Pearl Jam, Superblood Wolfmoon e le paranoie su come sarà Gigaton
I Pearl Jam stanno per tornare. Manca sempre meno all’uscita di Gigaton; se ci pensate, il 27 marzo non è poi così lontano. Dopo i pareri assai discordanti suscitati da Dance Of The Clairvoyants, la band di Seattle ha rilasciato da qualche giorno il secondo singolo Superblood Wolfmoon.
Si torna a sonorità un po’ più “standard”, più familiari: qualcuno ha accostato il nuovo brano a The Fixer, qualcun altro ha scomodato la non esattamente esaltante Olè di qualche anno fa (non proprio due brani di pari caratura, ammettiamolo).
Molto più semplicemente e senza tirare in ballo paragoni, è un rock catchy privo di particolari orpelli, uscito dalla sala prove e buttato nel mixer senza troppe cerimonie.
Per il qui presente scribacchino i due singoli hanno un’enorme differenza: mentre il primo lascia interdetti – nel bene e nel male – sin da subito, complice un sound del tutto nuovo e atipico per i Pearl Jam (e l’apprezzamento cresce pian piano ascolto dopo ascolto), Superblood Wolfmoon sembra il tentativo di non scontentare la fanbase meno incline al cambiamento.
Cambiamento che, comunque, è cominciato, maturato e in costante mutamento almeno da 25 anni.
È dai tempi di Vitalogy che Eddie Vedder e soci non vogliono/possono replicare sound e attitudine di Ten e VS. Perché? Semplice: sono cambiati.
E se stavano cambiando superata la soglia dei 30 anni anagrafici, figuriamoci quando Eddie, Stone, Jeff, Matt e Mike hanno messo i piedi oltre il traguardo dei 50.
Qualcuno, alla base, ancora non riesce a farsene una ragione, ma tant’è.
Il dilemma. Cari Pearl Jam, ho una domanda…
L’ascolto di Dance Of The Clairvoyants e Superblood Wolfmoon fa sorgere un dilemma: cari Pearl Jam, con Gigaton dove volete andare? Sono confuso, eppure curioso.
Sono due composizioni completamente differenti, dunque dobbiamo aspettarci un disco eterogeneo ma tutto sommato con una sua organicità (tanto per rimanere ecosostenibili), o dobbiamo avere paura di trovarci tra le mani con un album talmente vario musicalmente da risultare sconnesso?
È uno scherzetto che la band di Seattle ha proposto anche in precedenza, ai tempi di Lighting Bolt, pubblicando prima la roboante Mind Your Manners e poi Sirens, la mega ballatona un po’ melensa e un po’ elegante. In quel caso, direi che ci è andata bene, ma quanti sudori freddi…
Il dilemma da me posto e proposto va oltre al mero “I Pearl Jam non fanno più grunge” o il “Mi piace / non mi piace”.
Come sempre, non tutti saranno entusiasti e non accetteranno di seguirli nel percorso che vogliono affrontare (ma saranno presenti in prima fila nelle arene e negli stadi, non temete). Come sempre, molti elogeranno allo sfinimento qualsiasi cosa loro pubblichino, “perché sono i Pearl Jam”.
È un po’ come vagare per la città alla ricerca di una trattoria: la trovi, si chiama Gigaton. Leggi il menu posto nella bacheca esterna. Ti incuriosisce, è quasi inaspettato per un locale del genere (Dance Of The Clairvoyants).
Decidi di entrare. Il cameriere porta il menu, noti che ha anche altre scelte, molto diverse rispetto a quelle che hai letto poco prima (Superblood Wolfmoon).
Non sei indispettito, ma stranito sì, soprattutto quando ti accorgi che il resto delle pietanze non ha l’elenco di ingredienti. Sei curioso, ma anche timoroso di provare e assaggiare.
Eddie, Stone, Jeff, Matt e Mike: non si fa. No, no, no. Non si gioca così con i sentimenti altrui. Noi attendiamo il 27 marzo, ma nel frattempo avete giocato a mescolare la curiosità con la confusione. Siete sadici. E io un po’ masochista.
a cura di
Andrea Mariano
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2 pensieri su “Pearl Jam, Superblood Wolfmoon e le paranoie su come sarà Gigaton”