Dream Theater – Gran Teatro Morato, Brescia – 25 gennaio 2023

Dream Theater – Gran Teatro Morato, Brescia – 25 gennaio 2023
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I Dream Theater dedicano tre date italiane a questa nuova leg del tour Top Of The World. Vediamo insieme com’è andata

Cominciamo dalla venue: il Gran Teatro Morato è un palatenda da 2000 posti a sedere che è comodamente raggiungibile dalla tangenziale sud di Brescia. I parcheggi sono limitati: il consiglio è di arrivare con anticipo, altrimenti ci si ritroverà a dover cercare un posto auto all’esterno. All’ingresso, dopo l’area bar e la zona merchandise, si arriva direttamente alla sala concerti.

Al mio arrivo, prima dell’inizio dei finlandesi Arion, i posti sono ancora per metà vuoti. È un peccato constatare che non ci sia quella curiosità da parte del pubblico di ascoltare una band magari ai più sconosciuta ma che può sempre risultare valida e piacevole.

Arion

Per degli special guests non fa un buon occhio vendere t-shirts a 40€, nonostante siano una band con il loro seguito e con una storia decennale (sono attivi dal 2011). Ma sentiamo come suonano.

Come sempre ai concerti dei Dream Theater si parte in perfetto orario; gli Arion salgono sul palco alle 20.00 e ci regalano una mezz’ora di set. Fanno un concerto in “presa diretta”: “Buonasera Brescia!” E via col primo pezzo. Suonano un metal molto godibile dal vivo, con sonorità a dire il vero un po’ vintage, ritornelli cantabili molto catchy e assoli di chitarra davvero anni ’80. A condire il tutto, le melodie del tastierista che va ad inserire una nota symphonic/power metal nel mix.

I volumi sono apprezzabilmente alti per essere una band d’apertura, come il mix, anche se leggermente impastato. Non risulta cristallino come sarà quello dei Dream Theater. Riguardo alla scenografia, non ci sono proiezioni e non appaiono scenografie di luci a tempo con le canzoni: questo conferma l’appartenenza della band a un mondo musicale del passato ma riesce allo stesso tempo a convincerci di essere davvero al 100% dal vivo.

Ci regalano un vero concerto metal senza fronzoli. Il frontman a tratti chiede la partecipazione del pubblico ma senza troppo successo. Le canzoni scorrono senza intoppi, hanno un ottimo tiro e sembrano tutte studiate per essere delle hit.

Dopo la fine della setlist degli Arion il teatro si riempie in modo consistente

Chi è il pubblico dei Dream Theater nel 2023? L’impressione generale è che siano soprattutto famiglie o gruppi di amici di mezza età. I giovani sono pochi, e questo è un segno – a parer mio – di come i Dream Theater abbiano perso quella spinta innovatrice capace di attirare le generazioni più giovani. La spinta che permetterebbe a loro di proiettarsi nel futuro.

Qualcuno potrebbe obiettare che hanno già innovato abbastanza negli anni passati, ma restano un gruppo, a parer mio, rivolto ormai al passato. O forse è questo il goal finale, il degno obiettivo per qualsiasi band? Diventare un punto di riferimento per una generazione e invecchiare insieme ad essa? Sono riflessioni che condivido con voi ma senza avere una risposta definita. Anche perché non si può dire che nella ultima decade questa band non si sia presa dei rischi a livello creativo, e faccio riferimento, tra gli altri, al non universalmente apprezzato “The Astonishing”.

È sempre un piacere, comunque, frequentare i loro concerti, se non altro per verificare la forma vocale di LaBrie.

Dream Theater
James LaBrie Dream Theater Padova 2022
Immagine d’archivio – 8 maggio 2022 – Anna Bechis

Eccoli: ottimi suoni e volume, la coesione sonora è ovviamente massima, il gruppo lavora come una macchina perfettamente oliata. Il primo pezzo della setlist è “The Alien”, che a parer mio rende molto meglio dal vivo: se il riff iniziale distorto può apparire piatto in un ascolto da casa, nel live è una vera e propria fucilata inarrestabile ad alti livelli di godimento sonoro, soprattutto nella transizione con la successiva parte solistica di Petrucci.

L’euforia purtroppo cala quando comincia a cantare LaBrie che non è in formissima, sicuramente anche per colpa delle due precedenti serate a Firenze e a Napoli. Il volume di John Petrucci è sopra ogni cosa nel riff d’apertura della nuova Sleeping Giant. È davvero massivo. E finalmente possiamo dire di sentire in modo decente anche John Myung. Parte il canto gutturale di “Bridges In The Sky” con un gioco di luci bianche e rosse molto evocativo che attraversano l’atmosfera fumosa della sala.

Non so più cosa dire sul suono di Petrucci, è come subire una martellata in testa che ti conficca interamente nel terreno, e istantaneamente gli chiedo scusa per qualsiasi critica abbia mosso ai DT, ma lo ringrazio soltanto per ciò che sta facendo.

Per favore continua a molestare le mie orecchie

Mangini apporta la sua solita precisione svizzera e ho l’impressione che col tempo stia costruendo un affiatamento con la band che anni fa non avevo sentito. Non appare più alle mie orecchie come un sostituto di Mike Portnoy, come per troppo tempo è sembrato essere. Riguardo a LaBrie è un peccato doversi trovare a criticare un cantante che mette tutto se stesso nella performance ma che incontra evidenti limiti fisici, limiti che si sentono in tutta la durata del concerto, non rendendo giustizia a una performance altrimenti impeccabile (alcuni direbbero troppo perfetta).

Eccoci con “Caught in a Web” e la successiva “Answering The Call”: appare evidente come le canzoni più recenti siano meglio congegnali alla voce di LaBrie. La parte del concerto dedicata a “Six Degrees Of Inner Turbulence” è un vero regalo per tutti i fan di vecchia data; peccato solo per i suoni un po’ plasticosi di Jordan Rudess e le grafiche davvero cheesy.

In “A View From The Top Of The World” ho avuto la sensazione che questa suite fosse davvero prolissa; a un certo punto ho smesso di seguire i passaggi funamboleschi dei nostri. Si chiude in bellezza con “The Count Of Tuscany” (ho sentito una stecca di JP all’inizio o mi sbaglio?).

Se qualcuno si stesse chiedendo se abbia ancora senso seguire i DT dal vivo, la risposta è affermativa: sono il metro di misura per la performance strumentale live, sebbene esistano artisti di ugual bravura tecnica, la loro esperienza e cura in tutti nel suono li rende ancora insostituibili e molto godibili, voce a parte chiaramente.

a cura di
Marco Zerbinati

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Marco Zerbinati

Classe '96, cresce nella bassa mantovana con un basso elettrico in una mano e una fotocamera nell'altra senza mai mollare la presa. Fotografa e scrive di musica per thesoundcheck.it dal 2021.

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