“I can’t breathe” eppure la violenza e l’odio non si fermano

“I can’t breathe” eppure la violenza e l’odio non si fermano
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Maggio 2020, ancora una vittima con il suo ultimo grido di dolore :“I can’t breathe”.

Duemilaventi eppure sembra di esser tornati indietro e poi ancora indietro nel tempo

Ed è ancora possibile sentire parole come razzismo, è ancora possibile vedere vite umane spezzate dalla furia di altre vite umane. Una furia silenziosa che ti lascia impotente di fronte ad una presunta sete di potere e potenza di una divisa.

Decidere di uccidere tra indifferenza e freddezza un uomo, con un ginocchio puntato all’altezza della gola, con una forza brutale e una crudeltà che non è descrivibile né tanto meno giustificabile in nessun modo.

Duemilaventi e quel video girato da un passante

Un video che dimostra e conferma quanto l’uomo in realtà sia bestia, quanto l’uomo sia fonte di odio e di violenza continua e quanto possa far schifo oltre ogni possibile “grado” e “Stato”.

Ho aspettato un po’ prima di cliccare play su quel video e non è servita a molto la frase che anticipava le scene più crude: “Attenzione le immagini potrebbero urtare la tua sensibilità”. Perché quelle immagini vanno ad urtare troppe cose e non saprei proprio descrivere tutto quello che hanno suscitato, smosso e provocato in me.

Rabbia, sgomento, ansia, paura e voglia di urlare: “Fermati! Lo stai uccidendo!”

Duemilaventi e l’uomo nero è ancora messo a terra dall’uomo bianco

Gli abusi di potere sono ancora causa di morte e una divisa ti da ancora il diritto di scegliere che fine dovrai fare e come, se tra le botte chiuso in una cella o se fermato per strada.
Poco importa.

George Floyd ammanettato faccia a terra aveva 46 anni e una famiglia, una fidanzata, un lavoro, una vita. Una cazzo di vita che ad un certo punto è finita perché 4 agenti della polizia del Minnesota hanno deciso di non ascoltare la voce stremata di quell’uomo che continuava ripetere:
“I can’t breathe” “Non riesco a respirare”.

E mentre l’agente Derek Chauvin premeva il ginocchio sul collo della vittima, gli altri stavano a guardare senza muovere un muscolo, quegli stessi muscoli che invece sono in grado di muovere eccome!

Duemilaventi fa (ancora) rima con razza

Una storia che si ripete, uno scenario dove le ingiustizie razziali camminano ancora a braccetto con le brutalità da parte delle forze dell’ordine. Capaci ancora una volta di scatenare odio, odio e poi ancora odio.

Non siamo poi così distanti dall’America perché nessuno ha dimenticato le nostre vittime: Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Giuseppe Uva, Carlo Giuliani. Quindi è inutile generalizzare e condannare gli Stati Uniti o l’Italia, va condannata la violenza disumana e vanno puniti gli assassini.

Siamo ancora troppo lontani dall’anno in cui la giustizia ci proteggerà davvero dall’ingiustizia.

La legge non è uguale per tutti e con George abbiamo smesso tutti noi di respirare per un attimo. Almeno per un attimo.

a cura di
Claudia Venuti
illustrazione di
Claudio Castellana

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Claudia Venuti

Claudia Venuti nasce ad Avellino nel 1987, a 14 anni si trasferisce a Rimini, dove attualmente vive e lavora. Oltre ad essere il responsabile editoriale della sezione musica di TheSoundcheck, è responsabile dell’area letteratura dell’ufficio stampa Sound Communication. Studia presso la Scuola Superiore Europea di Counseling professionale. Inguaribile romantica e sognatrice cronica, ama la musica, i viaggi senza meta, scovare nuovi talenti e sottolineare frasi nei libri. Sempre alla ricerca di nuovi stimoli, la sua più grande passione è la scrittura. Dopo il successo della trilogia #passidimia, ha pubblicato il suo quarto romanzo: “Ho trovato un cuore a terra ma non era il mio” con la casa editrice Sperling & Kupfen del Gruppo Mondadori.

9 pensieri su ““I can’t breathe” eppure la violenza e l’odio non si fermano

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