Dream Theater – Kioene Arena, Padova – 8 maggio 2022
Ultima data italiana per i Dream Theater nella terra degli spritz e del prosecco buono. Concerto mirabile, merito anche di Devin Townsend in apertura
Sapete cosa suscita stranezza in un trentacinquenne? Andare a un concerto al chiuso dopo due anni. Sia chiaro, il sottoscritto in quest’era pandemica ha assistito a dei live, ma tutti all’aperto. Entrare alla Kioene Arena di Padova suscita dunque sentimenti contrastanti, spazzati via dalla prima spinatrice e due chiacchiere con chi sta cercando il proprio posto per assistere all’ultima data italiana del nuovo tour dei Dream Theater in supporto all’ultimo (ottimo, bisogna ammetterlo) album “A View From the Top of the World“.
Quindi era così, prima…
… Più o meno. Stranamente si è optato per mantenere i posti a sedere anche nell’area parterre. Nulla di eclatante per un concerto simile, perché a pogare a un live di LaBrie e soci è dura. Ma procediamo con ordine.
Alle ore 19:45, puntuale come un orologio svizzero arrivato dal canada, spunta il sorridente faccione di Devin Townsend. Guitar hero, cantante stupefacente, intrattenitore e aizzatore di folle. Un folle. Il canadese si diverte e viene accolto calorosamente dal pubblico e da chi con un certo ritardo continua a entrare nel palazzetto.
“È bello essere qui. Non abbiamo cambiato la scaletta, non per chissà quale motivo, ma perché noi siamo fottutamente pigri. Con ‘Noi’ intendo ‘io’. Comunque, dove eravamo rimasti? Ah, ‘sti cazzi”
E parte tutta la band a tutta velocità e con una pulizia sonora che lascia disarmati. Devin Townsend e la sua band sono una incredibile macchina da guerra da battaglia da palcoscenico rodata al nanometro. Il sottoscritto conosceva le doti dell’artista, ma dal vivo è qualcosa che raggiunge il sublime (“Failure” è incredibile).
Un’ora spaccata tra shredding, facce buffe e sano e reale divertimento, di good vibes, direbbero i giovani anglofoni del 2014.
Signori, i teatranti entrano in scena
Ore 21:00: mentre l’ultimo sorso di birra scivola nell’esofago, si spengono le luci, delle proiezioni appaiono sui teli che fanno da background al set sul palco. Un’intro tutt’altro che breve permette a Rudess, Petrucci, Yung e Mangini di prendere posto. La folla li osanna. La liturgia prog può iniziare. Il sacerdote LaBrie compare dopo alcuni minuti (stiamo parlando di Dream Theater) e si comincia con “The Alien” tratta dall’ultimo sorprendentemente buono album della band “A View From The Top Of The World”.
Ci vorranno alcuni minuti affinché i suoni vengano bilanciati al meglio dal fonico di sala; nonostante questo, nonostante gli anni trascorsi, il qui presente scribacchino rimane ancora affascinato da come, a prescindere dalle condizioni sonore, John Petrucci riesca a far sentire ogni singola nota che produce con la sua sette corde con una pulizia quasi inarrivabile.
Si procede con un tuffo nel passato, “6:00” direttamente da quel capolavoro che prende il nome di “Awake”. Mi guardo attorno e noto che la platea è piena, la tribuna centrale abbastanza gremita, le tribune laterali occupate da pochi astanti. Ciò non penalizza le urla e il calore dei presenti, che si fanno sentire ogni qual volta che Petrucci alza il suo bicipite al cielo, quasi in segno di benedizione.
Reggono ancora
I Dream Theater sono musicalmente perfetti in sede live, sono una goduria se si fa i conti con una scaletta che solo all’apparenza sembra corta: dieci brani per un totale di oltre due ore di concerto. Non è uno scherzo, ma fa sorridere i più anzianotti come il cliché del “gruppo prog-metal che fa canzoni non inferiori ai 10 minuti” sia dannatamente e meravigliosamente ancora reale.
L’incognita è sempre James LaBrie: canterà bene? Avrà problemi? Possiamo dire che a Padova si è comportato dignitosamente, con una performance vocale all’altezza, seppur aiutato da un gran riverbero del microfono e piccoli “trick” da esperto del mestiere (manntenere la nota per poco o allungare in caso di vocalizzi meno faticosi). Lo si percepisce soprattutto in casi come “Endless Sacrifice”, ma tutto procede dignitosamente.
Il finale e il bis interminabile
Concedere la chiusura di concerto con la title track dell’ultimo album è tra il masochistico e il godimento, parliamo di oltre 20 (sì, V E N T I) minuti di brano. Progettare il bis con la sola “The Count of Tuscany” è da sadici: altri venti minuti di shredding e infiniti cambi di tempo (atmosferico e musicale). È pur sempre goduria, anche quando qualcuno nelle vicinanze si rannicchia per la stanchezza, per il sonno o per un improvviso crampo al polpaccio.
Ma siamo dinanzi ai Dream Theater, ci si aspetta questo e va bene così, soprattutto se ad accompagnarli in tour c’è quella bestia di Devin Townsend.
Setlist:
- The Alien
- 6:00
- Awaken the Master
- Endless Sacrifice
- Bridges in the Sky
- Invisible Monster
- About to Crash
- The Ministry of Lost Souls
- A View From the Top of the World
Bis: - The Count of Tuscany
a cura di
Andrea Mariano
foto di
Anna Bechis
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