La “banana” dei Velvet Underground tra storia e leggenda

La “banana” dei Velvet Underground tra storia e leggenda
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A volte accade che la copertina di un disco diventi addirittura più famosa del disco stesso. È il caso dei Velvet Underground e della loro leggendaria “banana”. Quindi, perché non iniziare questa nuova rubrica dedicata alle storie che si nascondono dietro le copertine più belle della storia della Musica, proprio con lei?

Le copertine dei dischi con l’avvento della musica liquida

Chi ama i dischi, quelli fisici da toccare, conosce bene l’importanza emotiva di una copertina quadrata, magari in cartone, come quella dei vinili. Per non parlare poi dei collezionisti, alla continua ricerca di una prima edizione.

La musica digitale ha cambiato diverse abitudini e anche le copertine sono state messe un po’ in ombra. Per alcuni artisti però continuano ad essere, ancora oggi, strumenti di marketing importanti per promuovere la propria identità fino a diventare una vera e propria forma d’arte: la cover art.

The Velvet Underground & Nico, 1967

Il primo album della band di Lou Reed e John Cale ha una storia particolare, e non solo per la sua copertina.

The Velvet Underground & Nico ha venduto infatti solo 30.000 copie nei primi cinque anni, nonostante l’importanza avuta nella storia della Musica. Senza quel disco, forse, non ci sarebbero stati il punk, la new wave e tutto il rock alternativo degli anni a venire. Per questo motivo alcuni, come Brian Eno, sono convinti che “ciascuno di quei 30.000 che l’hanno comprato hanno fondato una band“.

Nonostante siano passati più di cinquant’anni, quel disco rimane ancora oggi un modo di intendere la controcultura e ha aperto la strada allo stile lo-fi, che arriverà da lì a poco. Tra le eredità più importanti lasciate dall’album c’è anche la sua copertina, disegnata da Andy Warhol, che fu anche produttore del disco, insieme a Tom Wilson.

Sulla cover c’era la celebre banana disegnata da Andy Warhol, ma non veniva citato né il nome del gruppo né quello della casa discografica, solo la firma dell’artista.

Andy Warhol era il produttore di The Velvet Underground and Nico: aveva trovato il progetto, raccolto il capitale e assunto la troupe per far sì che prendesse forma e diventasse “glamour” (ed ecco spiegata la presenza della algida Nico).

Nonostante avesse sempre lasciato totale libertà creativa alla band, Warhol diede alcuni suggerimenti. Uno dei più eccentrici riguardava la ballata I’ll be Your Mirror, scritta da Lou Reed per Nico. Warhol voleva rigare tutte le copie, esattamente sul punto in cui era incisa la canzone, per fare in modo che il pezzo suonasse all’infinito, fino a che qualcuno non fosse andato manualmente a togliere la puntina. L’idea non venne mai realizzata.

Così, se dal punto di vista del coinvolgimento musicale il contributo di Warhol era minimo, la parte visuale era totalmente farina del suo sacco.

La banana di Andy Warhol

Il frutto giallo brillante che adornava la copertina dell’album di debutto dei Velvet Underground divenne una vera e propria icona, a volte sostituendo il titolo del disco, spesso semplicemente chiamato “banana album”.

La copertina originale era leggermente diversa da come la conosciamo noi. Infatti, la buccia era adesiva e si poteva staccare, rivelando una banana di colore rosa, al di sotto. Il tutto accompagnato dalla scritta “Peel slowly and see”, sbucciare lentamente e vedere.
L’idea di Warhol per la copertina era considerata molto importante per la Verve Records, che aveva acquistato i diritti di distribuzione del disco, motivo per il quale investirono parecchio per acquistare una macchina capace di produrre quello che l’artista aveva richiesto.

L’allusione sessuale era però difficile da realizzare e allungava moltissimo i tempi di distribuzione, così negli anni ritornò ad essere semplicemente la banana gialla che possiamo trovare oggi in qualunque negozio di dischi.

Le cause legali

Alla storia della banana sono legate anche alcune cause legali. La prima vedeva protagonista la richiesta di risarcimento da parte di Eric Emerson per l’uso della sua faccia sulla copertina. Infatti, sul retro della versione chiamata versione “Torso”, è proiettata sulla band l’immagine di Eric Emerson, ritratto durante il film di Warhol Chelsea Girls.

Emerson aveva bisogno di soldi perché era stato accusato di reati di droga e aveva fatto causa alla Verve Records. Quest’ultima però si rifiutò di pagare e incollò un grande adesivo nero sulla sua immagine. Nelle successive stampe della copertina dell’album la fotografia fu aerografata per oscurare il ritratto di Emerson prima che l’album potesse essere ristampato nel giugno 1967.
L’ascia di guerra è stata seppellita: le recenti riedizioni hanno ripristinato l’immagine sul retro di copertina.

La seconda causa legale fa riferimento a quando la Warhol Foundation nel 2012 concesse in licenza l’immagine della banana per l’uso su smartphone e accessori per iPad.

Lou Reed e John Cale fecero causa alla Fondazione, sostenendo che Warhol aveva dato loro l’immagine e che la Fondazione Warhol non aveva il diritto di concederlo in licenza a terzi. Il caso fu risolto in via stragiudiziale l’anno successivo. Nessuna delle parti ha mai rivelato i termini dell’accordo.

a cura di
Daniela Fabbri

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Daniela Fabbri

Sono nata nella ridente Rèmne, Riviera Romagnola, nel 1985. Copywriter. Leggo e scrivo da sempre. Ho divorato enormi quantità di libri, ma non solo: buona forchetta, amo i racconti brevi, i viaggi lunghi, le cartoline, gli ideali e chi ci crede. Nutro un amore, profondo e viscerale, per la musica, in tutte le sue forme. Sono fermamente convinta che ogni momento della vita debba avere una colonna sonora. Potendo scegliere, vorrei che la mia esistenza fosse vissuta lentamente, come un blues, e invece sono sempre di corsa. Mi piacciono gli animali. Cani, gatti, procioni. Tutti.

2 pensieri su “La “banana” dei Velvet Underground tra storia e leggenda

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