“Denti da squalo”: Una favola moderna su Potere e Libertà
Lo scorso 8 giugno è uscito nelle sale “Denti da squalo”, il film diretto da Davide Gentile, con Tiziano Menichelli, Stefano Rosci, Claudio Santamaria, Edoardo Pesce, e Virginia Raffaele.
Il film è stato realizzato dai produttori di “Lo chiamavano Jeeg Robot” e “Freaks Out”, e si configura come una fiaba moderna sulle tematiche del Potere e della Libertà.
Una fortezza nascosta tra le campagne del litorale di Ostia. Il regno illimitato di un super predatore. Uno squalo, un Barracuda ed un Corsaro. Un bambino, orfano del padre. Un’amicizia che muta, in un legame fraterno.
Sono questi gli elementi fondamentali, i punti cardine di questa fiaba moderna, che pur non convincendo del tutto come i suoi predecessori (Lo chiamavano Jeeg Robot e Freaks out), ha la capacità di tenere incollato lo spettatore alla poltrona per 104 minuti, ipnotizzandolo.
Il film scava nelle vicende familiari di una famiglia distrutta da un lutto, raccontandoci questa storia dal punto di vista di Walter, un bambino costretto a crescere troppo in fretta.
Denti da squalo è una storia adulta e matura, che fa luce su una realtà di periferia dove chi prevale è sempre il più forte.
È una fiaba oscura e priva di magia.
Se non quella ancora presente negli occhi giovani e pieni di meraviglia di un bambino.
La trama
Ci troviamo nelle zone di periferia del litorale di Ostia, dove Walter vive da solo con la madre, orfano del padre Antonio. Il tragico evento ha segnato profondamente il bambino, spingendolo ad isolarsi e ad allontanarsi sempre di più da tutti i suoi affetti.
Vagabondando da solo lungo il litorale, Walter si imbatte in una villa abbandonata, che custodisce un oscuro segreto. La casa è di proprietà del Corsaro, temuto boss della malavita locale, e nella sua piscina, immerso tra i flutti, nuota, veloce e temibile… uno squalo!
Walter non crede ai suoi occhi e, vinta la paura nei confronti della creatura, tornerà alla villa sempre più spesso, imbattendosi proprio qui in un nuovo amico: Carlo.
Col passare dei giorni, tuttavia, questo nuovo mondo inizierà ad ammaliare il bambino sempre di più. Sedotto dal fascino della malavita e dal potere che essa promette, Walter si domanderà come mai il padre (amico e socio del Corsaro) abbia rinunciato a tutto questo, e se veramente per questa vita valga la pena mettere a repentaglio ogni cosa.
Lo sguardo di Walter
Uno degli aspetti più interessanti di questo film è l’ambientazione proposta, che non solo fa da sfondo alla vicenda, ma diventa essa stessa parte integrante della fiaba di Davide Gentile.
Il litorale di Ostia è qui rappresentato con tinte tetre e cupe, in tutta la sua crudezza e brutalità: pestaggi, risse, narcotraffico, colpi di pistola, terribili vendette, in una continua lotta per il potere che vede come protagonisti giovani adolescenti, attratti dalle comodità e dai soldi che quella vita promette. Ragazzi senza un futuro, abbandonati a loro stessi, che scelgono troppo presto, soggiogati da quel mondo.
Il contrasto è evidente: la vita adulta, da una parte, e la giovane età dei criminali, dall’altra. Che compiono azioni terribili, senza capirne mai veramente la portata, come in preda ad un gioco.
L’occhio che osserva è quello della verità.
Ma quello sguardo colpisce soprattutto per la sua lucidità disarmante. Per quella visione senza giudizi e senza cuore che solo un bambino può avere.
Denti da squalo descrive, attraverso lo sguardo infantile di Walter, una realtà guasta e difettosa, dove prevalgono criminalità e violenza. Il suo punto di vista, inizialmente inconsapevole e divertito, poi più impaurito e cosciente, porta lo spettatore a crescere e a maturare assieme al protagonista.
I dialoghi con il padre sono un esempio concreto del cambiamento del bambino. Essendo frutto della sua immaginazione, infatti, le parole di Antonio spingono inizialmente un entusiasta Walter verso la malavita, rivelandogli infine ciò che in cuor suo il bambino ha già scoperto: la trappola che si nasconde dietro di essa.
Il film in un’immagine: Walter che pedala furioso, mostrando i denti alla vita, come uno squalo.
Controllo e Paura
Di grande impatto, e al centro dell’intera narrazione, è sicuramente la figura dello squalo. Un animale potente ed invincibile, capace dapprima di spaventare, poi di affascinare Walter con la sua pericolosità.
Lo squalo è un animale killer, che si avventa sui piccoli pesci dilaniandoli senza pietà. È l’emblema del boss criminale, che attraverso la paura costruisce il suo regno. Che esige rispetto, e se lo prende, utilizzando come armi violenza e terrore.
Così come ha fatto il Corsaro, che da “pischello” è diventato un capo temuto, vendicandosi e rovesciando il regno del Barracuda.
Con la paura c’è il controllo. Senza non esiste il potere.
Perché uno squalo che non terrorizza più, che non fa più paura, cessa d’esistere. Deve essere ucciso.
Potere e libertà
Ma non è tutto oro quello che luccica. E dopo un po’ di tempo, Walter inizierà ad intravvedere le crepe di questa vita.
E il fatto che, se sei interessato al potere, devi lottare costantemente per mantenerlo, senza mostrare mai il minimo dubbio, il minimo segno di cedimento o di debolezza.
Perché può costarti molto caro.
Una delle scene più belle, a mio avviso, è quella che riguarda la discesa del bambino nei sotterranei, dove osserva lo squalo nuotare indisturbato nella piscina.
Ammaliato dalla sua forza e dalla sua potenza, non si accorge inizialmente di quanto lo squalo soffra quella condizione e si senta intrappolato in essa.
Così come il padre che, diversi anni prima, nonostante detenesse il controllo su tutto, aveva comunque deciso di abbandonare quella vita per abbracciarne una nuova, con la sua famiglia. Quella che poi lo avrebbe portato ad una morte prematura, a soli 40 anni.
Non sarebbe stato meglio continuare a vivere indisturbato la vecchia vita all’interno del mondo criminale, disinteressandosi di tutto il resto? Questo è l’interrogativo che Walter si pone ripetutamente durante il film, soffrendo la perdita del padre scomparso.
La risposta ce la fornisce proprio lo squalo nella piscina, che si sente in trappola e fatica a continuare a vivere in quel modo.
Che si scaglia violentemente contro il vetro sotterraneo della piscina, senza mai riuscire a scalfirlo o a liberarsi. Che si scaglia con forza contro le pareti che delimitano tutto il suo mondo, e che lo rinchiudono, di fatto, in una gabbia.
Lo squalo è disposto a rinunciare a tutto il suo potere in nome della libertà.
Perché in fondo lo squalo è solo un animale.
E, come tutti gli animali, vuole essere soltanto libero.
a cura di
Maria Chiara Conforti
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