“Singin’ in the rain”, il cinema che omaggia se stesso
“Singin’ in the rain”, opera cinematografica del 1952, di Donen e Kelly, è un film capace di far luce su un periodo storico rivoluzionario e complesso del panorama cinematografico, mostrando in chiave comica le svariate difficoltà riscontrare, dopo più di trent’anni di cinema muto, nell’approccio di un nuovo cinema sonoro.
“Singin’ in the rain” di Stanley Donen e Gene Kally è quell’opera a cui poter far riferimento per assaporare un periodo storico pregno di fascino. Durante la fine degli anni Venti il cinema si accingeva a divenire sonoro, cosicché ogni cosa dovesse essere nuovamente ripensata, come la recitazione, l’utilizzo di nuovi macchinari e i movimenti di macchina.
Gli ultimi anni Venti furono un periodo complesso, anche per il mestiere di molte personalità di spicco. Non tutti seppero abituarsi al cambiamento avvenuto, difatti alcune grandi personalità si sentirono costrette ad allontanarsi dall’arte cinematografica o perseguire comunque sulla strada del muto.
La storia e le riflessioni sulla parola
La storia del film tratta di un giovane attore di nome Don Lockwood (interpretato da Gene Kelly), che tenta la fortuna nel cinema una volta ingaggiato per affiancare l’attrice Lina Lamont (interpretata da Jean Hagen) in un muto. La storia vedrà Lina innamorarsi del giovane, confondendo la vita reale con quella divistica. Don, d’altro canto, si innamorerà di Kathy Selden (interpretata da Debbie Reynolds), una giovane talentosa cantante e ballerina.
In questo quadro si può osservare lo sfondo di quegli anni messi in risalto, i quali mostrano le molteplici difficoltà riscontrate durante il passaggio dal film muto a quello sonoro.
Interessante è puntare i riflettori sulla riflessione svolta da Kathy, riguardo ai film muti. Done e Kathy, al primo incontro si imbattono infatti in una discussione che vede il valore cinematografico messo al centro del dibattito.
Il tema su cui i due riflettono fa leva sui limiti imposti dalla scarsa tecnologia di cui il cinema ne è il frutto. Kathy, in quanto attrice teatrale, cerca di mostrare l’importanza di una narrazione parlata, mostrando come la parola sia indubbiamente il cuore del racconto. Questo discorso porterà il protagonista Don a ripensare il suo valore attoriale e l’allontanamento progressivo da futili apparenze divistiche.
Passaggio al sonoro e l’importanza dell’apparato divistico
È nel momento in cui si scoprono nuovi metodi per la creazione di film sonori che la narrazione comincia a mettere in scena tutte le difficoltà riscontrate durante la produzione.
Ciò che viene fin da subito messo in evidenza è la voce della protagonista Lina. La diva amata dal pubblico risulta avere un timbro di voce molto sgradevole tanto da compromettere la sua popolarità e l’affetto del pubblico. Vengono oltretutto messi in evidenza e sottolineati i problemi tecnici dell’approccio al nuovo mezzo.
Sarà il timore di rovina della casa di produzione e della compromissione della star principale che porterà la troupe a ricercare una sistemazione. Si scoprirà, così, il sistema del doppiaggio, che permetterà alla protagonista Lina di possedere una voce melodiosa, data in prestito dalla cantante Kathy.
Il ruolo del suono diviene fondamentale per l’intero successo del film, rimarcando quella che era l’importanza dell’impianto divistico e di come questo fosse fondamentale per la pubblicità dell’opera.
Conclusioni: il trionfo del suono
Il finale del film vede la realizzazione e il trionfo del sonoro. Il pubblico scopre l’artificio dietro la narrazione omaggiando lo spettacolo con un applauso generale per la nuova scoperta: l’arte della parola. “Singin’ in the rain” è un’opera cinematografica che racconta magnificamente e in modo bizzarro la propria grande storia.
a cura di
Valentina Vitrani
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