora qualcosa, come quello che abbiamo dato noi per vent’anni, c’è bisogno di immagazzinare qualcosa di nuovo, di vivere esperienze diverse anche singolarmente. Anche se non sembra, l’uscita di un album e di questo brano in collaborazione ha richiesto un dispendio di molte energie, ma lo abbiamo fatto perché c’è amore per quello che facciamo da sempre e verso chi ci ha seguito per una vita e vogliamo dimostrare al nostro pubblico che gli vogliamo bene, e che ci siamo.
Appunto il 18 al Vox ci puoi spoilerare qualche sorpresa?
Allora se ti dico “che surpresa ela”?
MEI premio per i 20 anni di carriera com’è stato ricevere il premio? Hai pensato cosa già 20 anni?
Sai che per me è stato un soffio, mi ha fatto sorridere come dicevo sul palco al MEI ricevere un premio per qualcosa che tu hai fatto con amore, mentre c’è gente che va giù in miniera e nemmeno li guardano in faccia, oppure come Alessandro Gattafoni che fa una cosa meravigliosa e fai fatica a parlare di quella cosa lì (Alessandro 35enne malato di fibrosi cistica, ha realizzato una traversata in kayak da Civitanova alla Croazia per sensibilizzare questa malattia, i Rio lo accompagnano con il brano “Naufrago”)
È stata una bellissima cosa riceverlo e ne siamo felici in questi 20 anni abbiamo cercato di dare il massimo e di spargere più amore, positività ed energia possibile da tutte le parti, e per tutti quanti. Poi comunque per me non è un arrivo, non si ferma qua.
Parli di amore, ti senti responsabile di aver fatto innamorare coppie durante i vostri concerti, o concepimenti con colonna sonora i Rio?
Tantissimi ci hanno detto di essersi sposati con le nostre canzoni, altri si sono fidanzati ai nostri concerti, anche Gio ha trovato la fidanzata con i Rio. Altri, per fortuna di meno, si son divisi con sottofondo le canzoni dei Rio; mi scrivevano anche “Mi spiace non riesco più ad ascoltarvi perché le vostre canzoni mi ricordano un grande amore” però ci sta fa tutto parte della vita, e poi sono nati dei bambini e stanno crescendo con in sottofondo la musica dei Rio.
Come ci sente ad entrare vita di qualcuno con la propria musica e saperne di farne parte?
Me ne rendo conto quando mi scrivono privatamente, e per fortuna mi hanno scritto in tanti in questi anni, lo vedi dai concerti.
Dalla gente che viene a vederti ed ascoltarti dopo vent’anni è la conferma che qualcosa di buono lo hai lasciato, è bellissimo sapere che quello che hai dentro che provi per qualcuno, per un mestiere, una passione, la riesci a trasmettere è inspiegabile questo ringrazio chi mi ha dato questo dono, chi mi ha dato la fortuna di essere parte dei Rio.
Ringrazio tutte quelle persone che hanno costruito la storia di questo gruppo, da Marco a Cesarino Barbi a Tony Farinelli, che hanno creato questi vent’anni di musica perché anche loro ne sono stati artefici, anche se poi hanno scelto altre strade, sapere che comunque dopo vent’anni anche se non sei in vetta alle classifiche ci sono ancora tanti, che ti scrivono cose bellissime pensieri bellissimi, come l’altra sera mi hanno scritto un messaggio bellissimo su un foglio gigante e mi sono anche commosso di una ragazza che gestisce una web radio.
Mi meraviglio ancora e lo trovo incredibile di essere riuscito e riuscire ancora a trasmettere quello che provo, è una cosa che non si può spiegare la puoi solo vivere.
Hai mai pensato di scrivere un libro?
Me lo hanno già chiesto diverse volte di scrivere un libro, ma io è già molto se scrivo canzoni. Abbiamo fatto come Rio una Bio Fotografia qualche anno fa, ma da lì a scrivere un libro vero e proprio… Anche perché il mondo dei Rio io lo vedo con immagini, mare, sole, colori… Molto spesso riesco a comunicare più con un’immagine che con una pagina di parole. Ecco, forse Bronski sarebbe più adatto, (Fabio continua ridendo, ndr) ma giustamente lui dice che non siamo arrivati così in vetta da scrivere un libro storico dei Rio.
Il nostro tempo con Fabio purtroppo è terminato, quando parli con lui il tempo si ferma, ma so che ci rivedremo presto, sicuramente il 18 novembre al Vox di Nonantola, con “In viaggio da sempre” imparata a memoria!
Ragazzi, correte ad ascoltarla!
a cura di
Enrico Ballestrazzi
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