Il viaggio di Leo Pari attraverso “Amundsen”

Il viaggio di Leo Pari attraverso “Amundsen”
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“Amundsen” è il nuovo album di Leo Pari. Un racconto di ricerca e scoperta interiore, ispirato al grande esploratore norvegese Roald Amundsen.

Leo Pari torna con un nuovo album di inediti, il nono della sua discografia, intitolato “Amundsen”.
L’album inaugura un nuovo capitolo che si apre con la volontà di ritrovare una forza determinante e risoluta nel vincere le sfide della vita. Un percorso che riprende gli insegnamenti dell’esploratore Roald Amundsen, un combattente che riporta alla mente le continue battaglie contro se stessi.

Leo Pari è stato in grado di tramutare questo percorso in continua evoluzione, attraverso un mezzo universale come la musica.
Noi di The Soundcheck abbiamo cercato di tradurre le sue sensazioni attraverso un’intervista.

Ciao Leonardo e benvenuto su The Soundcheck. So che hai collaborato con molti artisti famosi della musica italiana, dai Thegiornalisti, Francesco Renga fino a Elodie e Gazzelle. Cosa ti è rimasto da queste esperienze?

Sicuramente sono stati momenti che hanno contribuito alla mia crescita sia come autore che come interprete. Spesso è dalle cose che sono molto distanti e diverse da noi che abbiamo più da imparare.

Amundsen è stato un esploratore norvegese del 20° secolo e hai deciso di prendere da lui il nome dell’album. Quali sono le similitudini tra le sue imprese e ciò che racconti attraverso i brani?

Il parallelismo tra le sue esplorazioni in territori polari, gelidi e ostili e l’esplorazione dell’animo umano, a partire dal mio, mi è parso subito lampante. Dentro ognuno di noi ci sono territori impervi e gelidi, come al Polo Sud.

Reputi il tuo disco malinconico o consapevolmente riflessivo?

Le due cose non si escludono. Lo trovo anche pieno di speranza nonostante la serietà di alcuni argomenti trattati.

La prima e l’ultima canzone dell’album hanno un crescendo di intensità sonora ed emotiva. Parte con l’utilizzo di pochi strumenti utilizzati per creare una sorta di paradiso acustico che si dilunga per circa 1 minuto, per poi concludersi con suoni che invadono completamente lo spazio circostante. Quale motivazione si cela dietro questa scelta?

“Amundsen“ e “Fenici“, appunto prima e ultima traccia del nuovo disco, sono l’Alfa e l’Omega di questo viaggio. La prima traccia è introduttiva, una sorta di biglietto da visita del disco, dove dico che ho cercato di trovare un senso attraverso un lungo viaggio, anche interiore, e si riferisce principalmente a me. In “Fenici“ invece parlo al plurale, parlo di un “Noi” che è indubbiamente la società, nella quale tuttavia come individuo mi sento immerso.

In questa ultima canzone racconto come il punto di vista generale sia facilmente influenzabile, partendo da una prima strofa molto critica, una seconda in cui ci si inizia ad adeguare a ciò che ci circonda, e una terza in cui si è anche sopraffatti dalla pochezza sociale nella quale viviamo. È qui che il “Noi“ narrante si arrende, è pronto ad accettare il fatto che tutti oggi sono solo dei numeri, ma attenzione, solo a patto che ci sia sempre qualcosa che ci faccia ridere o piangere, quindi sentire vivi. I brani hanno entrambi due lunghe intro strumentali, come a sottolineare che occorre tempo per fare le cose per bene, sia per partire che per rinascere.

A quale pezzo dell’album sei più legato e per quale motivo?

Sono tutti molto autobiografici, probabilmente “Roma Est“ è tra i miei preferiti; difficilmente si riesce ad essere così complessi con una canzone che ha un unico giro di 4 accordi dall’inizio alla fine.

Alcuni brani danno una percezione di dialogo con se stessi, anche se le frasi si muovono grammaticalmente verso l’esterno. C’è una canzone che senti di dedicare solo e soltanto a Leonardo?

Praticamente tutte. Sono canzoni nate come una sorta di autoterapia, le avrei anche potute tenere solo per me. Però ho pensato che se a me avevano fatto del bene, era giusto condividerle con tutti.

A quale nuovo stadio della tua carriera pensi e speri che ti porterà questo album?

Mi basta avere un posticino nel cuore delle persone, tutto il resto sono dettagli.

a cura di
Rebecca Puliti

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