“Garfield: Una missione gustosa” – La recensione in anteprima
Il primo maggio uscirà nelle sale italiane l’ultimo capitolo di Garfield, saga a fumetti che racconta del gatto mangione e della sua combriccola di amici, riuscità questo film a riportare in auge l’idea originale di Jim Davis o la sua dimensione dovrà rimanere solo quella cartacea?
Chiudete gli occhi per un attimo, tornate bambini e cercate di ricordare quali personaggi animati hanno segnato la vostra infanzia. Senza ombra di dubbio nei vostri pensieri si materializzarà un gattone arancione dal fisico tondo e famelico di lasagne, quel gatto è Garfield.
Sull’onda lunga dei ricordi siamo arrivati al sesto capitolo cinematografico di questo personaggio tutto pelo, due live action e quattro lungometraggi a cartone, e per la prima volta si cerca di raccontare la storia di Garfield e come sia diventato il gatto che tutti amiamo.
Per chi non conoscesse le strisce animate, in questo Garfield: Una missione gustosa è introdotto per la prima volta Vic su pellicola, il padre di Garfield, ed è l’escamotage perfetto per introdurre una mirabolante avventura che coinvolgerà il nostro protagonista e tutti coloro che gli stanno attorno.
Dopo una serie di capitoli flop, la scelta di un maestro della sceneggiatura d’animazione come David Reynolds e la regia di Mark Dindal, entrambi fautori del successo de Le Follie dell’Imperatore, saranno riusciti ad invertire la rotta di insuccessi del franchise?
Catflix & Chill
Inizia tutto in un vicolo, il piccolo Garfield viene abbandonato dal padre Vic, è solo e impaurito, ma incontra Jon, colui che diventerà il compagno di vita del gatto assieme al loro cane di compagnia Odie, fedele spalla e factotum del protagonista arancione.
Questo è il preambolo di come si evolverà la storia, in un quadro del tutto idilliaco dove il nostro eroe si rilassa guardando Catflix e mangiando la sua amata lasagna, nel bel mezzo della notte viene rapito e si ritroverà accanto a quel padre che mai più ha visto in una missione che potrebbe segnare per sempre il loro rapporto.
La mano del duo ex Disney si vede lungo tutta la pellicola, il risultato è un perfetto mix di vari generi che si alternano creando una ricetta omogenea ricordando, facendo divertire, ma anche riflettere lo spettatore su come il rapporto famigliare possa essere più forte di ogni avversità.
Molte le citazioni ai cartoni animati dei bambini diventati ormai adulti, a cominciare da Hanna e Barbera fino ad arrivare ai Looney Tunes, che servono a dare una una dimensione ilare e assurda, perfetta per la pellicola.
Una fenice che risorge
La pellicola ha senza dubbio il pregio di distaccarsi da tutto ciò che c’è stato prima, non è nè il sequel nè il prequel di quasiasi pellicola uscita cercando di risorgere dalle proprie ceneri proprio come una fenice, il crocevia di un brand che mai ha veramente fatto breccia tra gli spettatori da sala cinematografica.
L’utilizzo di David Reynolds e Mark Dindal è stata la svolta che potrebbe portare il brand a farsi amare anche dai più piccoli che non hanno la conoscenza del personaggio, ma solo il riscontro del pubblico in sala potrà dire se finalmente i piccoli spettatori inizieranno ad amare Garfield come lo hanno fatto i lettori da striscia a fumetti.
L’animazione 3D è usata in maniera sapiente, facendo dimenticare i pessimi esperimenti dei precedenti capitoli, la regia riesce a valorizzare i personaggi, pur cadendo ogni tanto nello scontato, mantenendo alto il livello della pellicola fino ai titoli di coda.
Il consiglio è di portare tutta la famiglia a passare 101 minuti in compagnia di un gattone arancione, amante delle lasagne, che ci farà vivere un turbinio di emozioni e parecchie risate che contageranno anche i più grandi. E mi raccomando rimanete fino alla fine del film, ci sarà una scena dopo i titoli di coda diversa dal solito.
Buona visione
A cura di
Andrea Munaretto
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