Quarant’anni di London Calling
Siamo nel 1979. Le persone vivono sotto la costante minaccia della guerra fredda. Le strade sono in fermento e la musica sta cambiando. Gli idoli del rock, quelli che hanno fatto la storia, vengono percepiti come distanti e irraggiungibili. I ventenni chiedono nuovi modelli e nuovi generi in cui potersi identificare.
Quelli che erano cresciuti con gli ideali della cultura hippie nel giro di qualche anno si ritrovano orfani dei loro beniamini, spesso scomparsi in circostanze avvolte nel mistero.
La rivoluzione inizia in America, qualche anno prima del 1979. E’ qui che il malcontento dei giovani inizia a farsi sentire. Siamo nella New York di Taxi Driver, una città pericolosa caratterizzata dallo scontento in cui i giovani si muovono alla ricerca della loro identità.
E’ qui, nella Grande Mela, che il rock torna alle sue origini: vuole essere la musica dell’eccesso senza troppi fronzoli e tecnicismi. Il rock non deve essere arte, deve essere divertimento e parlare il linguaggio della strada.
E’ in questo clima, in questa ricerca di una nuova identità, che il punk getta le sue radici. E’ qui che muovono i primi passi i Ramones, che faranno un po’ da apristrada ai protagonisti della nostra storia.
Forse non tutti sanno che punk è una parola di origini piuttosto antiche. Si tratta di un termine di origine inglese che veniva usato, all’epoca di Shakespeare, come sinonimo di prostituta e, con il passare degli anni, anzi dei secoli, è arrivato ad indicare il teppista di strada.
Ma se i germi della ribellione punk sono da rintracciarsi oltreoceano la vera rivoluzione, quella che ci interessa, è quella che avviene nella Vecchia Europa.
Tutto si sviluppa intorno a un negozio chiamato Sex. La boutique era gestita da Vivienne Westwood e dal marito Malcom McClaren, che negli States era stato manager dei New York Dolls.
Vivienne e Malcom rimangono folgorati dallo stile trasgressivo della band e decidono di portarlo a Londra, nel loro negozio di King’s Road.
La merce inizialmente creò parecchio scalpore: la Westwood proponeva abiti strappati, articoli che prendevano spunto dal mondo del sadomaso e delle prostitute. Articoli di chiara ispirazione punk.
Fu proprio qui che nacquero i Sex Pistols. Ma, sebbene siano una band famosissima non sono loro i protagonisti della nostra storia.
Dopotutto siamo solo nel 1975.
In questo frangente il punk è la musica degli esclusi e degli emarginati, ma non ha una posizione chiara. Lo scopo dei musicisti e dei loro fan è quello di creare scompiglio, scandalizzare ed andare contro tendenza; per ottenere i loro scopi non esitano ad appropriarsi di iconografie di stampo nazista.
Il punk dei Sex Pistols è nichilista e autodistruttivo; dopotutto il loro inno era No Future.
Le cose però cambiano nel 1978 quando il partito di estrema destra, e le tendenze nazistoidi, rischiano di avere la meglio sul paese.
E’ il 30 aprile del 1978 quando una folla di 80000 persone si raduna al Victoria Park di Londra si per celebrare il Rock Against the Racism.
E’ forse in questo momento che il punk abbandona il nichilismo delle origini per ideologizzarsi. Il vuoto, il nichilismo dei Sex Pistols non bastano più.
Il punk abbandona la sterile ribellione delle origini perché finalmente ha qualcosa da dire; perché ha trovato qualcuno in grado di parlare per lui: I Clash.
Questi quattro ragazzi usano la musica per commentare il contesto socio culturale in cui vivono ma, sopratutto la utilizzano come un mezzo per combattere le loro battaglie.
Non scrivere d’amore, scrivi di cose davvero importanti.
Questo consiglio venne dato a Joe Strummer da Bernard Rhodes, manager della band. I Clash fecero tesoro di questo suggerimento perché le loro canzoni affrontano le tematiche più scottanti del tempo: americanizzazione, alienazione, rivolta, guerriglia urbana, omologazione e lotta per i diritti.
E così arriviamo al 1979. Esattamente quarant’anni fa il mondo veniva scosso dalla minaccia di una guerra termonucleare e dal successo di London Calling.
Una canzone che ha fatto la storia, un brano che tutti conosciamo e che cantiamo ogni volta che passa per radio. Ma sappiamo di cosa parla? E’ una canzone contro la guerra, una canzona sull’incertezza.
Il testo prende spunto dall’incidente nucleare di Three Mile Island e ci propone una visione quasi apocalittica della realtà (The ice age is coming). Il famosissimo incipit London calling to the faraway towns altro non è che il messaggio con cui la BBC iniziava i suoi notiziari che venivano trasmessi clandestinamente nelle nazioni occupate durante la guerra.
Insomma si tratta di un inno, di una chiamata non alle armi ma al risveglio. Perché anche se una guerra è stata vinta la battaglia per la libertà è ancora aperta.
Quarant’anni fa i Clash scrivevano questa canzone per invitare i loro concittadini a risvegliarsi dallo stato di torpore in cui si trovavano. Questo è il motivo per cui questo brano continua a parlare alle generazioni e continua ad essere ascoltato nonostante i tempi siano profondamente diversi.
Questo è quello che ci hanno insegnato I Clash: non basta alzare un dito medio contro il sistema per essere punk; bisogna avere qualcosa da dire e per cui lottare.
A cura di
Laura Losi
A me i the clash e i sexpistols mi piacciono molto perché nelle loro canzoni c è tanta ribellione e tanta anarchia e quando voglio protestare contro il m la dieta che mi è stata imposta e con il modo di vestire che mi è stato imposto per andare all lavoro ascolto questa musica qua perché a me piacciono tutti quei generi musicali che istigano alla ribellione io odio le regole a me piace l anarchia e mi piace ricercarla attraverso questi gruppi jonathan Anisfeld da Genova