“Challengers”: la regola del gioco per Luca Guadagnino
Un film sulla competitività dell’amore, un ménage à trois amabile e detestabile al tempo stesso.
Dopo una lunghissima attesa, domani 24 aprile arriva finalmente nelle sale italiane il nuovo film di Luca Guadagnino, distribuito da Warner Bros, con protagonisti Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist. Il regista torna ad esplorare la costruzione geometrica del desiderio, regalandoci una partita mozzafiato e due ore di adrenalina pura.
Game, match, set
New Rochelle, NY, 2019.
Un campo da tennis: siamo ai Challenger. A sfidarsi due giocatori, che dagli sguardi sembrano conoscersi fin troppo bene: sono Art Donaldson (Mike Faist) e Patrick Zweig (Josh O’Connor), amici e nemici di vecchia data. E se inizialmente sembra di assistere ad una diretta sportiva – e quindi ad un banale film sul tennis – ecco che la regia di Guadagnino entra subito in campo con tutta la sua forza, mostrandoci quello di cui il film parlerà veramente: tennis sì – certamente-, ma soprattutto di un triangolo amoroso.
La mano del regista sottolinea subito la geometria che sorregge tutta la pellicola, avvicinandosi allo sguardo spietato di Tashi Duncan (Zendaya), al momento allenatrice di Art. La forma geometrica propria del film, quindi, non è il rettangolo del campo da gioco, ma il triangolo di cui i seducenti e sfrontati protagonisti sono Tashi, Art e Patrick.
Dalla partita finale dei Challenger, game dopo game, la pellicola procede avanti e indietro nel tempo per addentrarsi nel passato delle vite dei protagonisti, che si intrecciano in un triangolo di passione e competizione. Capiamo subito che in quella finale è in gioco tutto: è la partita della vita.
Giocare con il desiderio
Challengers è un film che parla di tennis ma non solo. Lo sport, in realtà, è solo il modo attraverso cui i personaggi esprimono il proprio caos: l’unico mezzo che conoscono per esprimersi e comunicare. Il tennis è, insomma, un pretesto per parlare di una partita più importante, quella dei sentimenti. Challengers è infatti un’intrigante storia di amore e amicizia, in cui le regole del gioco si mescolano a quelle della seduzione. “Tennis is a relationship”, dice Tashi nel film.
La giovane è un’esplosiva promessa del tennis che sembra provenire da un altro pianeta, come detto nel film (e, del resto, è interpretata da Zendaya). Ed è proprio lei a rappresentare il polo di un triangolo attorno al quale ruotano i destini degli altri personaggi, la loro amicizia e la loro carriera sportiva. Art e Patrick sono invece amici di lunga data che cercheranno costantemente di conquistare Tashi con l’unica cosa che le interessa veramente: del buon tennis.
“This is a game about winning the points that matter.”
Art (Mike Faist) nel film
Con un bacio a tre (che tanto ricorda i dreamers di Bertolucci) nasce il loro rapporto, da cui non riusciranno mai ad uscire, continuando a sfidarsi e a rimbalzarsi tra passione e gelosia. Da innocenti giovani amici diventeranno avversari di un’infinita partita di seduzione, destinata a non finire mai. Tashi diventerà l’arbitro delle loro vite, nonché l’ago di una bilancia che sa tendere solo verso il tennis migliore. Perché per lei il tennis è tutto: lo vive come una relazione, trasformando i rapporti stessi in una partita e cambiando campo in base a dove si gioca meglio.
La forza del film sta proprio nell’articolazione di questo triangolo dalle mosse sempre imprevedibili. Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist sono incredibili nell’interpretare alla perfezione dei giocatori professionisti, e abilissimi nel racchiudere rabbia, rancore e desiderio in un solo sguardo. Lo spettatore rimarrà incollato allo schermo, inseguendo costantemente le loro mosse, alla ricerca di una verità – di una risposta – che sembra sempre sfuggire. Come nell’inseguimento di una pallina da tennis.
Guadagnino parte da questo sport per parlare di competizione, seduzione, desiderio e passione, che alla fine sono la stessa cosa. Così, a colpi di racchetta, i protagonisti di questo triangolo continueranno a cercarsi, avvicinarsi e ad allontanarsi, facendo lo stesso con lo spettatore. Fino ad un finale dal quale non possiamo che uscire sedotti e vinti.
La regia di Guadagnino a ritmo di musica techno
Tanti sono gli aspetti incredibili di Challengers: dalle performance straordinarie degli attori al ritmo incalzante del montaggio, dalla tensione costante al suono e allamusica. Quest’ultima, poi, diviene protagonista a tutti gli effetti, poiché, senza di essa, ci troveremmo davanti ad un altro film. In questa loro seconda collaborazione con Guadagnino – dopo Bones and All – Reznor e Ross ci regalano una colonna sonora che è energia pura. Ritmica, martellante, ipnotica e adrenalinica. Pulsa come il cuore dei protagonisti e degli spettatori, trepidanti ed ansiosi di scoprire chi vincerà la partita.
La regia di Guadagnino gioca con tuti questi elementi, tenendo lo spettatore in uno stato di adrenalina costante. Che quest’ultimo sapesse cimentarsi in un’ottima regia già lo sapevamo, ma con questa pellicola si supera notevolmente. Challengers ci ricorda che il cinema non risiede solo nella trama, ma nel modo unico e personale di interpretarla.
Ed è poi nel finale che essa raggiunge il suo apice, con corpi sospesi nell’aria, muscoli, sudore e sguardi degni di un western. Lo spettatore non può che rimanere incollato allo schermo, teso e sudato – come i protagonisti- di fronte a questo spettacolo.
Altro che Sinner, Guadagnino e Kuritzes scrivono la partita più bella della storia. La lunga attesa è stata ben ripagata: Challengers, l’ultimo capolavoro di Guadagnino vi aspetta da domani in sala!
Correte a vederlo. I told ya.
a cura di
Matilde Borrini
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