Fetch the Bolt Cutters di Fiona Apple: la recensione

Fetch the Bolt Cutters di Fiona Apple: la recensione
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Prendi le tronchesi, sono qui da troppo tempo“, siamo solo ad aprile ma Fiona Apple potrebbe già averci regalato il verso simbolo di questo 2020, contenuto nel suo quinto disco: Fetch the Bolt Cutters, uscito oggi in streaming, otto anni dopo il suo ultimo lavoro.

Valeva la pena aspettare tanto? Sì. Assolutamente sì. Mai attesa fu meglio ripagata.

Certo, Fiona Apple non poteva sapere, quando decise di citare questa frase pronunciata per la prima volta da Gillian Anderson nella serie The Fall, che il suo disco sarebbe uscito durante una quarantena mondiale. Ma oggi, Fetch the Bolt Cutters suona come una sinfonia del quotidiano, la colonna sonora perfetta per questa segregazione.

Nel pezzo che dà il titolo all’album succede di tutto: percussioni che sembrano utensili da cucina sbattuti l’uno contro l’altro, un cane che abbaia (anzi, cinque: Mercy, Maddie, Leo, Little e Alfie) e Cara Delevingne che canta i cori.

È un disco autosufficiente, che ha a che fare con la vita. I suoni sono grezzi, le percussioni improvvisate. Ci sono conversazioni, sussurri, urla. Fiona Apple lo ha registrato nella sua casa a Venice Beach e sembra quasi di vederla sbattere le mani sulle pareti o pestare i piedi a terra, per accompagnarsi. Fa pensare a Yoko Ono: non è pop tradizionale, c’è dell’altro, una sorta di inclinazione all’avanguardia.

Ci troverete tutta la ferocia selvaggia della sua voce, mentre racconta storie di femminismo, partner violenti, sacrifici d’amore e umiliazioni

Ti senti inadeguata? Sei stata tradita, ti hanno insegnato a tenere sepolto il tuo dolore, a lasciarlo calcificare? Pensi che un rete intorno al cuore possa proteggerti dalla sofferenza? Prendi un paio di tronchesi. È questo quello che vuole dirci Fiona Apple: non adeguarti. Non adattarti a nessuna delle immagini che hanno voluto assegnarti.

Lo fa in Under the Table, uno dei pezzi migliori dell’album: “calciami sotto il tavolo quanto vuoi, non starò zitta”, impossibile non ricordarla quando agli MTV Music Awards del 1997, accettò il premio come miglior artista emergente dichiarando che “This World is Bullshit“. Già allora aveva dimostrato che non sarebbe mai stata zitta.

A volte mi sembra di riscontrare la tendenza, per i cantautori, ad asciugare sempre di più i testi, andando avanti con gli anni. Fiona Apple fa il contrario: reinventa ancora una volta la sua musica, utilizzando più parole possibile. Ogni sillaba è utile ad autodeterminarsi: “devi ottenere quello che vuoi / come lo vuoi / ma anche io“, canta su Drumset.

C’è la voce, il piano, ma sono da sempre le parole il suo strumento primario

I traumi hanno un ruolo importante, specialmente in For Her, che parla in modo molto diretto di stupro. “Well, good mornin’, good mornin’, you raped me in the same bed your daughter was born in“, dopo averci preso a schiaffi con questo verso scioccante, un coro angelico sembra portarci alla salvezza.

Molte di queste canzoni esplorano i suoi rapporti travagliati con gli uomini e, per la prima volta, affrontano la sua relazione con le donne. In Ladies canta “ancora un’altra donna che non riuscirò a superare” e che “nessun amore è come un altro amore, quindi sarebbe folle fare un confronto”.

Fetch the Bolt Cutters ci racconta che la vita è la somma del dolce e dell’amaro che abbiamo ricevuto e consumato nello stesso piatto. Ma soprattutto è la cartolina che stavamo aspettando da tempo, grazie alla quale Fiona Apple, dalla sua casa di Venice Beach, ha il potere di farci sentire meno soli nella nostra.

a cura di
Daniela Fabbri

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Daniela Fabbri

Sono nata nella ridente Rèmne, Riviera Romagnola, nel 1985. Copywriter. Leggo e scrivo da sempre. Ho divorato enormi quantità di libri, ma non solo: buona forchetta, amo i racconti brevi, i viaggi lunghi, le cartoline, gli ideali e chi ci crede. Nutro un amore, profondo e viscerale, per la musica, in tutte le sue forme. Sono fermamente convinta che ogni momento della vita debba avere una colonna sonora. Potendo scegliere, vorrei che la mia esistenza fosse vissuta lentamente, come un blues, e invece sono sempre di corsa. Mi piacciono gli animali. Cani, gatti, procioni. Tutti.

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