Eugenio Rodondi, basta con il narcisismo musicale

Eugenio Rodondi, basta con il narcisismo musicale
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“Cosa succederebbe se pubblicassi le mie canzoni e non fossi io a cantarle?”: Eugenio Rodondi prova a dare risposta a questo quesito, pubblicando due tracce in cui non compare, se non in veste d’autore

Eugenio Rodondi scompare in veste di cantante per ricomparire come autore in due tracce “Tatuaggio” e “Uragano“.

In un momento storico in cui la musica si basa tutta sul personaggio del cantante, Eugenio Rodondi ribalta questa ossessione per l’ego e si eclissa nelle sue stesse canzoni. A cantare sono infatti due voci femminili: Bianca Lombardo e Rossana De Pace.

La scelta artistica di Eugenio Rodondi ha quindi dietro un preciso ragionamento politico e musicale. Vuole abbattere stereotipi di genere ma anche combattere il narcisismo dilagante nel mondo della musica.

Com’è nata questa idea di passare da cantante ad autore? Ovviamente gli autori esistono da sempre, ma la tua scelta di “scomparire” è proprio ragionata. Mi sembra un concetto che riprende molto l’arte contemporanea, quando l’artista inizia a lasciare di sé solo l’idea e poi la realizzazione pratica viene invece delegata a qualcun altro.

In realtà io vengo dal mondo dell’arte, ho frequentato l’Accademia a Torino. Quindi potrebbe essere che in qualche modo questo discorso c’entri qualcosa.

Ad esempio ricordo di essere andato andato con il mio professore di scultura a vedere la realizzazione del dito di Cattelan. Non mi aspettavo che la statua di un artista come Cattelan la facessero sei operai. Non voglio dire che il discorso sia partito da lì, ma sicuramente è uno degli spunti che hanno agito.

Infatti un’altra cosa che mi ricorda questa scelta è la provocazione fatta da Piero Manzoni quando con la sua “merda d’artista” vuole un po’ prendere in giro il ruolo dell’artista nella società e l’estrema importanza che aveva assunto.

Infatti il discorso è partito anche dai social. Uso i social ma non faccio parte di quella generazione che ci è nata, mi faccio sempre mille remore prima di fare un post. Nella musica l’apparire dovrebbe passare in secondo piano, invece a me sembra in primissimo piano.

Ovviamente quando hai più visibilità puoi fare un pezzo minore che risulterà molto più potente rispetto a qualcuno che ha meno seguito. È come se non ci fosse la meritocrazia nella musica, cosa che forse avveniva anche ai tempi di Gianni Morandi, però ora sembra ad un livello più qualitativo.

Spotify ad esempio mi sembra una mappa così dettagliata da perdere significato: escono così tanti album e singoli da non riuscire a starci dietro. Il discorso nasce da molti stimoli, anche la questione del genere.

Eugenio Rondoni
Un tema molto attuale e interessante.

È un discorso che tento di fare anche con mia figlia, a partire dai colori che scelgo per vestirla, che non deve essere per forza il rosa.

In effetti in Italia la questione di genere è un grande problema, e lo è ancora di più nel mondo della musica.

In Italia facciamo ancora fatica. Anche parlare di genere, da uomo, mi risulta sempre un po’ imbarazzante, perché sono in una posizione di “agio”.

Vedo pochissime artiste che riescono a fare quel lavoro lì, perché magari si devono dedicare ad altro. Poi il lato estetico è sempre in primo piano: quanto sei carina invece che quanto sei brava.

Sì infatti uno dei pochi modi per non essere sessualizzata è vestirsi nel modo meno femminile possibile, rinunciare alla femminilità per tentare di mettere in primo piano il talento.

Io mi interrogo spesso su queste questioni. Siamo tutti cresciuti in una società maschilista, anche le donne. Chissà se a forza di insistere riusciremo.

Il fatto di far cantare le mie canzoni, che potevo cantare io, a delle artiste è una provocazione. però magari se lo avesse fatto un altro artista avrebbe fatto più risonanza.

Scrivere per delle voci femminili ha cambiato qualcosa nella tua scrittura?

No, anzi. Non vedo differenze, perché sui sentimenti – che è quello di cui scrivo – non credo di provare cose diverse da una ragazza. Spero che certe cose siano universali, dalla sofferenza ai rapporti.

Invece a livello musicale? Una voce femminile è diversa, ci sono state delle differenze?

Ho notato la bravura delle ragazze, Perché l’idea originale era di far cantare queste canzoni da un collettivo anonimo.

Poi ci sono stati una serie di problemi e abbiamo trovato queste due voci femminili che si sono adattate alla mia tonalità, sono state davvero brave. Non so se sarei riuscito a cantarle allo stesso modo.

In ogni caso quindi la tua centralità come artista sarebbe andata persa, sia nel caso del collettivo sia poi nell’attuale soluzione che avete trovato.

È una roba molto più sana collaborare rispetto a stare da soli. Gli artisti hanno bisogno di contaminarsi e stare insieme. Viviamo in grandi città, grandi agglomerati e nonostante ciò siamo soli.

“Netflix il cinema come a casa” ma a questo punto è meglio andare al cinema e confrontarsi con qualcuno invece che vedere il film da soli.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

A breve uscirà un nuovo pezzo. La nuova canzone sarà molto forte, perché parla di aborto. Si ispira ad una vicenda personale che mi è capitata anni fa, in una relazione di coppia è avvenuto questo evento abbastanza traumatico perché si trattava di una gravidanza abbastanza in là.

La canta anche Paolo Benvegnù, giusto per parlare di collaborazioni.

Affronta anche un argomento molto caldo, che è quello degli obiettori di coscienza. Al di là di questo episodio, le canzoni che scrivo tentano di essere universali e di arrivare anche a chi non ha vissuto questa esperienza.

Invece per il progetto che ti vede come autore hai altre idee?

Ancora non lo so. Mi piacerebbe molto portarlo live. L’idea è di far cantare le mie canzoni di volta in volta da una cantante originaria del luogo in cui mi trovo, ma è abbastanza difficile da realizzare!

a cura di
Alessia De Santis

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