La Storia e Io: “La cerimonia della vita”

La Storia e Io: “La cerimonia della vita”
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Murata Sayaka, classe 1979, nasce nella prefettura di Chiba per poi trasferirsi da adolescente a Tokyo dove si laurea in arti e studi culturali all’Università Tamagawa. Da sempre appassionata di manga e romanzi gialli inizia a scrivere fin da bambina. Debutta come scrittrice nel 2003 con Ju’nyū, che le vale il premio Gunzō, il primo di tanti. È però nel 2016 che attira davvero l’attenzione, anche internazionale, con il brillante La ragazza del convenience store (Edizioni E/O 2018), vincitore del Premio Akatugawa e tradotto in più di trenta lingue.

In una sua intervista Murata ha dichiarato “Avverto più follia nella parte cosiddetta normale della mia vita che in quella considerata strana”, affermazione condivisa e riflessa nei suoi personaggi. È infatti “la stortura” la vera protagonista delle sue storie, che in maniera più o meno velata affiora lasciandoti stranito.

La cerimonia della vita

La cerimonia della vita, uscito per Edizioni E/O a febbraio scorso, non è da meno. Il libro, composto da dodici racconti, descrive personaggi inadeguati e fuori luogo che abitano universi paralleli, futuri distopici o molto lontani. Nel momento in cui loro mettono in dubbio la loro etica anche il lettore stesso è portato, tra l’inorridito e il disgustato, a domandarsi dove finisca il giusto ed inizi lo sbagliato. 

I primi due racconti affrontano il tabù del cannibalismo, trattato dalla scrittrice già ne I terrestri. Viene però declinato in modo meno violento di quello con cui siamo abituati a trattare. Il corpo, la carne, diventa qualcosa da condividere e riciclare.

Ho sempre più la sensazione che le abitudini di noi essere umani assomiglino a quelle degli scarafaggi. Gli scarafaggi, a quanto pare, si radunano per divorare la carcassa dei loro simili; inoltre, poco prima di morire, depongono un gran numero di uova. Difatti tribù che erano solite riunirsi per pregare e mangiare il corpo del defunto esistevano fin dall’antichità, perciò in un certo senso la cerimonia della vita non è un’usanza recente.

La cerimonia della vita, da cui il nome della raccolta, è il rito che ha sostituito il funerale. Non più un momento di tristezza e cordoglio, ma un banchetto dove la portata principale è il corpo del defunto. Gli ospiti sono poi invitati a procreare, in modo da poter donare figli ad un mondo che vive un inverno demografico. Si celebra quindi la fine per poter dar vita ad un nuovo inizio.

Tra il banchetto ed il corpo

Il cibo, il banchetto, è un tema ricorrente nei racconti. Che si parli di carne umana, di piante raccolte nei boschi o nei parchi cittadini o di polvere di insetti è in parte filtro e biglietto da visita nelle relazioni che si intrecciano tra le pagine.

Un’altra tematica è l’amore e tutto ciò che gli gira intorno. Dall’amicizia, al tradimento e l’attrazione, che sia verso un altro essere umano, un oggetto o il piacere stesso.

La sua carne ora sprizzava vita, in sintonia con il cuore. Il suo sudore era un fluido corporeo caldo e vischioso, ben diverso dalla semplice acqua che fino ad allora le riempiva il corpo. Sanae sentiva il fisico rigenerarsi e riattivarsi di minuto in minuto, in uno splendido crescendo.

Ma ancora più dell’amore si parla di accettazione. Di sé, anche quando ci sentiamo diversi, alieni o confusi e della forza di affermare la propria personalità, o le proprie personalità, nel mondo. E degli altri, in un esercizio costante di comprensione e ascolto.

Murata ci racconta un essere umano onirico, le sue relazioni interiori ed esterne, e lo fa utilizzando mondi e lenti che lo rendono lontanissimo e allo stesso tempo estremamente vicino alla realtà. Perché dopotutto, come ci ricorda Yamamoto, il mondo è un’illusione temporanea, che possiamo cogliere solo nel presente e vivere appieno finché è possibile.

a cura di
Andrea Romeo

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Andrea Romeo

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