La genesi di Kumomi, la nuova etichetta d’intenzione più che di genere

La genesi di Kumomi, la nuova etichetta d’intenzione più che di genere
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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con i ragazzi di Kumomi, una nuova realtà urban milanese che si candida già ad essere tra le più interessanti della scena underground. Da pochissimo è uscito il loro primo singolo, una collaborazione tra Canntona e Vespro.

Ecco cosa ci hanno raccontato!
Domanda per gli ignoranti. Che cosa significa, in pratica, gestire un’etichetta?

FRANCESCO: Per mia esperienza, divido il gestire l’etichetta in due macro aree: quella gestionale e quella artistica. Dal punto di vista della gestione ci sono una quantità di cose da tener sempre d’occhio: che sia lo status delle release, l’organizzazione strategia, la comunicazione. Piccoli o grandi impegni quotidiani da non sottovalutare mai quando ci si sveglia la mattina. L’altro lato è quello artistico.

Nella mia personale visione di un’etichetta, oltre banalmente alla scelta degli artisti da firmare, c’è il lavorare fianco a fianco con loro sul percorso musicale che si vuole intraprendere. Non mi piace pensare a ragazzi in camera che ti mandano un lavoro pronto e tu lo pubblichi. Sta a me, come direttore artistico, partecipare attivamente alla creazione della musica che andremo a pubblicare, aiutando gli artisti a tirare fuori tutto il loro talento e la loro cifra stilistica.

DANIELE: Sul lato più tecnico, un’etichetta è anzitutto il tramite tra l’artista e il pubblico, la macchina che trasforma una canzone in un prodotto da portare a un pubblico. Ma una canzone non è un prodotto qualunque, ha bisogno di una serie di accorgimenti particolari per essere preparato, pubblicato e promosso nel modo giusto e in maniera fedele a quello che l’artista vuole esprimere. Il nostro è un grande lavoro coordinato tra noi, gli artisti e i partner che ci accompagnano in questa impresa, primo fra tutti il nostro distributore Artist First, e ci teniamo che Kumomi non sia solo un passaggio di questa catena ma aggiunga valore e significato alla musica che passa per le nostre mani.

Perché alcune etichette sembrano non avere un’identità? È una cosa importante?

FRANCESCO: Le etichette che mi vengono in mente da quando sono in questo mondo hanno tutte un’identità musicale piuttosto forte. Le altre non le ricordo, ed un motivo ci sarà. Non è solo una questione puramente musicale: se penso a una delle mie etichette preferite, la Stone Throw, vedo nel loro catalogo pubblicazioni anche molto diverse l’una dall’altra a livello di stile musicale, eppure rimane costante quello che è il loro immaginario. Mi piace l’idea di firmare un rapper che potrebbe suonare insieme ad una band, così come una band che potrebbe suonare con un rapper. In generale c’è la voglia di proporre progetti che esulano dai canoni per qualità e proposta. Kumomi non è un’etichetta “di genere”, ma d’intenzione.

ARIANNA (Creative Director): Quando Francesco mi ha chiamata e mi ha chiesto se volevo far parte di Kumomi il primo motivo per cui ho accettato è che finalmente qualcuno mi aveva fatto una proposta che non fosse “ ho bisogno di qualcuno che faccia questo”, ma quello che mi chiedeva era di esprimere la mia creatività per rappresentare la sua visione della musica. Trovo che oggi ci siano tantissime etichette nell’industria, quelle che diventano famose e grosse grazie ai giusti investimenti, e quelle che diventano famose perché oltre ai giusti investimenti prestano attenzione alla propria identità e quello che stanno comunicando.

Credo che un’etichetta non debba essere solo un mezzo per vendere dischi, ma soprattuto un mezzo per diffondere idee, ideologie e messaggi attraverso la musica e l’immagine. Ricordiamoci sempre che l’ascoltatore ha bisogno di identificarsi negli artisti che ascolta. In questo forse siamo ancora troppo indietro rispetto agli americani ad esempio.

Come s’è formata la squadra di Kumomi?

FRANCESCO: Già lo scorso anno ho fatto le prime “prove tecniche di etichetta” insieme a Daniele Piccoli, label manager di Kumomi e già mio collega in esperienze lavorative precedenti nel mondo della musica. Sul finire del 2019 queste mie esperienze si sono concluse, ed invece di cercarmi un altro lavoro ho deciso di dedicarmi completamente allo sviluppo di Kumomi affinché diventasse una label a tutti gli effetti. È rimasto con me Daniele ed ho aggiunto al team Arianna Puccio, che già conoscevo per le sue esperienze all’interno della scena milanese, ma soprattutto ero convinto che la sua visione estetica fosse quella giusta per esprimere quello che avevo in mente e diventare creative director di Kumomi e dei suoi artisti. In entrambi è stata fondamentale la loro voglia di far parte di questa squadra pur sapendo tutte le difficoltà che si trovano in questo mondo.

DANIELE: Dopo aver lavorato a stretto contatto con Francesco negli ultimi tre anni, siamo un duo già molto rodato, e Kumomi è stata la prosecuzione piuttosto naturale dei nostri percorsi. Ora che siamo in tre abbiamo una squadra al completo, e siamo pronti a dedicarci anima e corpo a questo progetto.

Ci potete già dare qualche spoiler sul percorso di Canntona e Vespro?

FRANCESCO: Non nego che quando ad inizio anno ho cominciato questo progetto non mi aspettavo scoppiasse una pandemia globale. Inutile negare che questo abbia scombinato un po’ di piani, come a tutti. Stiamo comunque lavorando a diverse release per i ragazzi, così come ci sono altri artisti che gravitano intorno a Kumomi e che probabilmente in un futuro non troppo lontano si uniranno a noi. Sicuramente questo periodo di isolamento non rimarrà senza musica, come stiamo già dimostrando.

ARIANNA: Come dice Francesco, la situazione non ci dà modo di avere troppi spoiler, quello che posso dirvi dalla mia è che ho le idee ben chiare sul lavoro che dovrò fare con Canntona e sopratutto con Vespro una volta usciti da questo momento delicato. Sono a lavoro già sul video del prossimo singolo di Vespro ad esempio, attendo solo che Giuseppe Conte ci liberi.

Domanda generalista. È davvero così difficile fare musica in Italia nel 2020?

FRANCESCO: Direi il contrario, forse è troppo semplice. Sicuramente i social e le nuove tecnologie hanno reso letteralmente chiunque in grado di creare un contenuto musicale e renderlo immediatamente disponibile. Questo crea una saturazione di contenuti ma soprattutto una confusione general; a livello percettivo non si sente più troppo distintamente la differenza fra un freestyle improvvisato in camera poi pubblicato su Instagram e un album lavorato in studio con un’attenzione anche spasmodica ai dettagli.

Non voglio fare il passatista che non accetta di vivere il presente, però, i social e questa enorme fluidità della musica possono essere sfruttati in modo anche intelligente per produrre contenuti artistici di valore, come ritengo abbiamo fatto noi ad esempio con “Tosse (Discreet Music)” di Canntona, traccia creata a distanza durante questa quarantena e pubblicata su Youtube pochi giorni fa. In sostanza, ritengo semplicemente che il fine ultimo debba rimanere la musica, e non gli eventuali like che ne derivano.

ARIANNA: Fare musica in Italia è piuttosto semplice, direi fare musica in generale. Registri una traccia e nel giro di due settimane puoi caricartela da solo su Spotify, molti artisti si sono fatti strada anche senza un’etichetta ad esempio. Nell’era degli youtubers, dei talent, dei tiktokers e degli influencer possiamo dire pubblicare musica è facile tanto quanto pubblicare un libro.

Quello che non è facile è fare musica che duri nel tempo. Se c’è una cosa, dal mio punto di vista, che non riusciamo a fare ancora al massimo delle nostre possibilità in Italia è quella di creare delle icone. Da noi spesso icona non è sinonimo di qualità, ma solo di personaggio. Ecco forse non è difficile fare musica oggi, ma è difficile riuscire a dare spazio alla qualità e non alla quantità.

a cura di
Beatrice Bianchi
foto di Eleonora Boscolo

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