Passione e lavoro per la musica: l’avventura di Soukizy

Passione e lavoro per la musica: l’avventura di Soukizy
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Ho scoperto Soukizy per caso, sfogliando Musica Jazz, rivista musicale storica in Italia giunta al 75° anno di età. Mi ha colpito il suo modo di approfondire i personaggi musicali proposti, di entrare in modo discreto nel loro mondo per riuscirne a tratteggiare meglio gli aspetti salienti e determinanti del loro percorso artistico.

Ancora ho scoperto, malgrado la sua grande preparazione musicale, che in realtà è una quotatissima fotografa che ha iniziato la sua attività fermando gli attimi salienti che si susseguono sul palco come una rappresentazione di anime in movimento. Determinazione, passione, preparazione sono gli elementi rilevanti del lavoro di Soukizy in un paese come l’Italia dove la meritocrazia lascia poco spazio e le donne faticano a realizzare dei progetti professionali.

Ho voluto intervistarla per carpire un po’ del suo background perché possa essere da esempio per tanti seri e preparati professionisti (uomini e donne) che scelgono la musica come professione malgrado tutto.

Sei redattrice (per la rivista MusicaJazz) e fotografa. Vuoi raccontarci come sei riuscita a diventare professionista, se questo è il tuo lavoro effettivo e che difficoltà comporta?

La mia attività principale è quella di fotografa. Ho iniziato circa dieci anni fa. ‘Circa’ perché la fotografia è presente nella mia vita sin da piccola, come anche la musica. Mentre con la musica l’empatia è stata dal primo momento forte tanto da diventare per me elemento indispensabile del quotidiano, la fotografia è arrivata dopo, per caso. O meglio, la consapevolezza di essa. Da ragazzina ho cominciato presto a partecipare ai concerti come spettatrice e a conoscere via via persone coinvolte nel settore, come fotografi e musicisti.

Quindi sono arrivate le prime occasioni di sperimentare, per gioco, con alcuni di questi. La prima proposta ufficiale di lavoro, ai tempi, era arrivata da un grosso jazz club, con cui lavoravo quasi tutti i giorni. Da li mi si è accesa la lampadina di unire le mie due più grandi passioni, la fotografia e la musica ed è cominciata la mia carriera. Nei primi  anni ho avuto modo di sperimentare in vari ambiti fotografici, fino a sentire che, nonostante mille difficoltà, avrei voluto perseguire quella strada.

Perché musica e fotografia sono il mio habitat naturale. Di conseguenza negli anni molte sono state le occasioni a fare da collante fra le due arti, fino alla proposta di Musica Jazz. Per il giornale scrivo una mia rubrica mensile, Il tasto Play, nel quale provo a raccontare l’esperienza d’ascolto di un disco (o libro), e di musicisti ai quali in qualche modo mi sento legata. Inoltre, dove possibile, vengono pubblicati anche alcuni miei scatti. Mentre per il web scrivo (scrivevo!) delle piccole recensioni di live.Per quanto rappresenti per me un mondo infinito e ricco di possibilità, la tua domanda è lecita, perché di difficoltà se ne incontrano e non poche.

Ma credo che non dipendano strettamente dalla musica o dalla fotografia, piuttosto da un patrimonio culturale italiano che pone molti ostacoli al mondo del lavoro, in generale.

Lavori con artisti per lo più internazionali. Che differenza trovi con gli artisti nazionali?

La differenza è semplicemente, per ricollegarmi a quanto dicevo sopra, culturale. Naturalmente poi ti parlo della mia esperienza personale. Perciò, un modo diverso di “sentire” la musica e di approccio ad essa. Come un maggior rispetto del lavoro fotografico, che in Italia purtroppo passa in secondo piano, come se non potesse essere un vero lavoro (ad esempio, ci sono anche moltissimi fotografi non professionisti in giro che di professione fanno altro).

Lo stesso succede anche con la musica in molte occasioni, d’altronde. E anche vero però che ci sono sempre le eccezioni, infatti collaboro da 10 anni con Enrico Pieranunzi, musicista e persona di grande carisma con il quale abbiamo modo di portare avanti tanti progetti diversi e sempre stimolanti.

Riguardo al Jazz sei d’accordo con chi dice che piace solo a quelli che lo suonano? Qual è la sua importanza al giorno d’oggi?

No, non sono d’accordo. Piace a chi ha una visione open-minded. Aggiungo che il Jazz è un pezzo, meraviglioso, di Musica, dentro alla quale io non faccio distinzione e non metto limiti. La musica è un mondo ricco di sfaccettature e molto interessanti, che va approfondito in ogni suo aspetto.

Da maggio si prevede una ripartenza dopo il lockdown causato dal Coronavirus. Come stai vivendo il periodo e, secondo te, viste le tante cancellazioni di concerti e festival estivi a cosa ci porterà?

Questo è tutto da vedere, perché non possiamo sapere quale sarà l’evoluzione del virus in sè, ad oggi. Personalmente ho vissuto il lockdown in maniera positiva e creativa, approfittando del tempo a disposizione per studiare, leggere, approfondire argomenti di interesse e apprendere nuove skills per il futuro professionale. Dal momento che una parte del mio lavoro (la fotografia) è bloccata per adesso.

Ad essere sincera, ho da sempre la forte convinzione che l’evoluzione ed il cambiamento siano fondamentali nel corso della vita, e mi riferisco a tutto. Nelle specifico della musica ti direi che se dovesse cambiare qualcosa mi auguro sia in positivo, naturalmente. Intendo, per i motivi sopra citati, credo debba godere di maggior salute e molte aspetti andrebbero rivisitati, legati o slegati al mio lavoro. Francamente spero non torneremo alla “normalita”, ovvero al tutto uguale a prima, ma che ci possa essere una forte apertura verso le nuove opportunità, in tutti gli ambiti.

a cura di
Beppe Ardito

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Beppe Ardito

Da sempre la musica è stata la mia "way of life". Cantata, suonata, scritta, elemento vitale per ridare lustro a una vita mediocre. Non solo. Anche il cinema accompagna la mia vita da quando, già da bambino, mi avventuravo nelle sale cinematografiche. Cerco di scrivere, con passione e trasporto, spinto dall'eternità illusione che un mondo di bellezza è possibile.

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