Sum 41 – Unipol Arena Bologna – 16 Novembre 2024
In una fredda notte di novembre, fuoco, fiamme, coriandoli, teschi e luci lasciano il posto a un sentito inno d’addio nel trionfale tour finale della band canadese dei Sum 41.
“Dio sa che i Sum 41 hanno avuto la loro giusta dose di alti e bassi”,
Osserva con un sorriso il frontman dei Sum 41 Deryck Whibley.
I quasi trenta anni di storia della band canadese dei Sum 41 li hanno visti sopravvivere a incidenti automobilistici quasi mortali, aggressioni, alcolismo e persino polmonite. Nel frattempo, le loro fortune sono passate dalle vendite di dischi di platino alla difficoltà di riempire locali più piccoli prima di un ritorno trionfale in arene come questa, dopo che il pop-punk è stato scoperto da una nuova generazione di fan. Il che rende molto triste il fatto che questo sia veramente un tour d’addio, apparentemente riflettendo il desiderio del cantante di uscire di scena ora che sono al top della forma.
La serata viene aperta dai Neck Deep, storica band gallese. Se vuoi provare un po’ di buon vecchio pop punk, allora un concerto dei Neck Deep è lo spettacolo che non devi perdere. La loro scaletta aveva una vasta gamma di pezzi, dalla prima canzone che hanno scritto alla loro ultima uscita. Poi però cala il sipario, il pubblico li reclama a gran voce, ed il palco finalmente rende giustizia ai Sum 41, con una scenografia a collage che riprende nostalgicamente tutte le grafiche della band dal ’96 ad oggi.
Stanno sicuramente uscendo con il botto: docce di coriandoli, fuochi pirotecnici, laser, palloncini, un gigantesco teschio mobile e la storica ma efficace abilità sul palco di Whibley creano una stravaganza visiva eccezionale. Una scaletta gigantesca di 130 minuti di oltre 30 canzoni che si estende dal successo dell’anno scorso, Landmines, fino al loro singolo di debutto, Makes No Difference. Whibley si riferisce affettuosamente al primo inno Summer come “la prima volta in cui abbiamo pensato, ‘Abbiamo scritto una bella canzone'”.
Si entra nel vivo del concerto
Il concerto continua sfrecciando attraverso Over My Head, Screaming Bloody Murder e Underclass Hero (con tanto di enormi palloncini). È un promemoria del fatto che, forse, per molti anni abbiamo dato per scontati i Sum 41, e che sono da tempo una delle band dal vivo più divertenti e affidabili della musica alternativa. E in definitiva stasera si tratta di mostrare quell’apprezzamento a una band con cui la maggior parte di noi è cresciuta e a cui si è rivolta nei momenti di bisogno.
I Sum 41 sono sempre stati un po’ un’eccezione nella gamma gruppi del pop-punk. Non solo sono bravissimi con gli inni skater e i pezzi riempipista pronti per l’arena, ma hanno anche un tocco metal che li attraversa e che manca alla maggior parte delle band del loro stile. Dedicando il pezzo “We’re All To Blame” ai metallari tra il pubblico, trovano persino il tempo di suonare l’intro di Raining Blood degli Slayer e l’assolo di Master Of Puppets dei Metallica, come promemoria del fatto che sono cresciuti a suon di heavy metal.
Una malinconica festa dannatamente bella
La band e il cantante in particolare non mancano di energia, ma risaltano anche i momenti più malinconici che fanno un attimo tirare il fiato: la riflessiva Pieces e l’inno War mostrano capacità di scrittura di canzoni più mature di quanto generalmente venga loro riconosciuto. Quando Whibley suggerisce che “dopo 30 anni penso solo che il mondo sia stufo dei Sum 41”, viene accolto da fischi comici e da un coro di “We want more!”. A poco a poco, però, le cose diventano emozionanti. Coppie e amici si abbracciano mentre saltano sulle note di Fat Lip e In Too Deep per l’ultima volta, e la gratitudine ripetutamente espressa da Whibley alla “famiglia dei Sum 41” per i loro decenni di supporto sembra davvero genuina e sentita.
Il bis è finito, gli applausi sono calati, le luci della sala sono accese e gran parte del pubblico è già alle uscite quando il frontman all’improvviso chiede se ci sia ancora qualcuno e fa risuonare di nuovo la band, per l’ultimo emozionante encore. So Long Goodbye è bellissima, ma una Never Wake Up ci lascia sospesi in un sogno che davvero vorremo davvero potesse non finire mai.
La setlist della serata
- Motivation
- 88
- The Hell Song
- Over My Head (Better Off Dead)
- No Reason
- Out for Blood
- War
- Underclass Hero
- Noots
- Landmines
- Dopamine
- Raining Blood
- Master of Puppets
- We’re All to Blame
- Some Say
- Screaming Bloody Murder
- Walking Disaster
- With Me
- Makes No Difference
- My Direction / No Brains / All Messed Up
- Preparasi a salire
- Rise Up
- Pieces
- Fat Lip
- Still Waiting
Encore: - Summer
- Waiting on a Twist of Fate
- In Too Deep
Encore 2: - So Long Goodbye
- Never Wake Up
a cura di
Mattia Mancini
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