Il rantolo del vecchio – Che v’ha fatto l’apostrofo?
Rubrica dedita a falcidiare l’anima altrui lamentandosi di cose del giorno d’oggi. Tipo l’apostrofo assenteista
Poche cose mandano in bestia il sottoscritto. Ok, in realtà molte. Un’infinità, invero. Dovete però spiegarmi una cosa in particolare. Cosa v’ha fatto l’apostrofo? Sì, non fate finta di niente. L’apostrofo, questa cosa qui –> ’
Ammetto di essere, sotto sotto un, vecchio rantoloso inside da sempre, il mio inno è l’“oplà” pronunciato ogni volta che mi alzo dalla sedia e dal letto (anche se in quel caso è spesso sostituito da un più criptico “Aahh, orcoggiud”). Ma questa questione (che allitterazione, eh?) dell’apostrofo mi uccide dentro. E forse anche fuori.
Che v’ha fatto l’apostrofo?
Leggo un’infinità di “poi voglio dire un altra cosa”, “non c e nulla di male”, “ma l avete visto icsdì icsdì” (ok, la faccina XD è davvero da boomer internettiano). Poi lo scompenso cerebrale quando dovete scrivere un’auto, ma dato che finisce per “o” e dato che non vi ricordate che è l’abbreviazione di “automobile”, sostantivo femminile, scrivete in continuazione “un auto”.
C’è poi una categoria a parte: quelli che, nel dubbio, si giocano a sasso-carta-forbice l’utilizzo dell’apostrofo
Con “qual è” c’è un’esplosione atomica delle sinapsi e si tenta di ragionare. Ma male. “Cade la ‘e’ di ‘quale’, quindi metto l’apostrofo”. Ma sì, abbondiamo (cit. Totò). No. Dannazione, no. Perché non applicate ‘sto ragionamento dove è invece necessario?
Ma arriviamo al non plus ultra delle combo, roba che le Brutality di Mortal Kombat sono roba adatta per mia nipote di 5 anni: “non ce ne” e le varianti “non c’è nè” e “non c’è nè” . Così, l’accento variabile, l’apostrofo che decide di andare via di casa e si sposta al paese vicino. Roba che non si vede nemmeno in risse tra abruzzesi e marchigiani.
Menzione d’onore per chi scrive “un pò” anziché “un po’”. Sanguino. Ma quasi vi perdono. Quasi. Almeno c’avete provato.
Smettetela con le scuse. Non siete credibili
“Eh, maledetto correttore automatico!”. No, finitela. Finitela con ‘sta scusa. Se fosse davvero il correttore automatico, il vostro dispositivo tecnologico l’apostrofo lo apporrebbe là dove è necessario. Mentitori, mentite sapendo di mentire. E fate male al mio cuoricino. Oplà.
“Eh, è arrivato il maestrino, l importante è il concetto”. Il concetto è importante, ovvio, ma anche le basi della lingua italiana sono utili e indispensabili. Dannazione, dovete collocare un apostrofo, anche lui ha una certa dignità. Non dovete mica imparare un verso giambico o capire dove vada lo iota sottoscritto (greci birichini, tra l’altro).
Non vi si chiede la radice quadrata dell’esistenza, ma di utilizzare l’apostrofo. Se c’è, se esiste, un motivo ci sarà.
“Eh, ma oramai si usa così”. NO, santi numi. Vi apostrofo malamente.
Breaking News: l’apostrofo ha una sua dignità
La lingua italiana è in continua evoluzione, è stato accettato persino “a me mi” nella forma parlata e nello scritto è diventato un errore non grave (ogni volta che ci penso, i miei occhi diventano umidi e la mia bocca fatica ad articolare belle parole).
Ma se c’è una regola grammaticale, perdindirindina, perché ignorarla? Non rispondetemi “Le regole sono fatte per essere infrante”, perché non siete Jena Plissken, non siete Morpheus, neppure Sasha Grey, invero.
Non è una frase ad effetto che si addice alla grammatica italiana, a meno che voi non siate artisti futuristi, ma per quella corrente siete un pochetto in ritardo.
a cura di
Andrea Mariano
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