Fortnite e il concerto per chi odia i concerti di Travis Scott

Fortnite e il concerto per chi odia i concerti di Travis Scott
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Il battle royale di Epic Games è sempre più proiettato nel futuro e lo ha dimostrato nuovamente con il concerto virtuale ed interattivo del rapper statunitense

Che Fortnite voglia superare l’odierna definizione di videogioco non lo scopriamo certo oggi. Non è la prima volta, del resto, che la visionaria produzione di Epic Games rinuncia alle sue regole ludiche per offrire un’esperienza diversa dal solito ai milioni di utenti che giornalmente si riversano sui server del battle royale.

Già un anno fa, in occasione del DJ set di Marshmello, chi sperava di farsi una partita veloce è stato passivo testimone di una performance invero poco originale, a suo modo comunque significativa circa le intenzioni, il desiderio degli sviluppatori e manager della software house statunitense di spingersi un po’ più in là, andando persino oltre il concetto di game-as-service, appellativo che identifica tutti quei titoli che a cadenza regolare propongono nuovi contenuti, modalità, collezionabili da sbloccare.

La filosofia alla base di Fortnite, insomma, è simile a quella di Destiny 2, di Rocket League, di The Division 2, ma profondamente diversa, protesa in una direzione ancora ignota ed irraggiungibile dai concorrenti.

Più che un semplice passatempo

La presentazione in pompa magna del teaser trailer esclusivo di Star Wars IX: L’ascesa di Skywalker, lo scorso novembre, con tanto di J.J. Abrams in formato digitale a presenziare l’evento, ha reso chiaro a tutti le ambizioni commerciali di un prodotto che ambisce a farsi social network, spazio virtuale condiviso, luogo di espressione di sé stessi, tramite la personalizzazione dell’avatar a suon di skin a pagamento.

Il concerto di Travis Scott tenutosi lo scorso 24 aprile, seguito a breve distanza da diverse repliche, è stato un ulteriore passo in questa direzione, tanto più significativo in un periodo in cui gli eventi pubblici sono vietati, rimandati a data da destinarsi.

Epic Games, in questo senso, ha colto la palla al balzo, facendosi trovare prontissima in un momento in cui lo smart working è l’unica alternativa e le videochiamate sono il solo modo per restare in contatto con i propri amici.

Senza lunghe attese, senza la calca, senza il classico giocatore di basket che ti si piazza di fronte proprio quando l’artista raggiunge finalmente il palco, Travis Scott all’orario prestabilito è piombato sulla mappa di Fortnite precipitando da un planetoide comparso dal nulla.

Scardinato totalmente il gameplay del gioco, Fortnite non ha rinunciato alla sua personalità, inscenando buona parte della performance in la mappa del gioco. Travis Scott ha infatti assunto dimensioni gigantesche, ballando e rappando in lungo e in largo per lo scenario, mentre agli spettatori è stato dato modo di (in)seguirlo effettuando ora salti sovrumani, ora correndo a velocità folle.

Tra ologrammi, tempeste di fuoco e luci fluo, durante il concerto, della durata complessiva di una decina di minuti, è stata persino offerta la possibilità di nuotare in un’ambientazione completamente sommersa, in cui il rapper si è presentato in tenuta da palombaro, e di volare in uno spazio astratto davvero suggestivo.

Da Star Wars alle Tesla del domani

Se con Marshmello si è tentata con scarso successo la mimesi di un evento reale, con Travis Scott abbiamo assistito ai concerti del futuro, una via di mezzo tra la performance virtuale e il videoclip interattivo.

Più di ogni altra cosa, si sono palesate le potenzialità commerciali di Fortnite, ambiente plasmabile a piacimento per accogliere eventi di vario genere. Non è così difficile immaginare la presentazione della nuova Tesla tra un battle royale e l’altro, o il nuovo tour “mondiale” di una Lady Gaga completamente digitalizzata, con tanto di lancio contemporaneo di skin ispirate ai (folli) abiti dell’eccentrica cantante.

Di sicuro, è stato un piacere partecipare all’esibizione di Travis Scott. In questa sorta di Matrix che si è già impadronito delle nostre vite, a causa del distanziamento sociale e della reclusione forzata, bisogna fare di necessità virtù. Guardando il bicchiere mezzo pieno, iniziative del genere sono un toccasana per chi ama la musica, ma non è particolarmente attratto dai concerti, fin troppo caotici e poco “comodi”.

Del resto, seduti sul divano, sorseggiando di tanto in tanto una gustosa birra, abbiamo partecipato ad un evento altamente spettacolare, unico nel suo genere, indimenticabile. E ne vogliamo subito altri.

a cura di
Lorenzo Kobe Fazio

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