“Gli indesiderabili”: lotta politica e indignazione nella periferia parigina
Il regista Ladj Ly torna oggi al cinema con “Gli Indesiderabili”, rappresentando ancora il difficile rapporto fra periferie e istituzioni.
“Come si può vivere e morire in un posto del genere?”. È l’interrogativo presentato nella scena iniziale de Gli Indesiderabili, in cui un gruppo di uomini cerca, con fatica, di trasportare una bara giù per le infinite scale di un’inquietante palazzina, in condizioni decisamente disastrose.
In questo edificio – rappresentazione del dramma universale dell’esistenza – vive una grande comunità di stranieri, ciascuno con le proprie famiglie, con esigenze, sogni e voci diverse, troppo a lungo tenute in gabbia.
La strettezza e l’angustia di quelle scale buie non sono solo fisiche, ma soprattutto metaforiche: sono le stesse vissute dagli abitanti ogni giorno.
Costretti a farsi spazio per non essere sommersi dagli altri, a lottare per sopravvivere. A combattere contro il destino di un futuro già segnato, contro la limitata libertà di scelta che un tale posto impone. A perseguire un ideale di giustizia, urlando per tentare di essere ascoltati.
La protagonista del film
E’ qui che vive Haby, una giovane ragazza di origini maliane, fortemente impegnata nella vita della sua comunità. Stagista all’archivio del quartiere e presidente di un’associazione che si occupa di trovare alloggi alle persone e soprattutto di fare da ponte con le istituzioni, aiutando le famiglie dei nuovi migranti.
Una donna forte e coraggiosa, che lotta per gli ideali in cui crede e non si arrende facilmente. È orgogliosa e testarda, pronta a tenere testa a chiunque provi a farla inutilmente tacere.
La sua vicenda personale (insieme a quella degli altri inquilini) deve inevitabilmente intrecciarsi con la politica.
“Gli Indesiderabili” – la trama
Ci troviamo in un quartiere periferico parigino in preda alla rovina e alla degradazione, un sobborgo decisamente difficile da governare.
In seguito alla morte improvvisa del precedente sindaco, causata dalle polveri dei detriti originati dalla demolizione di un palazzo, il consiglio comunale elegge frettolosamente Pierre Forges, un pediatra inesperto e spaventato, incapace di svolgere un ruolo che richiede così tante responsabilità.
La sua visione è idealistica, la sua idea di politica romantica: è deciso a portare a termine il progetto di riqualificazione del quartiere iniziato dal suo predecessore ad ogni costo, incurante del fatto che queste azioni andrebbero a discapito delle famiglie più povere dei quartieri popolari, vere e proprie vittime delle sue scelte politiche.
Il suo progetto, infatti, prevede proprio la demolizione dell’edificio in cui Haby e tutta la sua comunità sono cresciuti, costringendoli allo sfratto e ghettizzandoli ulteriormente, come se un’esistenza interamente vissuta nel disagio e nella precarietà non fosse già abbastanza.
Haby non può permetterlo: è decisa a dimostrare alle istituzioni che anche loro contano, anche loro possono governare la città e far sentire la propria voce.
Avrà inizio così una feroce battaglia ideologica e politica – ma non solo – fra una tenace Haby e un codardo Pierre, che risponderà ad ogni protesta con la repressione forzata. Gli sforzi di entrambi avranno buon esito?
La regia
Il regista francese di origini maliane Ladj Ly ritorna al cinema con il suo secondo lungometraggio, dopo il successo de I Miserabili, suo film d’esordio, candidato all’Oscar per il miglior Film Internazionale e vincitore del premio della Giuria al Festival di Cannes 2019.
Se ne I Miserabili ad essere messa in scena era la guerra quotidiana fra le banlieu extracomunitarie e le forze di polizia, Gli Indesiderabili continua la trattazione del delicato rapporto fra comunità periferiche e istituzioni, concentrandosi sul tema dell’edilizia abitativa sociale.
Il regista resta ancora una volta fedele al territorio in cui è cresciuto, avvicinandocisi ulteriormente con un cambio di ambientazione: il titolo originale del film è Batiment 5, che è proprio il nome del palazzo in cui egli stesso è cresciuto.
I luoghi
L’estrema importanza che i luoghi rivestono all’interno di questo lungometraggio è evidenziata sin da subito, con fortissime inquadrature dall’alto prima dell’intero quartiere e poi dell’immensa palazzina, tanto da fare quasi paura.
Emblematica quella della scena iniziale, sempre più vicina, accompagnata da una musica lugubre e drammatica, anch’essa di fondamentale importanza durante tutto il film.
Non solo l’utilizzo dei luoghi è metaforico, ma anche quello degli stessi personaggi: ciascuno di loro rappresenta un certo atteggiamento, una risposta alla crisi contemporanea.
Haby: forza nella debolezza
L’intera vicenda è osservata da un punto di vista femminile, quello di Haby. La donna incarna quel bisogno di giustizia sociale insito nel cinema del regista, la coscienza delle ragioni di una parte della società troppo a lungo ignorata, e ora indignata e inasprita.
La voce di Haby diventa quella di ciascuno di noi: non si può restare in silenzio di fronte a una situazione simile, l’indifferenza non è ammissibile. E non solo in quanto spettatori, ma prima di tutto come cittadini attivi e responsabili, con diritti e – ancora di più –doveri.
Pierre: la codardia
Dall’altro lato, il sindaco Pierre rappresenta l’emblema del politico contemporaneo, costretto alla repressione perché non in grado di risolvere i problemi in maniera pacifica.
Egli è totalmente incapace ad ascoltare e a dialogare con il popolo, a cui non si sente legato, ma utilizza la sua posizione per salvaguardare se stesso, la propria famiglia e i propri privilegi. Disposto a tutto pur di raggiungere i propri scopi, ci dimostra che, nello Stato e non solo, tutti possono essere capi, ma pochi sanno essere veri leader.
La differenza sembra minima, ma è sostanziale: un leader non si preoccupa solo della sua posizione di comando, ma si pone alla guida degli altri, anteponendo al suo personale benessere il loro. Gli obiettivi del singolo coincidono con quelli di tutti.
Gli altri personaggi
Fra questi due estremi, come sempre, si collocano altre figure, chi più vicine all’uno e chi all’altro. Degno di nota è il vicesindaco Roger, uomo appartenente alla stessa comunità di Haby, cresciuto anche lui in quell’edificio 5 e poi entrato a far parte della politica della sua cittadina.
Roger è proprio l’emblema dell’omertà e dell’indifferenza. Un individuo che finge di stare dalla parte dei suoi concittadini e che, forse, per un certo periodo è davvero convinto di esserlo, ma che poi si dimostrerà troppo attaccato alla sua poltrona e alla sua vicinanza al sindaco per opporsi ai suoi soprusi e al suo progetto, seppur non condividendoli.
Infine Blaz, amico di Haby e probabilmente innamorato di lei, ci mostra l’esito a cui la disperazione e condizioni di vita estreme possono portare. E come ciascuno reagisca al dolore e ai soprusi in modo diverso.
Convinto che ogni forma di protesta contro il governo si riveli alla fine inutile e che non otterranno nulla perché per il Governo non contano, la sua rabbia è sterile e fine a stessa. Questo è il circolo vizioso in cui incappa la politica dei giorni nostri: dalla ghettizzazione di chi si sente perennemente schiacciato e umiliato non possono che sorgere odio e violenza.
La critica politica
Ma proprio attraverso una donna il regista ci mostra come non basti solo essere arrabbiati, dovendo invece osare, fare qualcosa per aiutare chi è in difficoltà.
Haby rompe così questo circolo vizioso, incanalando la sua indignazione in azioni concrete e dimostrandosi con orgoglio “una francese di oggi” nel rivendicare i suoi diritti.
E – soprattutto – nel prendere posizione. È questa la grandezza de Gli Indesiderabili e – più in generale – di tutto il cinema di Ladj Ly: finalmente qualcuno osa prendere posizione, con forza e coraggio.
Se alcuni momenti possono sembrare esagerati e meno realistici è solo perché, in mezzo a tutto quel dolore e a quella tragicità, la stessa indignazione di Haby possiamo provarla anche noi, sempre di più, in ogni scena di grande impatto.
Essa è il motore per risvegliare il mondo da un torpore che non può più permettersi, per reagire alle politiche odierne senza esserne silenziosi complici.
Gli indesiderabili è una storia di sopravvivenza e lotta popolare che ci mostra come dovrebbe essere la politica: non più unicamente orientata alla propaganda sterile, non più distaccata dalla società, ma un tutt’uno con essa. Ascoltandone i bisogni concreti e, ancora prima, le voci dell’intero popolo.
a cura di
Lucrezia Aprili
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