The King’s Man – Le origini: un prequel che convince davvero?

The King’s Man – Le origini: un prequel che convince davvero?
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Per la regia del solito Matthew Vaughn, con Ralph Fiennes, Harris Dickinson, Djimon Hounsou, Gemma Arterton e Matthew Goode, arriva in sala “The King’s Man – Le origini”. 

I titoli definiscono il film

Il tutto sta lì, in quel titolo che rischia di passare inosservato.
Che non è “Kingsman”.
Ma “The King’s Man – Le origini”

Ed è questo che, in effetti, risulta essere Orlando, l’uomo del Re, colui che riesce a porre fine, agendo nelle retrovie, alla Prima Guerra Mondiale. Il Duca di Oxford, la figura su cui l’intero film si concentra – e, di fatto, si erge. Anche a scapito di tutto il resto. 
Anche a scapito di quel giusto trash che tanto mi manca, e che rendeva “Kingsman” tale. 

Trama e ambientazione

Le origini della nota “agenzia di intelligence internazionale indipendente che opera a un altissimo livello di riservatezza” si collocano dunque durante il primo conflitto mondiale della Storia, abilmente orchestrato da un gruppo di criminali, capeggiati dal “Pastore”, che fanno di tutto perché questa guerra si verifichi, provocando conseguenze disastrose per l’intera umanità.

La realtà storica viene dunque messa da parte, con l’intento di creare una trama avvincente che punta, sì, a stupire, ma senza mai riuscirci -ahimè- veramente. 

Sull’ambientazione c’è però una piccola chicca che vale la pena menzionare. Tra le location del film, ne spiccano alcune tutte italiane. Il Castello di Racconigi, la Reggia di Venaria e il Palazzo Reale di Torino sono solo alcune tra le location piemontesi che, col loro fascino, incantano gli occhi dello spettatore, rilucendo in tutta la loro bellezza. 

Grigori Rasputin fa il suo ingresso al ricevimento in "The King's Man - le origini"
Grigori Rasputin fa il suo ingresso al ricevimento in “The King’s Man – Le origini”
“The King’s Man – le origini”: un film piacevole ma… 

“Cosa mi resta di questo film?”. Questa è la domanda che mi pongo ogni volta, dopo aver terminato una proiezione in sala. E di questo purtroppo, oltre a qualche scena action ben riuscita, temo ricorderò veramente poco

Intendiamoci, non che il film risulti noioso o soporifero, anzi, si dimostra tutto sommato piuttosto piacevole. È un film che diverte e che, a tratti, sa divertire, non raggiungendo mai, tuttavia, quel livello di trash esilarante a cui “Kingsman” ci ha abituati.

La comicità viene, infatti, spesso messa da parte a favore di toni che vorrebbero essere, sì, più seriosi, ma che di fatto non convincono mai del tutto, anche forse a causa della pellicola in cui sono inseriti.
Da “Kingsman” ti aspetti ben altro! 
Perché qualche testa mozzata c’è, ma non a sufficienza! 

Io, per quanto mi riguarda, sono andata in sala un po’ titubante, totalmente priva di qualsiasi aspettativa. Il che di solito può rappresentare un bene. Troppa aspettiva, spesso, uccide l’obiettivo giudizio, schiacciato dal peso che essa comporta. 

Allo stesso tempo, però, non ero rimasta pienamente soddisfatta già a partire dai trailer, e, purtroppo, questa sensazione è rimasta, anche dopo aver completato la visione in sala.
Perché “The King’s Man – le origini” fa proprio questo. Convince a tratti, ma mai pienamente. 
Non come dovrebbe.
O, perlomeno, non me. 

Ma cosa non ha funzionato in questo film?
Cerchiamo di entrare più nel dettaglio. 

Cosa non funziona: la trama

Passiamo dunque alle note dolenti, iniziando a parlare, forse, del maggior punto debole di questo film: una sceneggiatura mal scritta, un po’ schizofrenica e dall’andamento altalenante.

A mio avviso infatti la pellicola si divide nettamente in due parti. Nella prima parte, caotica e veloce, non si capisce bene dove la storia voglia andare a parare. Le idee sembrano confuse, e mal trasposte sullo schermo, quasi come se mancasse una chiara visione d’insieme, un legante capace di tenere unito il tutto. I fatti avvengono velocemente, susseguendosi uno dopo l’altro con una rapidità che risulta eccessiva, e che finisce per confondere lo spettatore.
Fino a lasciarlo, perplesso, a chiedersi: “Ok, ma ora quindi?”.

Nella seconda parte, invece, la trama si riprende un po’ e si comincia a respirare un’atmosfera decisamente più alla Kingsman. I riferimenti alla nota “agenzia di intelligence internazionale indipendente” si fanno più frequenti e la storia procede maggiormente, sotto questo aspetto.

Il film assume una propria identità, entrando finalmente nel vivo, con scene d’azione ben riuscite (come quella notturna al fronte, o quella finale) che accrescono l’hype e ti ricordano perché sei entrato in sala. I combattimenti assumono quel tono esagerato caratteristico dei primi due film, il vero e proprio marchio di fabbrica Kingsman, che qui emerge tutto, tra un colpo di spada e qualche sparatoria, teste mozzate e corse disperate per mettersi in salvo.

Orland Oxford nella scena finale di "The King's Man - Le origini"
Orlando Oxford in una delle scene di “The King’s Man – Le origini”

Ma ciò può bastare, a questo punto del film, per soddisfare lo spettatore? La domanda sorge lecita. 

Un cattivo poco iconico

Diciamocelo in modo chiaro, e senza troppi giri di parole. L’asticella era alta.
Ed era sicuramente difficile eguagliare o anche solo reggere il confronto con un Samuel Jackson sopra le righe, o una Julianne Moore totalmente schizzata e fuori di testa. Due attori incredibili, che hanno saputo interpretare due villains perfettamente riusciti, e decisamente inquietanti.

Samuel L. Jackson e Julianne Moore rispettivamente in "Kingsman" e "Kingsman - Il cerchio d'oro"
Samuel L. Jackson e Julianne Moore

Tuttavia, in questo caso, il cattivo, il cui volto non viene mai rilevato fino alla fine, rischia in parte di deludere lo spettatore. L’effetto sorpresa tanto ricercato potrebbe, infatti, non sbalordire affatto, ma lasciare invece perplesso anche chi ha seguito attentamente la trama.

In “The King’s Man – le origini” manca, infatti, tutto l’approfondimento psicologico di un personaggio chiave, su cui si regge l’intero filone narrativo. Colui che tira i fili dall’inizio alla fine, le cui motivazioni vengono solo brevemente accennate, senza mai essere indagate più di quel tanto.

Lo spettatore che si aspetta una rivelazione shock, in grado di far quadrare il tutto, verrà inevitabilmente deluso. Essa infatti non arriva mai, e viene invece solo abbozzata, consegnandoci uno dei cattivi meno iconici della serie, destinato a cadere nel dimenticatoio fin da subito. Anche dinnanzi a personaggi come Rasputin, villain dall’impatto visivo e dalla presenza scenica decisamente maggiore. Ciò può tuttavia essere conseguenza di una trama veloce e di una rappresentazione dei personaggi un po’ affrettata e poco incisiva.

I personaggi 

La caratterizzazione dei personaggi è infatti, a mio avviso, un altro grande problema (oltre al loro numero, decisamente  troppo elevato).

All’inizio del film si susseguono tanti, troppi nomi, e lo spettatore vi si perde un po’, confuso dai repentini salti della narrazione.
Egli fatica, inoltre, a familiarizzare con alcuni di essi, poiché questi risultano piatti e solo lievemente accennati, privi di qualsiasi tratto distintivo. Molti di loro finiscono per essere ricordati più per le azioni che compiono, quasi come mere comparse sulla scena, che come veri e propri personaggi chiave, destinati a dare una svolta alla trama. Il che è forse un peccato, perché, dati i presupposti, con un’attenzione maggiore rivolta al copione, il risultato sarebbe stato sicuramente diverso.

Per quanto riguarda i protagonisti, che vi devo dire! Ho sofferto molto, inizialmente, la mancanza di Eggsy, Harry e Merlino. Tuttavia, andando avanti con la visione, ho apprezzato parecchio l’evoluzione di personaggi come il vecchio Oxford, il vero protagonista di questo prequel, o la presenza di altri, in apparenza più secondari, destinati però a risultare determinanti al momento della risoluzione finale.

Viene dato molto spazio, tra le tante cose, al conflitto tra Oxford e Conrad, tra padre e figlio, tra colui che ha giurato di proteggerlo dai mali della guerra e chi invece non vuole essere protetto, ma lasciato libero di scegliere. Alla fine però sarà proprio il vecchio Oxford a far propri lo spirito e i valori di Conrad, anche a causa dell’amore che prova per quest’ultimo, cambiando radicalmente la sua visione iniziale. 

Conrad e Orland Oxford parlano durante il ricevimento in "The King's Man - Le origini"
Orlando e Conrad Oxford, padre e figlio, in “The King’s Man – Le origini”
Troppo poco Kingsman 

Ebbene sì, per quanto mi riguarda, c’è davvero troppo poco Kingsman per i miei gusti.

Mi aspettavo infatti un film ricco di citazioni, che puntasse non tanto sulla trama, ma su uno smisurato fanservice. Su quel senso nostalgico che lo spettatore si aspetta di trovare – e che desira provare. Un richiamo a tutti quegli elementi propri dei film precedenti, che ci hanno fatto adorare questa saga. E che qui non mancano di certo, ma che non risultano, tuttavia, così numerosi; o per lo meno, non quanto ci si aspetterebbe.

Intendiamoci, abbiamo la sartoria “Kingsman” (luogo chiave per la risoluzione del conflitto), combattimenti mozzaffiato, piani malefici di geni del male e i nomi in codice degli agenti, spesso utilizzati. Insomma, tutti gli elementi giusti per un film degno di questo nome.
Ma, per tutta la durata della pellicola, resta come l’impressione che ciò non sia abbastanza. E che bastasse davvero poco per fare di meglio.

La sartoria Kingsman, luogo chiave, in "The King's Man - Le origini"
“Kingsman”, la famosa sartoria da cui prende il nome l’agenzia di intelligence indipendente

Questo per lo meno fino alla scena finale, dove, in perfetto stile Kingsman, ritroviamo finalmente la famosa frase chiave della saga: “I modi definiscono l’uomo”. Ignoriamo, tuttavia, come essa sia poi diventata motto dell’agenzia, cosa poco chiara che non verrà mai spiegata. 

Lo spettatore rimane dunque un po’ a bocca asciutta, soddisfatto a metà, ma mai pienamente. 

Nobiltà: un tema appena sussurrato

Il tema della nobiltà è posto ancora una volta al centro del film, che riflette – o per lo meno cerca di farlo – su quanto realmente essa conti.

Vaughn critica, attraverso le parole di Oxford, un gruppo di persone che si sono ritrovate al vertice della società non grazie a particolari meriti, ma perché hanno “saccheggiato, ingannato e ucciso” finché sono diventati nobili.
O meglio dei “Gentleman”. Un termine che allude ad una cavalleria che in realtà non esiste, poiché la condizione sociale a cui Orland guarda con disprezzo è in realtà “figlia di tenacia e crudeltà”.

Tuttavia questo tema, pur essendo posto al centro del film, non arriva mai forte come dovrebbe, ma è attutito dai mille eventi di cui è composta la trama. Ci giunge dunque alle orecchie lieve come un sussurro, in mezzo al trambusto di tanti complotti e al fragore di una guerra imminente. 

Promosso o bocciato? 

Difficile dirlo.
Perché, tirando le somme, ciò che colpisce di questo film è davvero troppo poco.
Esso risulta essere, a mio avviso, dimenticabilissimo, anche a causa di una trama inutilmente caotica e personaggi abbozzati in modo decisamente approssimativo.

Uscita dalla sala, al termine della proiezione, mi sono domandata più volte il perché della mia delusione.
Forse nutrivo aspettative diverse riguardo la narrazione; o magari pretendevo di più, da un film che tutto sommato è quello che è, e che non pretende d’essere altrimenti: un film che si lascia guardare, e risulta essere, tutto sommato, piacevole.
Una risposta precisa ancora non la ho. 

Scena action iniziale di "The King's Man - Le origini"

“The King’s Man – Le origini” non sembra trovare mai la giusta forza – il giusto mordente -, e, proprio per questo, non riesce a convincermi del tutto, ma non è nemmeno un disastro totale su tutta la linea.
Mi lascia, quindi, un po’ perplessa.
E mi porta a chiedermi se, in fondo, forse, non sia io ad essere il problema.
Se non sia io, invece, a non riuscirmi più a godere un film di questo tipo. 

A cura di
Maria Chiara Conforti

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