Il gioco di contrasti degli Zoostat nel nuovo album “Crash Test”

Il gioco di contrasti degli Zoostat nel nuovo album “Crash Test”
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Esce giovedì 9 marzo “Crash Test”, il nuovo album del duo Zoostat, un progetto elettropop che nasce dalla prosa e dalla scrittura libera

Zoostat è il progetto discografico del duo genovese composto da Giulio Gaietto e Gabriele Serpe. Il loro sound fortemente elettropop è estremamente personale, con influenze che spaziano dal pop alternativo anni ‘90 alla musica techno, con l’utilizzo di synth modulari e drum machines analogiche.

Il nuovo album “Crash Test” è il risultato di un approccio differente alla composizione rispetto al passato, realizzando partendo dalla prosa e adattando la scrittura alle proprie esigenze musicali.

La cover dell’album “Crash Test”

Curiosi di scoprire di più? Leggete la nostra intervista agli Zoostat!

1. Ciao ragazzi, benvenuti su The SoundCheck! Come è nata la vostra collaborazione e da dove nasce il nome del progetto “Zoostat”? 

Giulio: Ci siamo conosciuti parecchi anni fa. Lui stava cercando qualcuno che potesse seguirlo nella scrittura e nella produzione di alcuni brani, lavoro che poi si concretizzò nell’album “UNO”, un bel progetto anche accompagnato da una rappresentazione teatrale. Da li non abbiamo mai smesso di provare gusto nel creare musica insieme, attraversando varie fasi e sperimentando modi che potessero coniugare la ricerca sonora e compositiva all’esigenza di esprimere concetti a livello testuale, fino alla semplicissima voglia di divertirsi.

GabrieleZoostat è una parola che ho letto la prima volta ne “I Racconti di Belzebù a suo nipote” di G.I. Gurdjieff. Oltre che per il significato, che richiama in qualche modo sia la dimensione spirituale che il numero due, ci sembrava suonasse molto bene per un progetto elettronico.

2. Il vostro nuovo album “Crash Test” presenta numerose influenze, dalla musica techno al synth pop, dalla canzone d’autore italiana al pop alternativo anni ‘00. Questa domanda ci piace sempre farla: da cosa o da chi avete tratto maggiore ispirazione?

Giulio: Esatto… da innumerevoli ascolti delle cose più variegate. Può essere addirittura il brano trap che ascolti occasionalmente e che ti lascia in testa quel sapore di autotune che mai avresti pensato di utilizzare e che invece poi funziona, o la canzone italiana anni ‘80 che volente o nolente hai nell’orecchio. Parlando più dal punto di vista elettronico ti posso citare i Kraftwerk e arrivare fino a Lorn. Poi c’è la new wave o dark wave, Cure ad esempio. Parlando di wave italiana personalmente sono un fan dei Litfiba, specialmente del primo periodo. Credo che tutti questi elementi apparentemente scollegati abbiano avuto un peso in questo album, ma cosa sia più importante è davvero difficile dirlo, probabilmente si tratta proprio dell’aspetto ludico di sperimentare mix di vari generi senza sentirsi costretti ad incanalarsi per forza in qualcosa di ben definito.

3. Come riuscite a conciliare la poetica dei testi in italiano con il sound elettronico durante la fase di composizione, in questo gioco di contrasti apparentemente difficile da bilanciare?

Gabriele: È davvero un gioco di contrasti, mi sembra l’immagine perfetta. Ci siamo abituati per tanti anni ad ascoltare la canzone elettronica per lo più in lingua inglese. La nostra lingua è materia morbida, plasmabile, ha bisogno di essere lavorata per adattarsi al sound elettronico. In questo senso i testi di Battiato sono per me di grande ispirazione. Noi solitamente partiamo dalla prosa. Riflessioni, immagini, appunti dai libri. I testi di “Crash test” sono il risultato di un lavoro iniziato molto tempo prima rispetto alla musica, subito dopo l’Ep “Cancellature”. Quaderno e note del telefono, scrittura libera. Così, una volta che i provini dei nuovi brani iniziavano a prendere forma, avevamo a disposizione un vero e proprio arsenale di frasi e immagini da scegliere, modellare e riadattare a seconda delle esigenze.

4. Sapeva spingersi in alto, godere della vista e lasciarsi cadere (Molto prima) – Alzo la testa solo per prendere ossigeno e tornare giù (Berlinese): l’immagine del cadere e del toccare il fondo è ricorrente in questo album. Che cosa rappresenta per voi questa figura?

Gabriele: A proposito di Battiato, mi viene in mente Inneres Auge “la linea orizzontale ci spinge verso la materia, quella verticale verso lo spirito”. È una frase tratta dal libro “L’Essenza della Vita” di W. Jager. Tutti noi nasciamo con la propensione al divino, alla crescita verso l’alto. Ma la nostra natura meccanica si oppone e spinge verso il basso. I protagonisti di “Crash test” sono il risultato della costante contrapposizione di queste due forze.

5. Il videoclip del singolo “Senza parlare” è stato realizzato con un’intelligenza artificiale e già in passato avevate affiancato la produzione musicale con quella video con computer grafica. Come vivete il rapporto tra uomo e tecnologia?

Giulio: In maniera molto conflittuale. Non è tanto la tecnologia in sé, ma il suo sviluppo che è diventato, a mio avviso, troppo veloce per l’essere umano. Tutto questo non può che catapultarci in uno stato che è molto diverso da quello vissuto dall’uomo fino all’avvento dei computer e che porterà inevitabilmente ad uno squilibrio sempre maggiore tra quello che siamo e quello che pensiamo di essere. Detto ciò, alterno momenti in cui mi diverto tantissimo a creare cose utilizzando la tecnologia e a goderne, a momenti in cui
provo un profondo rigetto solo al pensiero di dover accendere il computer per lavorare.

6. ” Bianca” è liberamente ispirato ad un’antica storia sufi che abbiamo rimodellato in chiave pop e anticipa il tema centrale dell’album: l’età adulta come opportunità evolutiva e il desiderio di emancipazione dalla condizione di uomo macchina”. Un brano che invita a una riflessione sulla libertà, sull’identità e sul passare del tempo: in che modo si è evoluta la vostra musica rispetto alle produzioni precedenti?

Giulio: In modo sostanziale. Nella produzione precedente tutte le canzoni partivano da una scrittura di tipo classico, tipo ci mettiamo al piano e creiamo una canzone. Dopodiché si cominciava ad arrangiare e partiva il processo di produzione vero e proprio, ed è così che sono nati i primi brani compreso “Cancellature”. Per questo album invece siamo partiti direttamente a lavorare con l’audio e i synth, e la voce è spesso uno strumento che gioca con quello che succede sotto, improvvisando. Ovviamente rimane un certo gusto per la melodia e la sua forma, ma apre a molte altre soluzioni che sono presenti nell’album e che non sarebbero state altrimenti possibili.

La cover di “Bianca”
7. Dove corre (citando “Lato Passeggero”) il futuro dei Zoostat? Quali sono i vostri prossimi progetti?

Gabriele: Ora così di getto ti direi verso brani strumentali, musica elettronica. Non sto dicendo che non torneremo a scrivere canzoni, non immagino un futuro musicale senza versi da scrivere. Ma come dicevamo prima per noi il processo di scrittura dei testi è molto lungo. E diciamo che nel frattempo ci piacerebbe uscire con qualche lavoro strumentale che già abbiamo abbozzato. Vedremo!

a cura di
Chiara Serri

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Chiara Serri

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