Lo streaming può salvare i live? Parola a Tommaso Deserti
Non sarà una soluzione definitiva, ma il live streaming sta evolvendosi in qualcosa di a sé stante, non più accessorio. Ne abbiamo parlato con Tommaso Deserti, Country Manager di Dice per l’Italia. Il Covid-19 ha stravolto non poco molte delle nostre abitudini. In tanti ambienti è stato necessario modificare pesantemente il modus operandi solito, compreso il mondo degli eventi dal vivo.
Ora, con la Fase 2 (o Fase 2.5, o Fase 3) stanno facendo capolino i primi tentativi di ripresa dei live. Capienza massima 1.000 posti, distanziamento sociale da assicurare e via di questo passo.
Durante il lockdown, tra una diretta Instagram e metodi alternativi nati per mantenere il contatto tra artista e fan (tra cui il nostro A Casa Live), è tornato in auge il live in streaming. Ma se prima erano un “accessorio” all’esibizione vera e propria, negli ultimi tempi è diventato un qualcosa verso cui approcciarsi in maniera un po’ diversa.
I live in diretta streaming non potranno di certo sostituire l’essere fisicamente sul posto, tuttavia sono un mondo che si sta evolvendo più di quanto si possa percepire all’apparenza. L’ha capito DICE, piattaforma online nata nel 2014 a Londra per facilitare l’acquisto dei biglietti e contrastare il fenomeno del secondary ticket e sbarcata in Italia nel 2019.
L’evoluzione del concetto di streaming
Grazie alla collaborazione instaurata con Radar Concerti e diverse altre realtà italiane degli eventi dal vivo, DICE ha cercato di evolvere il concetto di streaming come mezzo di fruizione ancora più al servizio del fan, ma anche dell’artista, creando così DICE TV. Del futuro dei live, della possibilità di rendere la forma streaming non sostitutiva, ma valida alternativa al live “classico”.
Parola a Tommaso Deserti.
Seguire concerti in streaming non è una novità: alcuni eventi offrivano questa possibilità, ma più come un “extra passivo”. Ora invece, a causa della pandemia, il live in streaming assume una forma a sé stante e primaria, di conseguenza anche l’approccio è diverso…
Sicuramente per monetizzare una performance streaming bisogna che il contenuto sia unico e di qualità, il nostro subconscio è saturo di dirette a basso costo, c’è la necessità di creare un momento esclusivo e del quale il pubblico senta l’urgenza di farne parte.
Come nasce l’idea di proporre dei veri e propri concerti in streaming? Tecnicamente come è stato l’approccio e l’organizzazione?
Il nostro obiettivo è quello di fare uscire la gente di più e alla base di questa missione c’è il collegare i fan con gli eventi migliori. Per un periodo non abbiamo potuto fare uscire i fan ma non abbiamo mai smesso di proporre gli eventi più belli.
All’interno di DICE ci sono persone che hanno prodotto eventi in passato e abbiamo sviluppato una guida per produrre un evento ma ad oggi non c’è stato bisogno di curare la produzione, l’organizzatore ha gestito il tutto con la nostra supervisione laddove necessario.
Avete sin da subito incontrato il favore di artisti e agenzie, oppure qualcuno ha storto e continua a storcere il naso?
All’estero ci hanno e ci continuano a credere di più che in Italia. Credo questo sia dovuto anche alla dimensione degli artisti e del pubblico: Lewis Capaldi ha un pubblico internazionale, non ci sono molti artisti italiani nelle stesse condizioni.
Devo dire comunque che c’è grandissima apertura ad intrattenere la conversazione da parte di etichette e artisti, stiamo cercando di valutare assieme a loro la giusta combinazione di artista, luogo e sponsor per creare quel momento imperdibile.
Come è stata l’accoglienza del pubblico a questa modalità di proporre concerti?
Il pubblico è abituato alla fruizione di contenuti online. L’ostacolo da superare è quello del biglietto da pagare perché siamo abituati a pagare poco o niente per un contenuto online. Qui, però, si tratta di performance di artisti che avremmo pagato (e torneremo a pagare) tanti soldi per vedere, quindi credo si tratti di un cambio di percezione generale attorno allo strumento streaming, soprattutto se rimarrà il modo principale di vedere alcuni artisti per un po’ di tempo.
Quali nuove opportunità ha creato lo streaming di concerti?
Dal lato degli organizzatori, lo streaming ci ha permesso di parlare con tantissime realtà che ieri non avremmo avuto accesso per vari motivi. Per il fan, ha la possibilità di democratizzare l’accesso all’arte abbattendo le barriere di distanza e mobilità con cui tantissimi fan devono fare i conti.
Tra le cose che mancano di più a chi frequenta concerti, oltre alla musica live in sé, è senza dubbio l’interazione con gli altri, essere fianco a fianco con altre persone, lo scambio di energia tra platea e palco. In streaming tutto questo non è possibile: ci sono dei modi per “compensare”, delle modalità di interazione differenti, ma capaci comunque di coinvolgere il pubblico online?
Ci sono piattaforme che consentono ai fans di vedersi ma stiamo notando che non è necessariamente il vedere i volti delle altre persone, ma il poter comunicare che connette le persone.
Un primo bilancio di questa “fase uno” dei concerti streaming?
Gli eventi a pagamento che abbiamo fatto finora sono andati tutti molto bene. Come dicevo in precedenza, l’essere selettivi e creare un momento di esclusività sono la chiave per il successo.
La musica live in streaming è presente e futuro, oppure una parentesi dettata dall’eccezionalità del periodo?
Lo streaming è un modo alternativo per fruire un contenuto, ha un proprio pubblico e credo che abbia la possibilità di diventare un canale a sé.
Per fare una previsione, come è la prospettiva degli eventi live da qui ai prossimi mesi?
Festival e arene a piena capacità da luglio? No? Ci ho provato dai, ne valeva la pena.
a cura di
Andrea Mariano