Quando finisce la festa, Angelica e un album da scoprire
Angelica (Schiatti ndr) è una cantautrice originaria di Monza.
Conosciuta e apprezzata come leader dei Santa Margaret, gruppo con il quale ha vinto gli MTV Awards New Generation, esce nel 2019 con un nuovo album da solista Quando finisce la festa con l’etichetta Carosello Records.
Amante del vintage applica il proprio gusto retrò nella musica in maniera mai scontata e super fresca, toccando temi come la fiducia in se stessi, l’amore e l’attualità.
Un album profondo e serio che tra le pieghe di melodie ritmate e “serene” nasconde l’ambiguità della modernità e i rapporti umani che nel male o nel bene fungono da analisi per la crescita personale.
Un lavoro puntuale e preciso che mescola malinconici scenari ad aperture verso il mondo con note che scivolano via morbide e voluttuose. Talvolta ammiccanti.
L’abbiamo incontrata.
Essere una solista dopo l’esperienza con i Santa Margaret quali sentimenti e sensazioni ti fa provare? Quali sono i lati positivi e quali i negativi?
Di positivo c’è stata un’emancipazione sia professionale che personale. Sono una persona molto insicura e quindi avere la band era un po’ come avere una famiglia alla quale chiedere consiglio, chiedere appoggio. Lavorare da sola all’inizio mi fatto provare un forte senso di confusione, ero spaesata. Però alla fine c’è stata una vera e propria presa di coscienza di me stessa. È stata un’autoterapia poiché essendo da sola dovevo fare tutto da sola, nonostante la difficoltà sono molto serena perché mi ha permesso anche di capire meglio cosa mi piace e cosa no. Affinare l’estetica in maniera pura e sincera, poiché essendo in una band la mia personalità era ovviamente mitigata dagli altri membri della band.
Hai un gusto retrò. Racconti un mondo passato rendendolo comunque attuale ed è una peculiarità che avevi già ai tempi della band, anche se con delle sonorità più calde. Ora invece è come se avessi scarnificato quello che avevi creato prima. Ho percepito una sorta di voglia di eliminare la propria protezione e mostrare te stessa nella tua purezza in maniera cristallina. Sbaglio?
Ho destrutturato il lavoro di prima. È vero, ho scarnificato i miei lavori precedenti. In precedenza i lavori si basavano su un personaggio, ovviamente nato dalla mia persona poiché non era un personaggio inventato. Ora invece addio al personaggio e ci sono semplicemente io senza la “maschera”, il filtro del personaggio che mi ero creata all’interno della band. Ho voluto abbandonare il personaggio abbandonando quindi anche la protezione che il personaggio stesso ci concede di avere.
Tra le canzoni che mi hanno colpito c’è Guerra e Mare. Nel ritornello riecheggia la frase “Compriamoci un’estate in pieno inverno” e si parla di persone che se hanno paura vanno al mare oppure fanno la guerra. All’ascolto sembra gioviale e tranquilla quando in realtà nasconde un messaggio anche severo nei confronti della nostra vita day by day. Persone che hanno paura del diverso e che rifuggono ciò che non conoscono voltandosi dall’altra parte e scappando oppure che lo attaccano. E se come al solito premendo play ci illudiamo di restarcene rilassati ascoltando un brano da “disimpegno e diletto” in realtà alla fine ci sentiamo quasi ammoniti. Sempre in maniera raffinata, chiaramente.
Cosa mi dici Angelica di questo brano? Quanto c’è della situazione italiana e mondiale attuale nelle tue parole?
Molto. C’è molto. È proprio questo, in realtà. Non puoi avere paura nel 2019 di quello che non conosci. Abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca nella quale se non conosci una cosa la puoi tranquillamente studiare. Una cosa ignota grazie a internet può facilmente diventare conosciuta, almeno un minimo. Inoltre è vero che la paura troppe volte non è nient’altro che una corazza che apparentemente ci fa vivere meglio. Come dire “ho paura di questa cosa e non la faccio” e sembra apparentemente di stare meglio quando in realtà non è così. Quindi scappi ma fai del male solo a te stesso impedendoti di evolvere. Oppure che fai? Attacchi ciò che non conosci. Invece di fare così dovremmo utilizzare la nostra paura come movente e stimolo alla conoscenza così che possiamo crescere e comprendere le differenze. L’ignoranza non è più una scusa e in questi anni così controversi tutto sta cambiando molto velocemente e se è vero che ci sono tanti aspetti negativi ce ne sono anche tanti positivi.
Nella canzone Due anni fa hai detto “ero un foglio bianco e tu mi hai scritto il mondo addosso”. È una frase che sembra introdurre ad una canzone che parla d’amore, di una storia nel momento in cui uno la sta vivendo. Poi, procedendo con l’ascolto ci si rende conto che parli del passato. Passando ad un’altra canzone inoltre, Beviamoci, viene riproposto il tema della storia passata. Il passato è un tema per te importante. Un passato che sembra solo rimpianto. O forse no. Nello stesso album quindi si parla di storie diverse ma entrambe finite. Ritieni che quindi sia più proficuo per l’arte parlare di momenti di rottura drammatici o perlomeno tristi e malinconici, oppure credi che l’atto creativo possa nutrirsi anche di narrazioni quali le giornate qualunque di un mese qualunque decantando la quotidianità?
Mi ha sempre colpito la frase di Tenco “Se sono triste scrivo canzoni, se sono felice me ne vado al mare”. Un po’ è vero, quando sei felice hai voglia di condividere la felicità anche all’atto pratico quindi di stare a contatto con le persone. Dato che la musica è terapeutica, o per lo meno per me lo è, viene quasi da dire che l’atto creativo è figlio della malinconia e di quel “male di vivere” che talvolta ti porta al raccoglimento in solitaria. Queste due canzoni che hai citato parlano di una storia finita ma c’è anche il risvolto positivo, agrodolce, perché è meglio perdersi che rimanere assieme e vivere male. In realtà queste canzoni sono come un bilancio finale più che figlie della malinconia. Un bilancio che alla fine non è negativo. È importante comunque smuovere delle emozioni con l’arte e nello specifico, con la musica anche se sono emozioni di felicità.
Adulti con riserva mi sembra il tuo punto di vista attuale, fai come il punto della situazione. Mi ritrovo a sorridere perché la vedo una canzone possibilista. Elenchi tante cose, ammetti la possibilità di fare qualsiasi cosa basta che lo si faccia in maniera positiva e propositiva, come un inno alla vita.
È banale da dire ma il punto di vista che si ha quando si è in mezzo ad una cosa è diverso da quello che si ha quando ci si allontana. Tutti i sorrisi che ti sei perso, le giornate e le ore che ti sei perso quando eri nel buco nero non te le ridà indietro nessuno. Quindi mentre sei nel buco nero ricorda di sorridere perché comunque passerà e quindi almeno ricorda.
La mia canzone preferita è Quando finisce la festa dato che mi sembra quasi che parli di me. È molto introspettiva, quasi onirica. Presenta svariati cori in sottofondo con tanti strumenti che si mischiano ad una moltitudine di voci. Sembra di fare una camminata serena in un bosco fatato. Ora cammino in questa foresta e intanto dedico del tempo solo a me stessa e a ricordarmi che io valgo. Il pezzo strumentale alla fine della canzone è un accompagnamento ad un viaggio che non sembra voler finire. Attende di iniziare nuovamente e si apre ad un nuovo inizio.
Questa canzone ricorda un periodo particolare della tua vita?
Volevo fosse un po’ una colonna sonora ad un momento che stavo vivendo. Non mi fidavo di me stessa, non mi piacevo, non mi apprezzavo. La canzone è nata da una discussione molto brutta al telefono dove mi sono state dette delle cose bruttissime. A quel punto ho capito che non meritavo delle parole così brutte e che non era giusto per me rimanerci male e rimettere in dubbio e discussione tutta la mia vita. Ma anche se sapevo che tutto era infondato sono comunque entrata un po’ in crisi. Alla fine quindi questa canzone è stata una sorta di catarsi per ritrovare il mio centro, per “ricentrarmi” e ritrovare me stessa. Doveva essere un inizio di una nuova era ricominciando a vivere tentando di fidarmi degli altri finalmente. La coda della canzone è così lunga proprio perché è una fine che in realtà non vuole finire.
Alla fine della canzone ci sono degli speech. Di chi sono le voci?
Ci sono Massimo Martellotta (Calibro 35), Antonio Cupertino (produttore dell’album) e ci sono anche io. Massimo e Antonio si sono messi a lavorare sull’album con grande entusiasmo regalandomi la loro fiducia e il loro entusiasmo. Per me sono stati come dei padri. Poi c’è la voce di Miles Kane conosciuto poco prima della fine delle registrazioni dell’album con il quale abbiamo iniziato a scambiare pareri e opinioni sulla musica scambiandoci registrazioni. Abbiamo anche scritto delle cose insieme. Anna Vigano’ (Verano) che fa l’entrata con la chitarra distorta sulla coda. È una delle mie migliori amiche e io la adoro. La volevo nell’album e le ho chiesto di partecipare. Poi ci sono tante voci che abbiamo preso registrando con il microfono in giro per strada.
Vuoi lasciarci con un messaggio?
Più rispetto e più sostegno tra le donne sarebbe importante e anche più solidarietà femminile.
Un album quello di Angelica che si racconta nota dopo nota invitandoti al mare, ad una festa, ad un viaggio, alla vita. Un album da portare sempre con sé.
Grazie a Carosello Records e ad Angelica per aver accettato questa rece-intervista.
a cura di
Sara Alice Ceccarelli