Tutti Pazzi per Jared

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Milano Rocks 2018

Mike Shinoda+ Thirty Seconds to Mars

Premessa: Da quando è uscito A Beautiful Lie, nel 2005, mi sono innamorata dei Thirty Seconds to Mars. Ero la tipica ragazzina invaghita di Jared Leto: avevo il poster nella cameretta, il calendario e ovviamente i cd.

Da quel momento ho sempre voluto andare a vedere un loro concerto ma, non si sa bene per quale motivo, non ci sono mai riuscita: biglietti sold out in poche ore, esami in concomitanza, visite in ospedale. Insomma gli astri non mi sono stati favorevoli.

Fino a ieri sera.

Inutile dire che avevo aspettative altissime; voglio dire, in 13 anni di attesa non possono fare altro che crescere in maniera esponenziale.

Bisogna anche dire che tutti quelli che avevano assistito a un loro concerto nell’ultimo periodo mi avevano fatto recensioni tutt’altro che positive del tipo: “Ma sai che lui non canta quasi più? Cioè fa fare tutto al pubblico” oppure “Delle canzoni vecchie fa solo l’intro o il ritornello e poi passa oltre”.

Quindi potete immaginare con quale stato d’animo mi apprestavo a partire alla volta di Milano: ero confusa, un po’ presa male e, a un certo punto, ho pensato ma chi me lo fa fare?

Detto questo non vi annoierò con la storia del mio viaggio della speranza (45 minuti ferma in coda al casello) per arrivare a Milano; né tantomeno con l’epopea della coda infinita per accedere al concerto e passerò direttamente alla parte divertente della serata.

(Questa sarei io in attesa)

Il primo ospite che tutti aspettavamo era Mike Shinoda dei Linkin Park, che sta portando avanti un progetto da solista dopo la scomparsa di Chester Bennington.

Una bomba. Non mi vengono mi mente altre parole per descriverlo. L’energia, la carica, la grinta ma soprattutto la dolcezza di Shinoda mi hanno incantata.

Mike ha fatto un discorso da pelle d’oca in cui ha ricordato Chester e ha ringraziato i fan per il supporto che gli hanno dato durante quest’anno lungo e difficile.

Quando ha finito di parlare è partita In the End e Shinoda ha invitato il pubblico a cantare la parte di Chester. Da brividi, non sto scherzando.

Ma non è stato solo un tuffo nel passato ma anche uno slancio verso il futuro. Perché insieme ad alcuni dei successi dei Linkin Park ha presentato le canzoni di Post Traumatic, il suo lavoro d’esordio come solista.

Con il suo carisma è riuscito a stregare tutti: ha creato un mix di emozioni che non avevo mai visto prima in nessun concerto.

Vi dico solo che quando lui e la sua band sono scesi dal palco ho detto “Se anche i Thirty Seconds to Mars dovessero deludere le aspettative solo per Shinoda è valsa la pena venire fino a qui”.

E poi quando è calato il buio sul palco e sono partite le note di Monolith ho capito che era arrivato il momento… proprio quello che aspettavo da quando avevo 16 anni. I Thirty Seconds to Mars stavano per arrivare.

Jared Leto è comparso abbigliato con la sobrietà che lo contraddistingue: pantaloni fucsia zebrati, camicia viola, giacca di pelle con brillantini e occhiali da sole.

In quell’istante è uscita la ragazzina che in qualche modo ero riuscita a tenere a bada.

Dopo tutte le recensioni negative e il terrorismo psicologico che mi avevano fatto ero pronta al peggio e invece… è stata una sorpresa.

Non solo ha cantato tutte le canzoni dall’inizio alla fine, compresi i successi che li hanno resi famosi come From Yesterday e The Kill, ma non ha fatto fare tutto il lavoro al pubblico come mi avevano detto.

Ovviamente in alcune parti, in molte parti, chiedeva il nostro aiuto ma era anche un modo per rendere tutti partecipi allo show.

La sua voce non è più quella di una volta, su alcune note fatica ad arrivare è vero, ma questo secondo me non ha influito eccessivamente sulla riuscita del concerto.

Diciamocelo: Jared Leto è uno showman, sa come stare sul palco e come coinvolgere le persone.

Io non ho mai visto una tale agitazione e una tale foga tra il pubblico, tutti spingevano e si accalcavano per arrivare il più vicino possibile a lui e, quando si è messo tra la folla per cantare The Kill ammetto di essermela vista brutta.

(E probabilmente mi sono giocata i legamenti del ginocchio destro).

(Questa sarei sempre io. Però post-concerto)

Ma in quel momento andava bene così.

Non so se sono stata fortunata a capitare ad un concerto migliore degli altri, non so se il mio giudizio sia stato annebbiato dalla fan sedicenne che ha deciso di risvegliarsi dal suo letargo, ma una cosa posso dirla con certezza: a pochi altri concerti mi sono divertita così tanto.

Credo che i Thirty Seconds to Mars abbiano ancora dei colpi in canna e possano regalarci ancora delle belle sorprese.

Grazie di cuore Milano Rocks, grazie a Mike Shinoda, ai Thirty Seconds to Mars e alle persone che erano con me e con cui ho condiviso una serata per me molto speciale.

A cura di Laura Losi

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Laura Losi

Laura Losi è una piacentina classe 1989. Si è laureata in Giornalismo e Cultura Editoriale presso l’Università degli Studi di Parma con una tesi sulla Comunicazione Politica di Obama. Avrebbe potuto essere un medico, un avvocato e vivere una vita nel lusso più sfrenato, ma ha preferito seguire il suo animo bohemien che l’ha spinta a diventare un’artista. Ama la musica rock (anche se ascolta Gabbani), le cose da nerd (ha una cotta per Indiana Jones), e tutto ciò che riguarda il fantasy (ha un’ossessione per Dragon Trainer). Nel 2015 ha pubblicato il suo primo romanzo “Tra le Rose” e a breve vedrà la luce anche la sua seconda fatica, il cui titolo rimane ancora avvolto nel mistero (solo perché in realtà lei non lo ha ancora deciso).

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