Marcel the Shell: un esperimento da Oscar

Marcel the Shell: un esperimento da Oscar
Condividi su

Marcel the Shell, attualmente in sala e candidato all’Oscar, è un film d’animazione degno di acclamazione universale.

Un racconto alla portata di tutti

Marcel the Shell si presenta come un film composto da un genere cinematografico ibrido. Un esperimento a metà tra il documentario e un film d’ animazione. Nonostante il carattere fiabesco e sognante, il target a cui si rivolge la pellicola non è esclusivamente quello di bambini e ragazzi. Le scelte di regia, le riprese e la morale hanno caratteristiche che potrebbero interessare persino gli adulti.

I due personaggi principali che dominano le scene sono ovviamente la piccola conchiglia Marcel, con un occhio di plastica e due scarpette rosse ai piedi, e sua nonna Connie, anch’essa una conchiglia. Entrambi sono intrisi di delicatezza e leggerezza secondo caratteristiche diverse. Il primo si presenta come un bimbo curioso e iperattivo, la seconda è lo stereotipo della nonna tuttofare, che con l’età avanzata la porta a scordarsi di piccole azioni quotidiane.

La ricerca della famiglia smarrita e la figura dei genitori Catherine e Mario sono il fulcro della narrazione, che porta avanti la storia e su cui girano intorno le vicende dei personaggi. Marcel nella prima parte della storia ci racconta come era composta la sua famiglia, la causa del distacco e gli adattamenti a una vita in solitudine.

Un distacco forzato, avvenuto a seguito di un forte litigio da parte dei proprietaria umani della casa che abitano: una giovane coppia che decide di separarsi bruscamente. Marcel mantiene vivo il ricordo della sua famiglia e degli amici, disegnandoli dietro alla cornice di uno specchio di legno.

L’opzione di scegliere una conchiglia come veicolo di racconto potrebbe non essere casuale. La composizione del corpo molle dell’animale e la sua corazza rigida esterna, parlano già della verità di Marcel. Il piccolo protagonista, in una scena del film, ci dice che servirebbero 20 conchiglie per creare un gruppo solido, ma lui invece ce l’ha fatta da solo, in un ambiente in cui la corazza non è la superficie, ma la speranza che alimenta le masse.

La ricerca consapevole di un posto nel mondo e finalmente trovarsi giusti tra le braccia di chi o cosa si desidera ardentemente. Questo può essere la famiglia, un luogo o addirittura il vento. Un elemento naturale che troviamo in modo ricorrente nelle azioni di Marcel nel correre tra le stanze della casa, fino scivolare giù da una fune attaccata ad un albero.

Il movimento dell’aria in questo modo attraversa il guscio, che incappando tra gli spazi duri, finisce per suonare e diventare mezzo di un racconto. In questa scena, proprio come quando si ascolta il suono del mare da una conchiglia, appare il ricordo vivido della consapevolezza delle proprie potenzialità e di essere un tutt’uno con il pianeta.

Marcel e nonna Connie in una scena del film (fonte: Pinterest)
Le scelte di regia – un ibridismo funzionale

Solitamente si pensa in modo unilaterale al documentario e all’animazione. Eppure il regista Dean Fleischer Camp è stato abile nel maneggiare la cinepresa e rendere una storia morale raccontata attraverso immagini con carattere informativo.

Una tecnica che avvicina i bambini alla rappresentazione della realtà e a temi importanti per l’emotività umana. Gli argomenti spaziano dal rapporto con i nonni alla paura del cambiamento fino al sacrificio.

La particolarità della direzione artistica emerge nella scelta di Dean di far parte della storia in prima persona, seppur in modo velato e con poche comparse. Una delle poche riprese che lo vedono protagonista e non voce narrante, avviene davanti a uno specchio. Ci si interroga se sia stata una scelta stilistica ben precisa o la decisione di compiere un semplice autoritratto in movimento davanti alla camera.

In effetti nel film, la rappresentazione di se stessi non avviene solo tramite questa scena, ma anche grazie all’uso dei social. Mezzo che diviene fondamentale per creare una pista di indagine e trovare la famiglia di Marcel. Ed è qui che appare un altro spunto di riflessione: l’uso del mass media come creazione duplice di risposte. Da una parte la nascita di una fan base per Marcel che ottiene un pubblico, dall’altra la disillusione dello stesso protagonista nel credere di poter ottenere un supporto concreto dalle persone.

Nel corso del film, bombardato da stimoli mediatici a partire dalla cinepresa che riprende le scene, ci si chiede quindi quale sia il ruolo dei social e quale sia il loro miglior uso.

Che cosa, alla fine del giorno, conta davvero.

“Nei giorni in cui ho un forte senso di smarrimento, di perdita, sembra che il giorno splenda più luminoso…e alle volte penso che se fossi stato qualcun altro lo avrei trovato bello”

Marcel ci insegna che la scoperta di se stessi veicola attraverso l’altro, senza però esserne dipendenti.
Un film apparentemente giocoso, ma fortemente introspettivo.

a cura di
Rebecca Puliti

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – “Decision to Leave”: il nuovo film di Park Chan-Wook (SPOILER)
LEGGI ANCHE – Everything Everywhere All at Once: genialità allo stato puro
Condividi su

Rebecca Puliti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *