I P L Z hanno da poco pubblicato il loro nuovo singolo “RIcchi dentro”. Un ottimo lavoro e per l’occasione abbiamo voluto intervistarli.
Quale esigenza comunicativa ha portato i P L Z a scrivere “ricchi dentro”, il vostro ultimo singolo? Di cosa parla questo brano?
Ricchi dentro è nato dall’idea di raccontare quella frustrazione che si percepisce un po’ ovunque davanti alla narrazione del “se credi in te stesso, puoi farcela”, con tanto di questione sociale che finisce nelle retrovie di un liberismo tutto identità, tutto sovrastruttura, e niente ciccia, niente ridistribuzione, niente welfare.
In Italia i poveri hanno sempre fatto il tifo per i ricchi, se delinquenti ancora meglio, nella speranza che qualcosa di quella ricchezza sgocciolasse anche nelle loro tasche. Quella forma di feudalesimo culturale ce l’abbiamo nel dna, ma negli ultimi trent’anni la cosa è fuggita di mano, e anche chi dovrebbe stare attento a non farsi strumentalizzare (le minoranze in particolare) finisce con l’accontentarsi del diritto di autorappresentazione, come se ci si mangiasse con l’autorappresentazione (qualcuno in realtà ci campa).
Ricchi dentro nasce da questa consapevolezza, che non è solo un fatto generazionale, ma ha a che fare con la perdita dell’identità di classe, con il concetto puritano di grazia che almeno dagli ’80 si è impossessato anche delle nostre avanguardie artistiche, rendendole dei brand piuttosto ridicoli. È un bel giochino, ma non so quanto sia sostenibile alla lunga.
Milano e tutte le sue dinamiche forse alimentano un mercato e una sovrabbondanza che vi sta un po’ stretta?
Milano è una finta, un parco a tema. Si fa molto, ma si è molto poco. Purtroppo questa città è finita con l’essere l’unica chance, l’unico contesto in cui pensare di poter progredire, di migliorarsi, ma il “modello Milano” è frottola a cui nessuno crede, nemmeno chi la propina con così tanto convincimento. Sembra che succedano molte cose, ma in realtà da questa città stanno uscendo poche cose realmente interessanti ed eccitanti.
Si fa tanto parlare di autenticità, di innovazione, ma a noi sembra che le dinamiche siano sempre le stesse di decenni fa, con la differenza che ci sono meno spazi effettivi di espressione e crescita, ma anche semplicemente di sincero svacco disinteressato: tutto deve avere un fine, un traguardo, produrre un risultato “capitalizzabile”.
Queste dinamiche e questa mentalità finiscono con il produrre sempre la stessa minestra musicale: che sia l’ennesimo progetto urban o queer che nulla aggiunge all’immaginario passato. C’è tanto conformismo in questa città: eppure fuori da Milano la retorica della provincia è così pervasiva che alla fine Milano sembra il futuro, pur essendo ancorata da quarant’anni al mito della Milano da bere.
Che cos’è il progresso, dal punto di vista musicale?
Il progresso, specie nell’arte, è un’illusione. Cambia la tecnologia, cambiano le macchine, i contenuti no. Più che di progresso bisognerebbe parlare di cicli e ricicli. In questi ultimi anni ci sembra che la saturazione sia tale per cui ormai coesiste tutto e il contrario di tutto allo stesso livello, come se il sistema fosse andato in crash.
Si respira una stanchezza generale, il che non significa per forza una cosa negativa. Progresso in questo momento potrebbe significare il superamento della “piattaforma unica”, il ritorno a forme di scambio a piccolo e medio raggio, la creazione di cerchie in cui si collabora veramente e non perché l’etichetta o il manager di turno pensa che quella sia un’opportunità per fare qualche ascolto in più su Spotify.
Sulla nostra pagina IG ospiteremo una vostra live session, nella speranza di vedervi presto dal vivo. Come organizzate un vostro live? Che set riuscite a portare sul palco?
Siamo partiti con grandi sogni di gloria, mille synth sul palco, chitarre etc, per poi arrivare a capire che veramente less is more, che alla fine siamo un produttore e un performer, un uomo delle macchine e dei suoni e uno dei gesti e delle parole. Per questo abbiamo ridotto la strumentazione per avere più spazio espressivo su delle tracce che sarebbe difficilissimo riprodurre con quella grana con cui sono state concepite.
Come sarà questo 2025 per voi?
Comunque vada questo sarà l’anno in cui pubblicheremo il nuovo disco, di cui Ricchi dentro rappresenta un brano-bandiera, molto esplicativo dello spirito con cui abbiamo voglia di fare musica.
a cura di
Staff
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