Il Cinema Ritrovato 2024, giorno 2 – Kubrick, Mann e la dolcezza di “Paris, Texas” in Piazza Maggiore

Il Cinema Ritrovato 2024, giorno 2 – Kubrick, Mann e la dolcezza di “Paris, Texas” in Piazza Maggiore
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Il secondo giorno de Il Cinema Ritrovato 2024 ha regalato un crescendo di emozioni, culminato con la magica proiezione del capolavoro di Wenders in Piazza Maggiore. Nell’articolo esploreremo le differenti sfumature della giornata, dai tre cortometraggi documentari di Kubrick al western “Devil’s Doorway”, per poi immergerci nell’atmosfera unica della serata in piazza.

23 Giugno 2024.
Secondo giorno de Il Cinema Ritrovato 2024 a Bologna. Un’altra giornata ricca di grandi titoli cinematografici, di generi ed autori lontani nel tempo e nello spazio. Un viaggio attraverso diverse epoche e stili della Settima Arte.

L’esplorazione domenicale è iniziata al Dams Lab, in Piazzetta Pasolini, con la presentazione di tre cortometraggi documentari di Stanley Kubrick: un’opportunità imperdibile per riscoprire i primi lavori del maestro del cinema. Successivamente, il Cinema Arlecchino mi ha accolto per Devil’s Doorway, western che ha catturato l’attenzione degli appassionati del genere.

Infine, Piazza Maggiore. Sarò sincero – il mio accredito recitava “Hellraiser, h22:15, Cinema Europa“, ma il più bel cinema del mondo mi ha attratto a sé con prepotenza: l’atmosfera magica prodotta da Paris, Texas in una location del genere, è davvero impareggiabile. Fidatevi!

Clive Barker saprà comprendermi.

“Day of the Fight”, 1951 (13′), “Flying Padre”, 1951 (9′) e “The Seafarers”, 1953 (29′)

Michael Dawson (Cineindustrial) introduce la visione dei tre cortometraggi. Fan e amico del celebre cineasta, ha parlato del restauro e dell’aggiornamento in 4K (avvenuto l’anno scorso) come un piacere personale, prima ancora di un lavoro per la comunità cinematografica.

Sono certo che negli anni ’50 non ci fossero varie fonti di guadagno come ce ne sono oggi. Day of the Fight ce ne mostra una, piuttosto peculiare per il tempo: Kubrick ci porta nella vita di una persona che si guadagna da vivere grazie ai suoi pugni: Vincent Cartier, pugile pesi medi.

In particolare, viviamo con lui e il fratello Walter (suo agente) la giornata del 17 Aprile 1950, data della sfida contro Bobby James. Il voiceover di Nat Fleischer è una cascata: sia dal punto di vista sociale di un settore così di nicchia, che da quello dei sentimenti provati del pugile, lo storytelling ci proietta interamente in quel giorno.

Regia, montaggio e fotografia sono sublimi – e che aspettarsi da Stanley! -, tanto che al termine dei 13 minuti di proiezione, il legame con Vinc è strettissimo. Non nego di avergli augurato “in bocca al lupo” per le future sfide e per gli sviluppi della sua vita.

Come il precedente, anche Flying Padre ha un titolo che non nasconde nulla: ecco padre Fred Stadtmulle che, grazie al suo monoplano, aiuta la popolazione del New Mexico, conciliando le relazioni fra bambini, facendo sermoni e trasportando una mamma con il figlio malato da casa all’ospedale più vicino.

Un personaggio che si sarebbe perso nella storia dell’umanità, ma che – grazie a Kubrick – rimarrà per sempre su pellicola.

Per quanto riguarda il propagandistico The Seafarers, invece, commissionato dalla Seafarers International Union, non c’è molto da dire. D’altronde, anche il migliore di tutti non può esimersi dall’avere una minuscola macchietta sulla sua filmografia.

Still da Day of the Fight
“Devil’s Doorway”, 1950 (84′)

“La forza dei suoi film scaturisce dal fatto che non devono nulla a qualunque estetica pianificata”.
Così Godard si riferì nei confronti di Anthony Mann. E non è stato l’unico a parlarne con parole dolci: una dedica speciale arriva dal presente in sala Wim Wenders, e al suo soprabito nero “western” indossato ad hoc.

“Ha ridefinito il genere, dandogli un tocco nuovo, descrivendo dal punto di vista storico la formazione della civiltà americana; ne ho sempre apprezzato il focus sugli emarginati e i ribelli, andando a riprendere la figura del buon selvaggio nobile. I valori sono ribaltati: i selvaggi sono quelli che si definiscono civili.

Wenders ha poi raccontato la genesi del rapporto con il regista, conosciuto grazie alle retrospettive offerte dalla Cinémathèque a Parigi – meta cinematografica preferita del cineasta tedesco, soprattutto per il costo contenuto -.

“La mia prima retrospettiva lì fu su di lui, e così entrai nel suo Cinema. So che per tanti non è così, ma è uno dei miei registi preferiti perché con semplicità è riuscito a portare immagine e significato, senza fronzoli. Un architetto nel realizzare i suoi film.
E il legame fra i due registi è rafforzato anche da una grottesca coincidenza: Mann morì sul set nel 1967, proprio a Berlino.

Con sincerità, Wenders avrebbe voluto dire qualcosa sul film, ma non ci è riuscito. O meglio non ha voluto. Infatti, trovando nei titoli di testa il nome di John Alton – direttore della fotografia, per cui prova enorme rispetto -, ha deciso di interrompere la visione e di godersi il film in sala con noi.

Devil’s Doorway continua l’indagine iniziata ieri 22 Giugno in Piazza Maggiore con The Searchers di John Ford, andando ad esplorare l’anima e l’identità della cultura americana e affrontando temi forti, come il razzismo.

I paesaggi sconfinati contrastano con gli ambienti scarni, onirici, singolari. Singolare come la morte sul set di un regista.
Un sogno o un incubo?” – interroga la platea, per concludere, W.W.

Ehsan Khoshbakht e Wim Wenders, in apertura a Devil’s Doorway
“Paris, Texas”, 1984 (145′)

Restaurato in collaborazione fra Immagine Ritrovata e la Wim Wenders Foundation, il film ha riunito Italia e Germania in un progetto che ha gettato ancora più luce su uno dei capolavori del cinema mondiale. Wenders ha aperto la serata con un toccante discorso: “Per alcuni sarà il ritrovarsi in quell’archetipo di famiglia americana, altri la incontreranno oggi per la prima volta.”.

Il leggendario regista ha sottolineato come i paesaggi del film siano stati ispirati da John Ford, riprendendo ancora una volta The Searchers, già omaggiato nella giornata precedente. Ha poi rivolto un grande ringraziamento al cast e alla crew del film, elogiando il contributo fondamentale di ciascuno.

A Sam Shepard (sceneggiatore) definendolo “il più grande autore di teatro del XX secolo, soprattutto dal punto di vista attoriale.”. Shepard – che attraversò decine di volte l’America in auto – conosceva profondamente il Paese e le sue storie, portando questa conoscenza nel cuore del film.

A Robby Müller, direttore della fotografia, con cui Wenders ha condiviso una collaborazione fraterna: “Sul set, dopo anni di lontananza, eravamo come due fratelli gemelli ritrovati.

A Ry Cooder per la colonna sonora del film, grazie al suo enorme talento: “Improvvisava con la chitarra davanti al film, anche 50 volte finché non trovava la nota giusta, ha ricordato Wenders, sottolineando l’impegno e la dedizione del musicista.

Anche Harry Dean Stanton (che all’età di 57 anni ebbe la sua prima parte da protagonista) è stato ricordato con affetto. Facendo riferimento all’insicurezza e alla commovente umiltà dell’attore: “Ogni sera diceva “guarda lei com’è bella, io sono troppo vecchio“. Invece era magnifico..

Infine, un pensiero speciale al – oggi non più – piccolo Hunter Carson, che ha interpretato il figlio di Travis. “Di lui non si parla abbastanza.

Un emozionato Wenders, mentre ringrazia il suo team
Il film

Per quanto riguarda il film in sé, da dire ce n’è fin troppo e non riuscirò mai a recensirlo in maniera esaustiva. Grazie Cinema Ritrovato per avercelo portato.

Servendosi “unicamente ” di fuoco infinito su paesaggi mozzafiato e personaggi profondissimi, caratterizzati al millimetro e dal background intricato, Wenders ha composto un capolavoro di 145 minuti.

Paris, Texas è più di un road movie e di un romanzo di formazione, è antropologia pura. Ma è anche un’analisi della famiglia americana degli anni ’80, che diventa universale: da una parte ne ritroviamo una distrutta dai fatti del passato, ma che nonostante tutto si ama; dall’altra quella del fratello, apparentemente unita ma che si sgretola sul piano emotivo, mostrando la necessità di un bambino per restare salda.

L’ultimo incontro in cabina fra Travis e Jane – così carico di emozioni – esplode gradualmente con il racconto in terza persona dell’uomo. Così lontani, così vicini (capitemi) separati fisicamente da un vetro, emotivamente da tutto il resto.

Still da Paris, Texas

Nonostante la minaccia di pioggia, il pubblico in Piazza Maggiore si è preparato con impermeabile e tanta voglia di cinema, come lo stesso Wenders. La proiezione sotto le stelle ha concluso la serata, fra applausi e lacrime.

Grazie Wim, per come hai toccato il cuore di generazioni di spettatori.

A domani, con altre notizie da Il Cinema Ritrovato 2024.

a cura di
Francesco Pasquinelli

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