Euphoria: il racconto trasgressivo sulla Generazione Z
Euphoria è trasgressiva, cruda, realistica, drammatica. È un “manifesto”, un racconto su quella che viene definita la Generazione Z.
Creata dal genio di Sam Levinson per HBO e per gentile concessione della piattaforma Sky, gli otto episodi sono andati in onda in seconda serata dal 26 al 29 settembre 2019.
Una generazione fragile e solitaria
Definire Euphoria come uno show che mostra e racconta la Generazione Z soltanto attraverso il sesso, la droga, l’alcool e comportamenti disfunzionali, sarebbe piuttosto riduttivo. Se pur inizialmente potrebbe sembrare così, guardando episodio dopo episodio si inizia a capirne il senso e a scrutare i personaggi in modo più introspettivo.
Come un crescendo, Euphoria dà spazio a quello che l’abuso di sostanze stupefacenti e alcool, il sesso estremo e trasgressivo poi in realtà creano in una generazione che deve riempire dei vuoti.
I comportamenti estremi, non fanno altro che calcare quella fragilità nascosta e quella persecuzione all’infelicità, e se pur vero che all’inizio ti donano “euforia”, emancipazione, alla fine dei giochi portano all’annientamento di sé stessi.
Chi sono i ragazzi della Generazione Z in Euphoria?
Il cast di Euphoria vanta una rosa di attori che sono riusciti ad intraprendere un percorso non facile, per dare voce a dei personaggi molto complessi e psicologicamente instabili.
La protagonista, Rue, interpreta dalla bravissima Zendaya, è una ragazza di diciassette anni tossicodipendente e affetta da bipolarismo, la sua storia è fatta di alti e bassi. Appena uscita dal rehab in seguito ad un’overdose, si scopre pian piano che la sua vita è stata fortemente segnata dalla morte del padre e dall’abuso di droghe.
Rue è eclettica, magnetica, inaffidabile, ma anche profondamente consapevole che, per sopravvivere e per diventare la persona che lei desidera essere, deve combattere ed uscire dalla spirale pericolosa in cui si trova.
Accanto a Rue, troviamo Jules, interpretata da Hunter Schafer (donna transgender e attivista dei diritti LGBTQ).
Jules è la ragazza nuova, transgender e segnata da un passato complicato. Vittima di bullismo, affronta la transizione sessuale grazie al padre che le ha fornito supporto e sostegno.
A causa del rapporto complicato con la madre, Jules è alla ricerca costante di rapporti occasionali per colmare il vuoto e l’affetto di cui la madre l’ha privata.
Poi c’è Nate (Jacob Elordi), un ragazzo con tendenze violente e confuso sulla propria sessualità, circondato da una famiglia, tutto tranne che perfetta.
Si susseguono poi, puntata dopo puntata, storie di altri personaggi, vite complicate e tunnel da attraversare.
La dura realtà
Quello che Euphoria fa è mettere su schermo dei temi talmente delicati, presentati in maniera così cruda e realistica che, spesso mette a dura prova anche lo spettatatore.
Ma Sam Levinson, attraverso l’ambientazione e la fotografia psichedelica, sui toni del violaceo e piena di brillantini, ci immerge in un lunghissimo trip mentale, che smorza un po’ i temi presentati.
La vittoria di Zendaya agli Emmy Awards 2020
Grazie all’interpretazione di Rue, Zendaya quest’anno si è aggiudicata l’ Emmy Awards come miglior attrice protagonista in una serie drammatica. È entrata a far parte della storia poiché è l’attrice più giovane ad essersi aggiudicata questo premio, ed è la seconda donna nera a riceverne uno.
E ha ringraziato così:
“Sento che è un momento strano per festeggiare, ma c’è speranza nei giovani là fuori. So che il nostro show non sempre sembra un grande esempio di questo ma c’è speranza nei giovani. Ai miei coetanei là fuori che si impegnano nelle strade, vi vedo, vi ammiro e vi ringrazio.”
Perché vedere Euphoria?
Euphoria è un prodotto unico nel suo genere, perché sbatte in faccia entrambi i lati della medaglia del percorso di tossicodipendenza e della lotta continua contro una malattia mentale.
Seppur in maniera brutale, sensibilizza al tema e apre gli occhi su verità “scomode” che molto spesso riguardano la Generazione Z, e non solo.
La serie ha fatto molto discutere, in negativo e in positivo. Ma io credo fermamente che per affrontare temi così complicati e delicati, molto spesso, bisogna mostrare la parte più dura, per poi seguire la crescita e l’uscita del personaggio da quell’infinito buco nero.
Resta il fatto che Euphoria non è una serie “facile”, ha bisogno di tempo per essere assorbita e metabolizzata, ma è necessaria, per far aprire un po’ gli occhi sulle profonde difficoltà che le generazioni di adesso vivono giorno dopo giorno.
a cura di
Francesca Graziano
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