Scompartimento n. 6: la storia di un viaggio (SPOILER!)

Scompartimento n. 6: la storia di un viaggio (SPOILER!)
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“Scompartimento n. 6”, o “Hytti nro 6”, è un film del 2021, presentato per la prima volta al 74esimo Festival di Cannes. E proprio lì, lo scorso luglio, ha trionfato, vincendo, in ex- aequo con “Hero”, il Grand Prix.

Attualmente, il film è stato inserito dall’Academy nella shortlist dei possibili candidati all’Oscar per la categoria “Miglior Film Straniero 2022” (assieme, tra i tanti, ad “È stata la mano di Dio” del nostro Paolo Sorrentino), ed è dunque sempre più in corsa per la conquista dell’ambita statuetta. 

La Trama

È una storia d’amore

Ma è anche la storia di un viaggio, quello compiuto da Laura, studentessa di archeologia finlandese. La giovane decide infatti di abbandonare Mosca, dove vive con la donna che ama, Irina, per recarsi a Murmansk a visitare il sito archeologico dei petroglifi.

Nello scompartimento di un treno in corsa, la donna incontrerà Ljoha, minatore russo e ladro all’occorrenza, assieme al quale si troverà costretta a condividere il viaggio. Sebbene dapprima i rapporti tra i due non saranno tutti rose e fiori, anche a causa dalla profonda differenza che intercorre tra di loro, con il tempo Ljoha e Laura impareranno molto l’uno sull’altra. La diversità tra i due si farà pian piano meno evidente, fino a scomparire, portandoli a legarsi profondamente

Laura e Ljoha sul treno, diretti a Murmansk
Una co-produzione europea

È sempre interessante, per quanto mi riguarda, dedicare qualche ora alla visione di un film straniero, soprattutto se così bello. In particolar modo quando si tratta di una co-produzione come questa. La pellicola è stata infatti realizzata dalle Aamu Film Company, Achtung Panda, Amrion Productions e CTB Film Company.
Quattro diverse case di produzione per -addirittura – quattro differenti Paesi (Finlandia, Estonia, Russia, Germania)!

Un progetto interessante, quello messo in scena dal regista finlandese Juho Kuosmanen, che, dietro la camera da presa, dirige il film in maniera impeccabile. Il regista riesce infatti a dare risalto ad una componente e ad un gusto tutto nord-europeo, che emerge fin dalle prime scene della pellicola. Un gusto che non passa mai inosservato, discostandosi nettamente dal classico – visto e rivisto – stile hollywoodiano, a cui i nostri occhi sono ormai abituati. 

Fotografia e regia 

Dal punto di vista tecnico, ho apprezzato molto fotografia e regia, vero e proprio fiore all’occhiello, che conferiscono al film i suoi tratti distintivi. 

Per quanto riguarda la fotografia, sono due i colori che la fanno da padrone, dominando la scena per tutta la durata della pellicola: il bianco e il nero, sempre presenti e in netto contrasto. Questo gioco tra chiaro-scuro è esaltato da una costante e ripetitiva alternanza tra scene notturne, girate nella pressoché totale oscurità, e diurne, dove il chiarore della neve risalta agli occhi dello spettatore.

I toni freddi, quasi glaciali, si sposano perfettamente con il clima di sospettosa distanza che regna tra i protagonisti. Con quel muro, eretto da essi ad inizio film, che li vede distanti e apparentemente impermeabili l’uno nei confronti dell’altra. L’unico accenno a colori più caldi lo ritroviamo nella scena finale, quando Laura legge il biglietto di Ljoha e si lascia andare in un enorme sorriso, col volto illuminato dalla luce di un sole non più pallido e invernale, ma infuocato e vivo. 

Questa freddezza di colori e toni accompagna il pubblico nella visione di una pellicola dal ritmo lento e rilassato, che riesce però a non annoiare mai. La macchina da presa si muove tra i vagoni del treno, descrivendone gli spazi angusti, soffermandosi sulla scomodità e il disagio di un viaggio che appare infinito, mentre il tempo trascorso con persone sconosciute sembra dilatarsi.

Il regista si sofferma sui volti dei protagonisti, evidenziandone le emozioni con frequenti primi piani, e sui gesti compiuti da essi (Ljoha che sbuccia un mandarino, Laura che scrive a matita, il musicista finlandese che pizzica le corde della chitarra). Questi ultimi, di grande impatto visivo, catturano l’attenzione dello spettatore, spesso enfatizzati dai lunghi silenzi che regnano all’interno dello scompartimento.

Il viaggio di Laura termina a Murmansk, dove si reca a vedere i petroglifi
Fotografia e regia
Il Viaggio 

“Hytti nro 6” è la storia di un viaggio. Un viaggio nelle sperdute e fredde lande del Nord. Un viaggio alla scoperta di luoghi e persone a noi sconosciuti, differenti.

Ce ne accorgiamo fin da subito, mentre la cinepresa si sofferma sui paesaggi glaciali dietro i finestrini dello scompartimento, o osservando la neve turbinare lieve dietro i vetri. Lo percepiamo nei silenzi ovattati che spesso regnano durante il film, interrotti da qualche frase sconnessa qua e là. Da Ljoha, abituato a bere e a cavarsela da solo, e da Laura, che fissa nel vuoto, pensierosa, qualcosa di indefinito e lontano, trasportata dalle note della chitarra suonata dal terzo passeggero. 

Il freddo pungente – sulla pelle, sul volto – lo si può quasi percepire attraverso lo schermo. Il sapore amaro del tè, chiesto più volte per scaldarsi nelle fredde notti sul treno, o per trovare conforto dopo una gelida discussione. Il torpore sotto le lenzuola ruvide. La scomodità angusta della cabina. Il calore della gente del posto, che sa dare e ricevere, che sa accogliere i due giovani durante il loro cammino, in netto contrasto con i modi bruschi e un po’ spigolosi, destinati però ad ammorbidirsi dopo qualche bicchiere.

Tutto questo arriva agli occhi e al cuore dello spettatore, e gli parla con immagini che vogliono trasmettere un’idea ben precisa: la durezza e la bellezza selvaggia di un luogo e della sua gente

Durante il suo viaggio, Laura trascorre la notte ospite di una abitante del luogo
Il viaggio di Laura
 Passato e ricordi 

È un viaggio che parla di cultura e radici, ma anche di un passato lontano che vive ancora in quei luoghi dimenticati. Passato e ricordi sono infatti una tematica fondamentale, costantemente ripresi e riproposti in chiave diversa durante tutto il film.

Vi è l’idea di un Passato antico, ancestrale, con il quale Laura sente il bisogno di entrare in contatto, anche a causa dell’influenza di Irina, che la spinge a compiere il viaggio fino a Murmansk per andare a vedere i petroglifi, esaltando l’importanza dell’esperienza agli occhi dell’amante: solo la conoscenza del passato può portare a conoscere meglio il presente. 

Ma vi è anche l’idea di un passato più doloroso, che emerge nella parte centrale del film, quando Laura si accorge che ad Irina è bastato poco per dimenticarla e che il loro amore è ormai un ricordo lontano.

Sono proprio i ricordi un’altra tematica importante. I ricordi di Mosca, ai quali la giovane si sente ancora legata. Quelli che custodisce gelosamente nella sua cinepresa e che le saranno portati via dal musicista finlandese, quando quest’ultimo le ruberà la videocamera. Da questo momento in poi Laura inizierà a lasciarsi il fantasma di Irina alle spalle e ad avvicinarsi sempre di più a Ljoha. E sarà proprio al ragazzo che ammetterà, durante una chiacchierata notturna, che ciò che le manca davvero della donna non è il suo amore ma come lei la guardava. 

Tuttavia è solo contemplando il mare in burrasca, dopo aver visitato il sito archeologico dei petroglifi, che avviene la vera rottura con il passato: terminato finalmente il suo viaggio e osservando le onde infrangersi contro gli scogli, la ragazza sembra finalmente pronta a lasciarsi tutto alle spalle. 

Laura riprende con la videocamera
Il rapporto tra Laura e Ljoha

Immaginatevi di salire su un treno e di trovarvi costretti a condividere lo scompartimento con uno sconosciuto intento a tracannare senza sosta massicce quantità di vodka di dubbia qualità. Quale sarebbe la vostra prima impressione?

Quella di Laura sicuramente negativa. Proprio per questo motivo la giovane si dimostra da subito brusca e prevenuta nei confronti del suo compagno di viaggio, che non esita a fare altrettanto. Entrambi si comportano dapprima in modo freddo e distaccato, osservandosi a vicenda, guardinghi, tanto che a San Pietroburgo Laura è tentata di fare marcia indietro e ritornare a Mosca.

Successivamente però il gelo tra i due inizia a dissolversi e nascerà ben presto una forte intesa. Questo legame, nato per caso, verrà più volte compromesso dai bruschi modi di fare del giovane. Egli infatti risulterà infastidito dapprima dalla presenza di un terzo viaggiatore e poi dai sentimenti che sente di provare per la compagna di viaggio.

La rigidità con cui ricambia l’abbraccio di Laura durante l’ultima notte sul treno. I suoi occhi lucidi, su cui la telecamera si sofferma. La sua fuga repentina la mattina seguente. Questi gesti descrivono con estrema chiarezza tutto il dramma vissuto da Ljoha, la sua difficoltà nell’aprirsi e nel dimostrarsi fragile. Alla fine del film i due si rincontreranno e riusciranno insieme a porre fine alla distanza che li divide.

Il rapporto complesso creatosi tra i due protagonisti, colonna portante del film, si articola in un intenso gioco di sguardi, in espressioni e gesti che esprimono in silenzio tutto ciò che i due non sono in grado di comunicarsi a parole. Quel “Vaffanculo” pronunciato da Laura in finlandese, spacciato per un “Ti amo” ad inizio film, diventa emblema di un rapporto inizialmente burrascoso e difficile, nato per caso tra due sconosciuti su un treno in corsa, e racchiude in sé tutta la schiettezza e l’autenticità che questa storia d’amore ha da offrire

Ljoha e Laura fumano insieme sul treno
Ljoha e Laura
Promosso o bocciato? 

Decisamente promosso ma, piccola nota a piè di pagina, non un film per tutti. Chi è alla ricerca di un’ardente storia d’amore potrebbe rimanere deluso dalla semplicità di questa pellicola.

Questo perché “Scompartimento n 6” è semplice, sì, nella sua bellezza, ma il modo in cui mette in scena il più canonico dei rapporti umani – l’amore – racchiude un’essenzialità quasi spiazzante, che arriva diritta al cuore dello spettatore e lo rapisce in tutta la sua immediatezza. 

A cura di
Maria Chiara Conforti

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