Martino Adriani: intervista al post-cantautore

Martino Adriani: intervista al post-cantautore
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Il post-cantautore ci racconta il suo nuovo album di inediti, “Occhi”, nella nostra intervista.

Dal 2 dicembre è disponibile in digital download e sulle piattaforme streamingOcchi” (Infecta Suoni&Affini/ADA Music Italy), il nuovo album di Martino Adriani, anticipato dai singoli “Divano” “Tanqueray” e “Rospo”. Il disco è disponibile anche in formato CD.

Terzo album di inediti del cantautore, il disco parla di storie di amori e di mostri, di occhi e di posti, con una scrittura diretta alle emozioni e una sensibilità pop sfumata qua e là da colori vintage, dissonanti e psichedelici.

Il disco contiene 11 tracce e la produzione artistica è firmata Manuele Fusaroli (negli anni producer di The Zen Circus, Bugo, Nada, Luca Carboni, Nobraino, Tre Allegri ragazzi morti, Mezzosangue) e Michele Guberti.

Testi e musiche sono di Martino Adriani. Nell’album hanno suonato, oltre ad Adriani, Michele Guberti, Manuele Fusaroli, Ilaria Passatore Argento, Mxx.

Abbiamo raggiunto Martino Adriani per farci raccontare il suo nuovo lavoro.
Eccovi quindi la nostra intervista.

Ciao Martino, Benvenuto su The Soundcheck! “Occhi” arriva a tre anni di distanza da “È in arrivo la tempesta”. Profeta involontario, in questi anni una tempesta si è davvero abbattuta su tutti noi. Come ti ha cambiato, sia a livello personale che di approccio alla musica?

Ciao, è un vero piacere! La tempesta del Covid mi ha costretto a lasciare Roma, città in cui vivevo al tempo, per tornare al mio paesello d’origine, in Cilento, dove ho trascorso quasi due anni. È stato traumatizzante ritrovarsi con un cambiamento così drastico da gestire, ma ho cercato di non abbattermi e di fare di necessità virtù: “fuori” c’era la realtà surreale del virus, io nella mia “casa-studietto-sala prove” ho provato a vivere l’incubo della quarantena con produttività, lavorando a capo chino sul disco che, poco dopo, alla prima “zona gialla”, avrebbe cominciato a prendere vita, grazie all’incontro con il produttore Manuele Fusaroli.

Nel complesso, è stato un folle periodo di alti e bassi che, se da un lato mi ha aiutato a conoscermi un po’ di più e mi ha fortificato, dall’altro ha dato linfa vitale a certi mostri nascosti dietro l’angolo. Ho ascoltato musica come mai nella mia vita, ho scritto, letto, studiato molto e musicalmente ne sono uscito cresciuto e più consapevole.

In “Occhi” ci sono generi molto diversi tra loro. Dal pop più cantautorale, all’indie-pop fino a sprazzi di new wave. Da quali influenze musicali arriva questa varietà musicale?

Provo a sintetizzare: alt rock, new wave, noise, garage, industrial sono i generi con cui son cresciuto; i Beatles e John Lennon mi hanno aperto un mondo; Nick Cave è l’artista di riferimento; gli Swans (scoperti tardi), i Beitur, Yo la tengo le band che riescono sempre a catturarmi l’anima. Del panorama italiano amo i mostri sacri del cantautorato (Paolo Conte, Giorgio Gaber, Lucio Dalla sul podio), e sono legato visceralmente a tutto ciò che è stato CCCP/CSI/PGR.

Come suggeriscono sia il titolo che la copertina dell’album, gli occhi sono protagonisti di ogni brano del disco. Occhi che trasmettono ogni tipo di emozione e il suo contrario: amore e abbandono, sincerità e falsità, dolcezza e rabbia. Cosa ti ha portato a metterli così in primo piano tanto da usarli come filo conduttore dell’intero disco? 

Mi sono accorto, solo dopo aver ultimato il disco, che gli occhi fossero un elemento ricorrente e, spesso, predominante. In ogni canzone c’è un’ispirazione generata dalla potenza di sguardi che, come giustamente hai sottolineato, trasmettono sensazioni e stati d’animo differenti e contrapposti: sono teneri o cupi, dolci o bugiardi, arrabbiati o incompresi. Ti svelo una curiosità: l’alternativa al titolo del disco era “Mi fanno male i tuoi occhi”, frase iniziale del brano “Scarabocchi”, ma alla fine ho optato per “Occhi”, soluzione, credo, più diretta e facilmente afferrabile.

Alla fine, però, tutto si risolve nella quiete di “Venere” che rappresenta la persona amata. Un brano avvolto da una musica eterea, che sembra quasi volerci portare distanti dalla realtà. Sei d’accordo con questa nostra impressione?

D’accordissimo! L’album si chiude con bellezza di un abbraccio che riesce a portarci in un mondo parallelo, incantato e incantevole.

Hai definito il tuo genere post-cantautorato. Che cosa intendi con questo termine?

Faccio un po’ fatica a definire il mio genere, non riesco a classificarlo. Mi sento un ibrido. Il mio è un pop “imbastardito” da una moltitudine di influenze e colori. Inoltre, sono un cantautore ma non di stampo “classico”.  Ecco, data questa poca chiarezza mi sono autodefinito “post-cantautore”.

Il nuovo anno ti vedrà partire in tour per presentare l’album al pubblico?

Certo! La prima data di presentazione sarà a Parma, al Borgo Santa Brigida, sabato 28 gennaio. Ne seguiranno altre che annuncerò più avanti.

La tracklist dell’album

1. Amico gorilla
2. Rospo
3. Lampadina
4. Mostri
5. Tanqueray
6. Romantici sul serio
7. Scarabocchi
8. Divano
9. Radici
10. Serotonina
11. Venere

a cura di
Andrea Giovannetti

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Andrea Giovannetti

Nato a Roma nel 1984, ma vivo a Venezia per lavoro. Musicista e cantante per passione e per diletto, completamente autodidatta, mi rilasso suonando la chitarra e la batteria. Nel tempo libero ascolto tanta musica e cerco di vedere quanti più concerti possibili, perchè sono convinto che la musica dal vivo abbia tutto un altro sapore. Mi piace viaggiare, e per dirla con le parole di Nietzsche (che dice? boh!): "Senza musica la vita sarebbe un errore".

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