“Mortal Kombat”: Wins or Finish Him?

“Mortal Kombat”: Wins or Finish Him?
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Da giovine ero team Street Fighter, anche se non ho mai nascosto la perversa attrazione per Mortal Kombat II. Oggi, a 34 anni, apprezzo ancora di più il gore e lo spirito tamarro e cafone di questa serie videoludica.

Con enorme entusiasmo ho dunque atteso questo reboot cinematografico di Mortal Kombat. Ventisei anni dopo il primo film (talmente tamarro, goffo e pieno di cliché dei B Movie anni ’90 da essere godibile) e 24 dopo il suo seguito (talmente brutto da essere peggiore del film di Street Fighter – sì, l’ho scritto), vedere il combattimento tra Scorpion e Sub Zero nel primo trailer mi ha fatto godere come ai vecchi tempi in cui sentivo il “ninja giallo” gracchiare “Get over here!”.

Ora capite perché l’eccitazione del sottoscritto?
Choose your destiny

Aspettative alte, dunque, seppur con qualche riserva. Film decenti tratti da videogiochi si contano sulle dita di una mano monca. Tratti da picchiaduro, lasciamo perdere. Street Fighter ha subìto prima l’accozzaglia steroidea di Van Damme, poi l’azione soporifera della “Leggenda di Chun-Li”; Tekken ha sprecato un buon potenziale; Dead Or Alive è un soft porn mancato.

Mortal Kombat del 1995 aveva dalla sua trama semplice, inserimento degli elementi cardine del gioco, Goro pupazzone by Mattel (semi-cit. Nanowar of Steel). Agli adolescenti dell’epoca bastava questo. Il secondo film, invece, non esiste. Non esiste nemmeno Raiden che da un certo punto in poi compare coi capelli corti, così, completamente a caso.

Simon McQuoid, al suo debutto alla regia, ha fatto tabula rasa e da subito gioca d’astuzia e d’impatto, con uno spettacolare scontro tra Bi-Han (Sub Zero) e Hanzo Hasashi (Scorpion) che si perde nella notte dei secoli.

Non farò spoiler, ma voglio avvertirvi che i primi dieci minuti di questo reboot sono da mascella a terra. Se per l’entusiasmo o per un uppercut, non lo so.

Sub-Zero mostra a Jax come trasformare un fucile nel nuovo ghiacciolo Sammontana
Test your might

Come sintetizzare la trama di Mortal Kombat? Shang Tsung, cattivone di turno proveniente dall’Outworld, vuole vincere a briscola il dominio sulla Terra. Quella pippa di Raiden, protettore dell’Earthrealm (il regno della Terra), ha perso le nove partite precedenti. Questa volta, la decima, è stile asso piglia tutto: se perde di nuovo, perde tutto; se vince, si deve giocare la bella.

C’è necessità di prendere in squadra dei “campioni”: ecco dunque Jax “braccio di ferro” Briggs, Sonia “sono nelle forze speciali ma vivo in un tugurio” Blade, quel figlio di cattiva donna di Kano e… Cole Young, uno scappato di casa che non riesce a vincere una partita di un-due-tre-stella da anni. Quasi tutti sanno di avere una particolarità. Tranne Cole: lo scappato di casa pensa che un drago sulla propria pelle sia una semplice voglia o macchia solare.

Raiden ha decisamente uno squadrone: i suoi pupilli Liu Kang e Kung Lao sono costretti a fare il Roberto Baggio e il Vallerama della situazione avendo a disposizione l’organico del Chieti Calcio (con tutto il rispetto del Chieti, sia chiaro).

MOrtal Kombat
Cochi e Renato si apprestano a far scintille
Fatalit… Dannazione, ho sbagliato la combinazione dei tasti

Nella sua incarnazione cinematografica del 2021, Mortal Kombat cerca di infilare tutti gli elementi caratteristici della serie videoludica: personaggi storici principali, contestualizzare il concetto del torneo, essere brutale. In quest’ultimo caso, però, si scorge uno dei limiti del film: manca il sangue esagerato. Manca la cafonata talmente estremizzata che ti strappa una risata al limite del sadico.

Se non fosse per Kano (e in parte per Kabal), mancherebbe quasi del tutto la caratterizzazione sopra le righe tipica della serie. Se ve lo state chiedendo, la risposta è: sì, Kano è, insieme a Scorpion e Sub-Zero, il personaggio meglio caratterizzato e meglio sfruttato di tutto questo Mortal Kombat. Il peggiore? Non Sonia, non Jax, non Mileena (anche se si sono impegnati…), ma Liu Kang.

Che parla.
Proprio.
In questo.
Modo.

Sempre.

Il bimbo Kinder che cerca di darsi un tono è credibile quanto un vegano che ordina una grigliata mista alla sagra della porchetta di Campli. Tra i miei preferiti nel 1995, nel 2021 è orribilmente irritante.

Altro tasto dolente è come vengono implementati gli “arcani”, ma non voglio svelare troppo.

Mortal Kombat
Ah, Kano. Mio caro, cafonissimo d’un Kano. Se non ci fossi tu…
Toasty!”. Eh…

Il film parte bene, si fa perdonare – in parte – gli inutili spiegoni spesso appioppati a Sonia “signorina Rotenmaier” Blade e Liu “Orzo Bimbo” Kang, si riprende nel finale. Il guaio è proprio la parte centrale, lo svolgimento. Non c’è pathos, alcune situazioni sono talmente forzate che urli bestemmie per il motivo sbagliato.

Tu vuoi sangue, mazzate ignoranti o combattimenti tecnici o tutto insieme. Invece ti devi accontentare di poco o nulla, un antipasto che anziché esaltarti per quello che verrà dopo (sono previsti altri film come continuazione), ti lascia con l’amaro in bocca. È un’occasione sfruttata benino, ma non bene fino in fondo.

Mortal Kombat
Team Scorpion, da sempre
Kontinue?

Tralasciando la sensazione che la maggior parte del budget per gli effetti speciali sia stata sfruttata per rendere meraviglioso il ghiaccio di Sub-Zero, posticcio il fuoco di Liu Kang e i fulmini di Raiden pari a un livello di Photoshop al 45% di opacità; tralasciando richiamo troppo forzato alla saga videludica, il Mortal Kombat del 2021 è un enorme prologo a quello che, si spera, sarà il vero e proprio cuore di questa nuova filmografia.

Voglio, però, più gore, più mazzate, più… Più di tutto. Se ci sarà, prometto di inserire il gettone e fare una nuova partita. Cioè, volevo dire: prenderò il biglietto e mi immergerò in una nuova visione.

Ora scusate, devo allenarmi con le fatality.

a cura di
Andrea Mariano

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Andrea Mariano

Andrea nasce in un non meglio precisato giorno di febbraio, in una non meglio precisata seconda metà degli Anni ’80. È stata l’unica volta che è arrivato con estremo anticipo a un appuntamento. Sin da piccolo ha avuto il pallino per la scrittura e la musica. Pallino che nel corso degli anni è diventato un pallone aerostatico di dimensioni ragguardevoli. Da qualche tempo ha creato e cura (almeno, cerca) Perle ai Porci, un podcast dove parla a vanvera di dischi e artisti da riscoprire. La musica non è tuttavia il suo unico interesse: si definisce nerd voyeur, nel senso che è appassionato di tecnologia e videogiochi, rimane aggiornato su tutto, ma le ultime console che ha avuto sono il Super Nintendo nel 1995 e il GameBoy pocket nel 1996. Ogni tanto si ricorda di essere serio. Ma tranquilli, capita di rado. Note particolari: crede di vivere ancora negli Anni ’90.

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