Tra gli operatori del settore: Nagni di Vox Concerti

Tra gli operatori del settore: Nagni di Vox Concerti
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Essere un booker ai tempi di una pandemia

Se c’è un settore che sembra sia rimasto in attesa di aiuti e supporto da parte del governo è quello dedicato all’arte e allo spettacolo.
Il Covid19 ha portato con sé enormi danni con l’annullamento di tutti gli eventi in programma per il 2020. C’è stato un blocco totale di quella che è l’enorme macchina “guidata” da tutti i lavoratori di questo settore duramente colpito dall’emergenza. Alessandro Gatto, meglio conosciuto come Nagni di Vox Concerti è tra questi.

A partire dal 15 giugno sembra ci sia stata una lenta ripresa dei live, con tutte le restrizioni del caso che, ovviamente, incidono in maniera negativa economicamente parlando. Ma lasciano delle speranze.

Nel corso di questi mesi sono state avanzate molteplici soluzioni alternative ai concerti dal vivo e tante “prove” per capire le reazioni del pubblico e le adesioni da parte degli artisti. Artisti che, proprio pochi giorni fa, in occasione della festa della musica hanno aderito ad uno sciopero generale, protestando per l’incertezza di ciò che sarà per loro e per chi lavora per loro.

L’intervista
Nagni, partiamo con le presentazioni ufficiali, quando e com’è iniziato il tuo percorso all’interno del panorama musicale, è sempre stato un tuo desiderio lavorare nella musica e qual è il tuo ruolo attuale, di cosa ti occupi? 

Ciao a tutti, sono Alessandro per tutti Nagni, piacere di trovarvi.
E si, sono sempre stato nel mondo della musica. Mio padre da giovane lavorava in una delle tantissime radio locali che avevano un po’ tutti in ogni paese. Ho parenti illustri in questo mondo, quindi ho sempre visto la musica come parte integrante della mia vita, in maniera del tutto naturale. Non era un desiderio esserci, era già scritto.

Il mio percorso come booker è iniziato casualmente nell’autunno del 2014. Dapprima sono stato un batterista con diverse esperienze in giro per l’italia, ma quell’anno era un periodo dove non suonavo e non avevo nemmeno ambizioni, un periodo da “cane randagio” praticamente.
Mi trovavo a Bologna per qualche giorno e parlando con delle persone mi sono ritrovato pochi giorni dopo a cercare di organizzare un tour per un paio di band.

Ci ho messo qualche mese per entrare nei meccanismi e all’inizio, se non hai una guida e hai delle band semi sconosciute è difficilissimo farsi prendere sul serio dagli operatori, però nel giro di 6 mesi sono riuscito ad “entrare nel giro” e iniziando a fissare un po’ di concerti.

Il passaggio cruciale è arrivato nel novembre del 2015 quando colui che è stato il mio mentore: Francesco Leaci (Wero Eventi / Day Off Festival) mi ha voluto nella sua nuova agenzia. Ho lavorato lì per 3 anni ed è stato lì che ho imparato i “segreti” del mestiere per poi potermi approcciare successivamente ad un livello di artisti, festival e addetti del settore, decisamente più alto rispetto.

Alla fine del 2018 le nostre strade si sono separate perché ormai sentivo l’irrefrenabile ambizione di provare a costruire qualcosa da solo e quindi nei primi giorni del 2019 è nata Vox Concerti.
Un progetto che sento a tutti gli effetti una mia creatura e porto avanti con lo stesso spirito e criterio lavorativo di sempre, cercando di fare sempre meglio, con il supporto dei miei soci della Doc Live produzioni.

Siamo appena usciti da un lungo periodo di chiusura forzata che ha avuto un impatto importante nel mondo musicale con lo stop di tutti gli eventi live. Ed è come se improvvisamente si fosse fermata una potentissima macchina di cui ovviamente fai parte. Quali sono state le conseguenze in termini pratici per te e per il tuo lavoro?

All’inizio di questa pandemia, pensavo che avremmo perso solo il mese di marzo, ero molto fiducioso del fatto che sarebbe stata una “ semplice influenza più forte del solito” e che quindi sarebbe stata debellata nel giro di poche settimane. Poi dopo qualche settimana abbiamo capito che non era così e abbiamo dovuto annullare ogni attività dei nostri musicisti.

(Per la precisione, i 4 tour che avevamo fatto partire a inizio 2020, dopo ovviamente svariati mesi di lavoro.)

Il danno economico ovviamente è stato pesante, come quello morale, sia nostro che dei musicisti a cui ho promesso che non appena ci saranno le condizioni necessarie per ripartire (sia in estate che in autunno) recupereranno in parte o tutte le date che erano state programmate.

Il 21 giugno si è celebrata la festa della musica #senzamusica. E in questi giorni sui social ci sono tutti gli operatori del settore che giustamente chiedono delle garanzie al governo. Chiedono di essere presi in considerazione e soprattutto valorizzati. Visto che la sensazione è stata quella di totale abbandono, tu cosa ne pensi a tal proposito?

Penso che il governo italiano abbia dovuto affrontare una situazione di emergenza peggiore. Peggiore forse anche a quella dei dopoguerra, dove si partiva da 0 su ogni cosa, anche a livello politico. Tutto era più “puro”.
Oggi l’italia viene da decenni di politica corrotta e sporca, che purtroppo hanno strascichi ben presenti.

Una politica che limita e danneggia molti meccanismi che dovrebbero funzionare con più fluidità. Come ad esempio gli aiuti ai settori indubbiamente meno “vitali” per lo Stato rispetto ad altri, ma dove comunque operano migliaia di persone.

Speravo che una volta messi a posto i tasselli più importanti poi sarebbe toccato anche a noi dello spettacolo. Ma non ci resta che capire cosa succederà. Dobbiamo cercare di ottenere dialoghi costruttivi con gli organi governativi.

Tra le varie soluzioni adottate e “testate” c’è anche l’utilizzo delle piattaforme streaming per i concerti. Pensi sia una possibile soluzione effettiva o al contrario, vista la ripresa di tutto possiamo confidare anche in qualcosa di diverso come piccoli live acustici all’aperto e abituarci nuovamente a quello che abbiamo lasciato indietro prima di quest’emergenza sanitaria?

I piccoli live acustici e all’aperto sono già realtà. Da pochi giorni si sta finalmente tornando a riorganizzare il tutto anche se in maniera anomala rispetto a com’eravamo abituati. La soluzione streaming è fattibile e ne sono sostenitore. Tuttavia bisogna prima “testarla” perché mentre per altri paesi è una prassi usata già da tempo, per l’italia è un concetto nuovo che va reso credibile.

Va reso credibile anche scegliendo la giusta promozione del servizio per sensibilizzare il pubblico verso questa nuova possibile realtà. Una realtà che potrà evolversi in una direzione di contenuti esclusivi.
(Come ad esempio i pre-save di un album. Oppure l’aggiunta di pubblico da casa che non potrà andare a vedere un concerto per motivi di distanza o per altro.)

L’estate è da sempre ricca di festival e grandi eventi, come vedi questa estate 2020 invece e che speranze hai per il 2021?

La speranza che ho è quella di non avere un’altra ondata di virus, sebbene ora dovremmo essere tutti più preparati a fronteggiarla. La paura è quella che per un altro anno dovremmo trovarci a rivivere questa situazione. Non voglio pensarci, ma mi auguro che non succeda questo.

a cura di
Claudia Venuti

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Claudia Venuti

Claudia Venuti nasce ad Avellino nel 1987, a 14 anni si trasferisce a Rimini, dove attualmente vive e lavora. Oltre ad essere il responsabile editoriale della sezione musica di TheSoundcheck, è responsabile dell’area letteratura dell’ufficio stampa Sound Communication. Studia presso la Scuola Superiore Europea di Counseling professionale. Inguaribile romantica e sognatrice cronica, ama la musica, i viaggi senza meta, scovare nuovi talenti e sottolineare frasi nei libri. Sempre alla ricerca di nuovi stimoli, la sua più grande passione è la scrittura. Dopo il successo della trilogia #passidimia, ha pubblicato il suo quarto romanzo: “Ho trovato un cuore a terra ma non era il mio” con la casa editrice Sperling & Kupfen del Gruppo Mondadori.

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