“CODA – I segni del cuore” è un remake con personalità, candidato agli Oscar
“CODA-I segni del cuore” di Sian Heder è il remake statunitense, uscito nel 2021, dell’originale francese La Famille Bélier di Éric Lartigau (2014). In CODA – I segni del cuore, prodotto da Appel TV , tutti gli attori che interpretano personaggi non udenti sono realmente sordomuti.
La protagonista della storia è Ruby Rossi, interpretata da Emilia Jones, ultimogenita della famiglia Rossi e anche l’unico membro della famiglia a non essere sordomuto. Deve farsi carico di tradurre costantemente nel linguaggio dei segni, per aiutare i suoi familiari. La vicenda è ambientata nel New England, i Rossi sono una famiglia di pescatori e la piccola Ruby finto gli studi, vorrebbe unirsi all’azienda di famiglia.
La famiglia è composta: dal padre, Frank, interpretato da Troy Kotsur, dalla madre, Jackie, interpretata da Marlee Beth Matlin ed infine il fratello, Leo, interpretato da Daniel N. Durant. Per contestualizzare meglio possiamo dire che CODA si configura come un classico teen drama. L’universo di riferimento di Ruby è quello della High School americana. La vita di una studentessa del liceo si trova a dover convivere con l’universo della disabilità e del lavoro in famiglia, con una evoluzione problematica delle vicende e alternativa nelle sue soluzioni, ma resta sempre nei canoni del genere teen.
Ruby vedendo entrare nel coro la sua cotta, Miles, interpretato da Ferdia Walsh-Peelo, si iscrive anche lei. Nonostante il passato travagliato e l’apparente ritrosia iniziale Ruby riesce ad entrare nel coro. Per la prima volta Ruby fa qualcosa senza la sua famiglia, inizia così a legare con Miles e conosce il signor Bernardo, anche detto Mr. V, interpretato da Eugenio González Derbez.
Mr.V. riesce a vedere il talento nascosto in Ruby e decide di aiutarla a far sbocciare le sue potenzialità. Tuttavia gli impegni della ragazza, interprete per i genitori e lavoratrice, oltre essere una normale studentessa, non si incastrano bene con la filosofia del “non spreco il mio tempo” di Mr.V.
La trama si divide in due filoni: la famiglia che affronta una nuova iniziativa e Ruby che prova a realizzare i suoi sogni canori, mettendo in atto un confronto fra necessità che non lascia spazio al dubbio e all’incertezza, regalando un finale troppo mieloso.
Il punto di vista di mezzo che riesce a mediare
In “CODA-I segni del cuore” viene messo in luce il tema della disabilità e dello stigma che questa ancora oggi produce. Fa vedere i problemi di Ruby con i genitori, che inizialmente non capiscono nemmeno cosa significa cantare. Nel film si vedono le dinamiche di scontro e di riconciliazione con la famiglia, che passano attraverso i canali della disabilità, il linguaggio dei segni in questo caso. Nella pellicola si mostra l’aspetto problematico della convivenza con la disabilità e lo sforzo necessario per abbattere le distanze.
La barriera però alla fine viene infranta, ed è questo lo spirito di CODA. Una rappresentazione, alle volte anche troppo romanzata, delle difficoltà e delle incomprensioni quotidiane che affrontiamo tutti nella nostra vita che, non ha nulla di cosi diverso dalla norma, se non per il linguaggio utilizzato.
Non siamo abituati all’idea di comunicare senza usare la voce o l’udito, ma l’idea di comunicare qualcosa senza utilizzare la voce, non ci è così estranea, basta pensare la musica o del canto che, proprio come nel caso del film, rappresentano una barriera che può essere tramutata in ponte tramite l’uso appropriato del linguaggio.
Dalla Francia all’America, un cambio di scenario ben riuscito
CODA è il remake di “La Famille Bélier” adattata al contesto dei pescatori del New England. Ma proprio per questo è un bel remake. La storia non sarà originale, ma la trasposizione della ambientazione e della condizione lavorativa, risultana calzante e non banale nel complesso. CODA porta agli Oscar una bella performance che non fa pesare la sua durata.
Consiglio di vedere anche il corrispettivo francese per poter cogliere le sfumature e le divergente raccontate in due lingue diverse. Poiché la storia verte sull’esistenza di più lingue, nel senso più ampio e inclusivo possibile, e che vale la pena sforzarsi per impararle, cosi da poter collegare il nostro mondo con quello di qualcun altro.
Il film sta facendo parlare di sé agli Oscar di quest’anno, e con tre candidature è uno dei film in gara, la cosa non dispiace per tutti i messaggi positivi che porta con se la pellicola, ma onestamente lascia un po’ indifferenti. Nell’adattarlo hanno preso la trama modellandola e dandogli una forma che ricorda un po’ la classica storia del sogno americano in chiave inclusiva.
A cura di
Lorenzo Occhiolini
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