Intervista a Dariel Ventura – emotività e sensibilizzazione su TikTok

Intervista a Dariel Ventura – emotività e sensibilizzazione su TikTok
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Hablemos de… (Parliamo di…)
È l’incisiva formula magica che pronuncia Dariel all’inizio dei suoi video su TikTok.
Poi per pura magia veniamo rapiti dal suo persuasivo modo di raccontare con gelida precisione un disturbo mentale o del comportamento.
Mozza le scene con un crescendo di tensione che spesso lascia l’amaro in bocca e tante domande nella testa.

Dariel veste i panni di un disturbo d’ansia o magari narcisistico di personalità amalgamando con estrema maestria elementi di recitazione, fotografia, make-up, psicoterapia e sociologia. Questi sono gli ingredienti principali che rendono il suo progetto del tutto innovativo, un format che ha saputo scuotere e far riflettere quasi 3 milioni di seguaci su TikTok.

Ho avuto l’occasione di conoscere Dariel in maniera più intima e sono felice di potervi raccontare non solo un fenomeno del web, ma una personalità speciale…

«Chi è Dariel Ventura?»

Alla domanda archetipica sorride quasi imbarazzato. Mi confessa che, in quanto psicoterapeuta, è abituato a stare dall’altra parte e dunque ad ascoltare e fare domande.

Risponderò io per lui:

Dariel Ventura nasce a La Havana, Cuba, nel 1993. Passa un’infanzia alla ricerca del sapere e all’insegna della curiosità – […] ero un bambino curioso, facevo cose strane – mi racconta – a 12 o 13 anni ho iniziato a studiare la filosofia e la religione. Avevo costantemente bisogno di nuovi stimoli che mi spiegassero l’universo.

Già dai primi anni (3) inizia ad appassionarsi al mondo dell’arte e dello spettacolo, lavorando con compagnie teatrali. Questa passione lo spinge, infatti, a studiare musica, canto, danza moderna e ritmo latino tra Cuba e la Spagna dove si trasferirà più tardi.
Il suo talento lo portano a solcare i palchi più importanti di Madrid con musical, come “Il Re Leone”, che lo tengono tutt’oggi occupato . Questo sarà un anello fondamentale per la sua esplosione online, ma ci arriveremo dopo.

«In questa parte di vita dedicata allo spettacolo… come entra, invece, la psicologia?»

«Bella domanda…credo che sia dovuto alla mia naturale curiosità.»
Prematuramente, Dariel ha dovuto far fronte a domande più grandi di lui, domande che normalmente non competono un bambino di 12 anni.
Non un bambino ordinario per lo meno… ma Dariel è speciale, e se gli altri bambini ancora fanno fatica ad allacciarsi le scarpe autonomamente, Dariel chiede spiegazione del perché si nasce, perché si muore e perché ci si ammala.
Poi, alcuni eventi lo forzano a bere le pozioni che fanno crescere rapidamente, come quelle di Alice del Paese delle Meraviglie, per poter affrontare degli altissimi “perché?”. 

«[…] un’altra cosa che credo mi abbia spinto verso la psicologia fosse il non capire. Nel corso della mia infanzia ho dovuto affrontare alcuni eventi traumatici, uno tra i quali convivere con un disturbo mentale. Una persona a me molto cara soffriva di schizofrenia. Sono stato esposto fin da piccolo ad eventi come le allucinazioni che però, a causa dell’età, non potevo capire. Ed è proprio il non capirle che mi ha spinto a cercare delle risposte ai miei perché. Infatti adesso sono un grande appassionato di ricerca e di divulgazione sul tema della schizofrenia. È proprio vero che siamo quel che siamo per ciò che abbiamo vissuto».

Per poter completare il puzzle di Dariel manca proprio l’ultimo pezzo che, come nei migliori rompicapo, è la sintesi di tutta la storia raccontata finora:

«[…] come nasce, quindi, la tua creazione di contenuti su TikTok?»

«Inizialmente usavo i social solo per condividere foto con i miei amici. Qualche volta, però, postavo anche delle poesie che scrivevo. Poi succede che un giorno, mentre mi struccavo al termine uno spettacolo de’ Il Re Leone, ho pensato di riprendermi mentre recitavo una mia poesia […] poi quel video ha ricevuto una risposta positiva e ho deciso di proseguire».

Da quel momento Dariel intraprende una vera e propria missione.
Il giovane performer cubano naturalizzato spagnolo inizia a raccontare e raccontarsi sui social in una maniera tutta sua per “salvare” una community:

«Volevo trasmettere un messaggio di normalità […] spiegare che l’ansia e la depressione saranno sempre parte della natura umana. Normalizzare quelle che sono esperienze umane. Volevo creare uno spazio dove le persone potessero comunicare il loro malessere e [in qualche modo] aiutarle. A volte percepisco che le persone fanno fatica ad accettarlo. […] Noi essere umani viviamo di bianco e di nero».

«È per questo che ti sei rivolto ad un pubblico così giovane come quello di TikTok?»

«Sì! Credo che l’adolescenza sia la tappa dove si costruisce la propria identità e la si modifica. In questa fase i ragazzi hanno bisogno di modelli, di vedersi rappresentati. Non voglio chiaramente far identificare nessuno con un malessere, ma voglio che sappiano che non sono soli in questo […] non siamo venuti sulla terra da soli, e ci sarà pure una ragione.
[…] vorrei poter far riconciliare le persone con il loro lato oscuro. Perché non è necessariamente vero che tutto andrà bene, che tutto sarà rose e fiori e che tutti i sogni si realizzeranno… ma va bene così […]. Io mi travesto proprio nello stesso modo in cui noi tutti nascondiamo parti della nostra oscurità»

Ora, non cadete nell’errore, però, di immaginare i contenuti di Dariel graziosi e leggeri dopo queste premesse. Dariel non fa coreografie armoniche come un TikToker qualunque.
Dariel è disturbante, anti-romantico, duro. Stimola l’iperventilazione, un brivido d’ansia e la sensazione di voler chiedere aiuto a gran voce.
Allontana, infatti, tutto ciò che di romantico c’è nei disturbi psichici:

[…] bisogna stare attenti sul tema della visibilità in campo psicologico. Si creano questi due poli opposti dove c’è chi vede nella diagnosi [di un disturbo] il diavolo, satana in persona. Al contrario, c’è chi utilizza la psicologia come se fosse un oroscopo. Parliamo di disturbo dell’umore come se dicessimo di essere del Toro. […] è la condotta dell’ io sono così.»

«E infatti, a proposito: credi che le nuove generazioni a cui ti rivolgi siano così fragili ed emotive proprio come vengono dipinte?»

«Qui in Spagna la chiamano Generación de cristal (Generazione di cristallo) proprio per rappresentare questa fragilità. Credo che le generazioni dei nostri nonni o genitori avessero un approccio diverso rispetto a degli eventi traumatici; basicamente non avevano gli strumenti per affrontarli, chiedere aiuto o essere aiutati. […] sento spesso dire ai miei tempi, non saresti sopravvissuto, e credo sia proprio il punto della questione: la priorità di oggi è vivere degnamente. Perché vivere e sopravvivere non sono la stessa cosa.

Quindi io non do necessariamente un’accezione negativa al termine: il cristallo, proprio come noi, si può rompere, ed è proprio ciò che ci rende esseri umani. Ci rompiamo per avere la possibilità di rinnovarci e cambiare

Sorrido. È bello sentirsi capiti. È bello, ogni tanto, ricordare di essere umani e fallibili.
Sapere che va bene così.

«Cosa viene, dopo, Dariel? Che cosa ti riserva il futuro con noi?»

«Ho alcune novità in arrivo, che riguardano ancora la “Generazione di cristallo”, ma non voglio anticipare nulla. Sicuramente dal futuro mi aspetto di proseguire questo percorso. Vorrei riuscire a connettere le persone con la psicoterapia ancora di più e continuare a dare visibilità e importanza della salute mentale.»

Proprio come nei suoi video, Dariel lascia la chiacchierata con pensieri e considerazioni a fluttuare. Sul giusto e lo sbagliato, sulle scale di grigi a cui dobbiamo ancora abituare l’occhio, sull’importanza e la pericolosità dell’esposizione.
E forse è questo il bello di un progetto come il suo, che non è l’autoerotismo di una manciata di secondi di TikTok ma è una riflessione che dura nel tempo, smuove dentro e, magari, salva vite.

Grazie Dariel, parlaci ancora di

a cura di
Enzo Celani

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